sabato 9 marzo 2013

nucleare Cernobyl cinghiali radioattivi non sono una novità

COMUNICATO MONDO IN CAMMINO. CINGHIALI RADIOATTIVI: CHE NOVITA’!!!
http://www.progettohumus.it/public/forum/index.php?topic=2096
Gran clamore ha suscitato la notizia della presenza di Cesio radioattivo nei cinghiali della Valsesia.
La notizia è sicuramente preoccupante e deve tenere viva l’attenzione degli esperti e della popolazione.
Parimenti al clamore si sta diffondendo una ridda di ipotesi per individuare la fonte radioattiva.

Ma c’è un problema che non salta fuori: il riscontro occasionale di Cesio radioattivo nei cinghiali smaschera la negligenza nei controlli e l’assoggettamento delle norme e degli stessi controlli alle politiche di minimizzazione dei fallout radioattivi perseguita dall’AIEA.

Che cinghiali e selvaggina radioattiva circolino per l’Europa è noto da tempo.
Sono ancora in vigore le raccomandazioni della Commissione della Comunità europea del 1 aprile 2003 “sulla protezione e l'informazione del pubblico per quanto riguarda l'esposizione risultante dalla continua contaminazione radioattiva da cesio di taluni prodotti di raccolta spontanei a seguito dell'incidente verificatosi nella centrale nucleare di Chernobyl”.

Ecco alcuni passi salienti del testo:
- A seguito dell'incidente verificatosi il 26 aprile 1986 nella centrale nucleare di Chernobyl, si sono disperse nell'atmosfera considerevoli quantità di elementi radioattivi.
- La ricaduta di cesio radioattivo derivante dall'incidente della centrale nucleare di Chernobyl ha colpito un gran numero di paesi terzi.
- Una ricaduta significativa ha colpito talune parti di territori di un certo numero di Stati membri e di paesi candidati all'accessione all'Unione europea.
- Gli ecosistemi naturali e semi-naturali quali le foreste e le superfici boschive sono in genere l'habitat naturale di animali selvatici, di bacche e di funghi e tali ecosistemi tendono a trattenere il cesio radioattivo in uno scambio ciclico tra gli strati superiori del suolo (strame), batteri, microfauna, microflora e vegetazione. Inoltre, il suolo di tali ecosistemi che consiste per la maggior parte di materiale organico tende ad aumentare la disponibilità biologica del cesio radioattivo.
- Le bacche selvatiche, quali mirtilli neri, bacche di rovo, mirtilli rossi, lamponi, more di rovo e fragole selvatiche, varie specie di funghi selvatici commestibili (ad esempio galletti, boleto baio, steccherino dorato), la carne di selvaggina (capriolo e cervo) e i pesci carnivori d'acqua dolce (ad esempio luccio e pesce persico) in talune regioni dell'Unione europea continuano a registrare livelli di cesio radioattivo che superano i 600 Bq/kg.
- I funghi della specie micorrizae (ad esempio Boletus edulis) e la carne di cinghiale sono stati colpiti molto più tardi dalle ricadute e presentano oggi livelli molto elevati di contaminazione da cesio radioattivo nelle zone con i livelli di deposizione più elevati.
-  Si ritiene che la durata della contaminazione da cesio radioattivo in seguito all'incidente di Chernobyl di un certo numero di prodotti derivanti dalle specie che vivono e crescono nelle foreste e in altri ecosistemi naturali e seminaturali si riferisca essenzialmente al tempo di dimezzamento fisico di detto radionuclide, che è di circa 30 anni, e che tuttavia nessun cambiamento degno di nota per quanto riguarda la contaminazione di cesio radioattivo di questi prodotti verrà osservato nei prossimi decenni.
- Negli ultimi anni, i dati forniti da alcuni Stati membri alla Commissione hanno mostrato che si sono riscontrati elevati livelli di cesio radioattivo nella selvaggina, nelle bacche, nei funghi e nei pesci carnivori di lago.
- L'immissione sul mercato di prodotti selvatici commestibili non procede necessariamente attraverso la catena alimentare agro-industriale, e pertanto il monitoraggio e i controlli nazionali obbligatori possono essere aggirati.
(la Commissione delle Comunità Europee)  RACCOMANDA:
-  Al fine di proteggere la salute del consumatore, gli Stati membri prenderanno disposizioni idonee per garantire che i massimi livelli consentiti in termini di cesio-134 e 137 di cui all'articolo 3 del regolamento (CEE) n. 737/90 siano rispettati nella Comunità per l'immissione sul mercato di selvaggina, bacche selvatiche, funghi selvatici e pesci carnivori di lago.
- Gli Stati membri informeranno la popolazione, nelle regioni in cui esiste un rischio potenziale per taluni prodotti di superare i livelli massimi consentiti, del rischio connesso per la salute


Da queste raccomandazioni si deduce che i controlli per il riscontro sul  Cesio radioattivo (e guarda caso, proprio nei cinghiali!) avrebbero dovuti essere una norma e non un riscontro occasionale, anche in considerazione che il Nord Italia e tutto l’arco alpino sono stati fortemente interessati dalle ricadute radioattive in seguito all’incidente nucleare di Chernobyl. Indagini istituzionali e indipendenti l’hanno più volte dimostrato.

Vedi la contaminazione dell’Italia secondo le mappe dell’AIEA e la contaminazione dell’arco alpino dalle rilevazioni indipendenti della CRIIRAD



A fronte di queste osservazioni, non può che emergere che il riscontro del cesio radioattivo nei cinghiali non avrebbe dovuto essere casuale (anche se non fosse in stretta correlazione al fallout di Chernobyl), ma il risultato di controlli  dovuti ed ad hoc.
Non è solo strano, ma criminale e penale!

Ma soffermarsi solo sul fallout di Chernobyl potrebbe essere la foglia di fico per evitare di “svelare” conseguenze ben più gravi o di cui si vorrebbe tacere. E’ ancora presto per dirlo, ma andrebbe correlato il ratio di attività fra Cesio 137 e 134. Come dice il prof. Paolo Scampa, presidente di AIPRI,  il ratio di attività Cesio137/Cesio134 nel carburante (e nelle ricadute) di Chernobyl è oggi (2013) di 7.364,24. Il Cesio134 di Chernobyl è ,quindi, 7.364 volte meno attivo del Cesio137. Se la contaminazione nei cinghiali del vercellese fosse dovuta alle ricadute di Chernobyl, in presenza di valori di 600 Bq/kg di Cs137 nei cinghiali,  dovremmo avere anche 600/7364,24 = 0,0815 Bq/kg di Cesio134. Qualora si riscontrasse un tasso superiore di Cesio134 significherebbe necessariamente una contaminazione con una sorgente più recente.

E allora prenderebbe valore l’ipotesi del fallout di Fukushima. Ma sta di fatto che le ipotesi potrebbe essere anche altre: è noto che, con Saluggia e Trino Vercellese, il Piemonte è la pattumiera radioattiva dell’Italia (e, fra l’altro, in provincia di Vercelli l’incidenza di tumori è maggiore rispetto alle zone confinanti), è noto che il Piemonte è circondato da centrali nucleari francesi e quindi sottoposto ai fallout radioattivi “francesi”, è noto il traffico mafioso e illegale di material radioattivo, è noto il fallout da test nucleari…e così via.

Ma il quesito rimane solo e sempre uno: indipendentemente dalle cause, il monitoraggio sulla selvaggina avrebbe dovuto essere obbligatorio per la situazione residuata dal fallout di Chernobyl e questo avrebbe permesso di individuare, già da tempo, quella contaminata e non avrebbe esposto la popolazione a rischi che, evidentemente, ci sono già stati in seguito all’immissione, sia nel settore privato che pubblico, di carne contaminata (non va infatti dimenticato che i cinghiati non sono stanziali e che oltrepassano le barriere territoriali. Non a caso in Germania, dal 2007 al 2009  sono quadruplicati fino a 425.000 euro gli indennizzi ai cacciatori per i cinghiali radioattivi con tassi di Cesio nella carne tali da renderli immangiabili e invendibili, e rendendoli, per di più, un rifiuto pericoloso da smaltire. E come non ricordare che, sempre in conseguenza del fallout di Chernobyl,  nella regione della Cumbria in Gran Bretagna continuano tutt’oggi le restrizioni nell’utilizzo di molte aree per il pascolo degli ovini).
Il riscontro incidentale del cesio nei cinghiali è quindi preoccupante perché da una parte pone sotto osservazione tutto il ciclo alimentare derivante dalla terra (e, quindi, non solo l’area vercellese in cui , per tranquillizzare l’opinione pubblica, si vorrebbe confinare il problema) e l’intera catena alimentare; e, dall’altra pone in evidenza la casualità degli accertamenti rivelando un fallimentare, inosservante e colpevole sistema di monitoraggio.
Ora si cercherà di chiudere la stalla con i buoi (i cinghiali)già scappati.

…E come al solito: di chi sarà la responsabilità?!

MASSIMO BONFATTI
Presidente di Mondo in cammino
www.mondoincammino.org
www.progettohumus.it

COLPEVOLE NEGLIGENZA Comunicato del 9 marzo 2013
Facendo seguito all’immediato comunicato diffuso da Mondo in cammino appena appresa la notizia sui cinghiali radioattivi in Valsesia, confermo la prima intuizione avanzata, ovvero che l’episodio abbia fatto cadere la foglia di fico che mascherava l’inefficacia e l’inefficienza dei controlli esponendo (chissà da quando?) la popolazione a rischi che, in part,e potevano essere evitabili. Le parole “tranquillizzanti” del ministro Balduzzi sembrano, per lo meno, farisaiche, in quanto non  negano l’evidenza della notevole contaminazione radioattiva, ma svicolano dal contenuto rifugiandosi nella scarsa diffusione commerciale e alimentare della carne di cinghiale, e, più in generale, di selvaggina. Ecco quanto afferma il ministro: “i livelli di contaminazione riscontrati non costituiscono un rischio per la salute pubblica in considerazione dei limitati consumi di carne di cinghiale e di selvaggina”. Parole assurde che non tengono conto della diffusione della carne di selvaggina nel settore privato e che, colpevolmente, isolano la gravità del caso e la mancanza di controlli seriali ad un puro dato statistico di diffusione che, tra l’altro, non è stato nemmeno verificato ed è di difficile verificabilità.
Da notizie più recenti si apprende che la generica definizione di “cinghiali abbattuti nella stagione venatoria 2012 /2013” è un altro elemento fuorviante, in quanto i capi sono stati abbattuti tra il 27 settembre 2012 e il 18 novembre 2012, quindi da tre mesi fino a oltre 5 mesi prima della diffusione dei dati di radiocontaminazione interna. Come si spiega che si sia impiegato un così elevato lasso di tempo per conoscere i risultati? La risposta implicita è che i controlli non rientravano nei normali monitoraggi del rischio radioattivo della selvaggina e che, sicuramente, da almeno 5 mesi sono in circolazione cinghiali con alti livelli di contaminazione radioattiva e che, fra quelli abbattuti, non tutti – ovviamente - sono stati sottoposti a controllo.
Si  apprende, inoltre, che il riscontro della radioattività è stato casuale e non inserito in una prassi di monitoraggio certa per la presenza di radionuclidi nella selvaggina. Definire ciò sconvolgente è il minimo.  Tutto è iniziato da un esame di routine dei tecnici del servizio veterinario regionale piemontese: i campioni erano stati prelevati per essere sottoposti a un’indagine sulla trichinellosi, una malattia parassitaria che colpisce per lo più suini e cinghiali. In seguito, fortuitamente (anche se le “nuove versioni” tenderanno a correggere la notizia) sono stati sottoposti ad esami per la ricerca di radionuclidi allo scopo di testare la metodica prevista dalle raccomandazioni europee (riportate nel precedente comunicato di Mondo in cammino) del primo aprile 2003 e che recitano:
-   Al fine di proteggere la salute del consumatore, gli Stati membri prenderanno disposizioni idonee per garantire che i massimi livelli consentiti in termini di cesio-134 e 137 di cui all'articolo 3 del regolamento (CEE) n. 737/90 siano rispettati nella Comunità per l'immissione sul mercato di selvaggina, bacche selvatiche, funghi selvatici e pesci carnivori di lago.
- Gli Stati membri informeranno la popolazione, nelle regioni in cui esiste un rischio potenziale per taluni prodotti di superare i livelli massimi consentiti, del rischio connesso per la salute
Ma allora se si trattava solamente di “testare” la metodica, cosa è stato fatto nei dieci anni intercorsi dalla diffusione delle raccomandazioni? Come mai questo passaggio dal silenzio assoluto al clamore della notizia che, nel caso specifico dei cinghiali in questione, poteva, peraltro,  essere diffusa mesi fa? Non è , per caso, questa constatazione già un’implicita conferma di omessi controlli nel tempo?
Vicenda veramente sconcertante.
Ora, come l’esperienza insegna, si correrà ai ripari e si cercherà di minimizzare o negare tutte le ipotesi che portino a smascherare l’inefficienza e negligenza, addirittura affermando che l’esito dei controlli appena diffusi è l’ indice, al contrario, dell’ efficienza e trasparenza istituzionale.
Sconcertante e assurdo, se non criminale.
Massimo Bonfatti
Mondo in cammino


La mappa di abbattimento dei capi radioattivi: colore bianco 0-600 becquerel/kg; colore blu 600-1000 becquerel/kg; colore giallo 1000-3000 becquerel/kg; colore rosso >3000 becquerel/kg.
La soglia ammessa è 600b/kg.  Si tratta di 27 capi abbattuti dai cacciatori tra il 27 settembre 2012 e il 18 novembre 2012. Di ogni animale si conosce l’età e il peso.


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« Ultima modifica: Oggi alle 13:57:44 da massimo »

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