sabato 9 marzo 2013

Beppe Grillo ed il “complotto” sul microscopio ESEM/ Parla il Dott. Stefano Montanari


http://ildemocratico.com/2010/11/21/beppe-grillo-ed-il-complotto-sul-microscopio-esem-parla-il-dott-stefano-montanari/

Dott. Stefano Montanari.
Dell’argomento ho parlato talmente tante volte che mia moglie mi chiama Loreto, il nome tradizionale dei pappagali. E mi assicura che mi dilungo in tutti i suoi particolari anche illustrandoli nel sonno.
Insomma, per chi non lo sapesse – e sono almeno 60 milioni d’Italiani meno qualche sparuto gruppo di bizzarri autolesionisti – mia moglie ed io siamo gli scopritori delle nanopatologie, il che significa delle malattie originate dalle micro- e nanopolveri che s’insinuano nell’organismo senza uscirne più. Roba grave, a dispetto di quel nano che sta davanti al nome: cancri, malformazioni fetali, infarti… Niente di divertente.
Fin qui, non granché di particolare per il cosiddetto “uomo della strada”, anche se è proprio lui ad esserne coinvolto fino al collo. Sì, perché quelle polveri tanto piccole e patogene da far invidia, per dimensioni e virulenza, ad un noto ministro della Repubblica, sono prodotte dai motori delle automobili, dagl’inceneritori, dagl’impianti a cosiddette “biomasse”, dalle fonderie e, in conclusione, da tutti i procedimenti ad alta temperatura. Dal punto di vista dei quatrini, un giro giornaliero multimiliardario.
Ora non sarà difficile immaginare come, pretendendo di mettere sul banco degl’imputati robe del genere, si vadano a toccare interessi difficili, almeno per me, da immaginare del tutto e come noi non riusciamo particolarmente simpatici a quegl’imprenditori che fanno impresa con i soldi altrui (quelli del popol bue pagatore di tasse), ai politici onnivori, ai professori che intascano due soldi per sostenere tesi che saranno sì demenziali ma che sono indispensabili per rifilare il pacco… e ai comici. Anzi, a un comico.
Forse qualcuno ricorderà come il ragionier Giuseppe Piero Grillo, Beppe in arte, si fece portavoce della necessità di mia moglie e mia di sostituire il microscopio elettronico indispensabile per i nostri studi e dal cui uso eravamo stati esclusi. Chi vuole i particolari, legga il mio libro Il Girone delle Polveri Sottili. Così, per un anno, io partecipai agli spettacoli del comico illustrando che diavolo siano le nanopatologie e, grazie ad una raccolta fondi popolare, si raggiunse la cifra fatidica dei 378.000 Euro necessari per pagare l’aggeggio. Sia chiaro, Grillo fu solo un megafono che dall’operazione, gratis per lui, ricavò grandi onori e seguito, perché la stragrande maggioranza dei quattrini arrivò grazie alle 200 e passa conferenze che io tenni in quell’anno di raccolta.
Ingenuità volle che io, per trasparenza ed onestà, chiedessi che l’apparecchio fosse intestato ad una società senza scopo di lucro, e la scelta cadde su tale Onlus Carlo Bortolani di cui madre e matrona era e resta tale avvocatessa Marina Bortolani. Una scelta che definire sciagurata è poco, ma qui la colpa è tutta mia.
Pagato il microscopio, io non ebbi più contatti con la Bortolani né con Grillo. Questo almeno fino a che, nel 2008, un gruppo di grillini fiorentini non si propose di allestire autonomamente un’altra raccolta fondi per sostenere le nostre ricerche, ricerche che costano care e che sono a totale carico di mia moglie e mio. A sorpresa, mi arrivò allora una raccomandata firmata da tale avvocato Maurizio Grillo che di zio Beppe è nipote da parte di fratello Andrea. E il testo era una diffida: i grillini non potevano raccogliere fondi per la nostra ricerca. Il perché di una mossa del genere non solo mi sorprese, ma mi restò incomprensibile. Incomprensibile almeno per quasi un altro anno. Naturalmente quella diffida aveva il valore legale della carta straccia e forse solo un affetto avunculare aveva indotto l’avvocato a prestarsi, ma il ragionier Grillo contava sul suo carisma, fasullo o no era irrilevante, nei confronti dei suoi fedeli. E la cosa riuscì: la raccolta fu chiusa seduta stante. Le mie telefonate a Grillo per avere spiegazione restarono senza risposta.
A capire il perché ci arrivai solo a fine giugno dell’anno scorso quando, a sorpresa, mi arrivò un’altra raccomandata, stavolta firmata dall’avvocatessa Bortolani, quella della Onlus omonima, che, senza muovere un dito, era diventata proprietaria di un’apparecchiatura da 378.000 Euro. Il contenuto della lettera era incredibile: il microscopio ci veniva tolto per essere destinato all’Università di Urbino. Il tutto con la complicità dichiarata di Grillo.
Perché? Il trasloco venne giustificato dal fatto asserito che noi usavamo l’apparecchio a “scopo di lucro” e che, comunque, l’apparecchio era “sottoutilizzato”.
A quel punto, di fronte ad enormità di quel genere, tutto mi fu chiaro: la coppia Grillo-Bortolani stava facendo il gioco di chi era disturbato dalle nostre ricerche e dalle nostre scoperte. Le giustificazioni erano così grottescamente fasulle da traboccare nel comico e di questo Grillo era maestro. Nessuno dei due personaggi aveva messo piede in laboratorio, aveva esaminato i conti, aveva controllato l’uso, peraltro quotidiano e a volte anche notturno, dell’apparecchio, si era informato della nostra attività. Insomma, eravamo nel campo dell’assurdità assoluta e l’essere così scopetrtamente assurdi significava che il rischio di perdere la faccia valeva la candela.
Lottai, lottammo, per evitare che ci portassero via il microscopio. Da quello dipendeva la sorte di bambini ammalati, di bambini che dovevano nascere, di ragazzi reduci dalle cosiddette “missioni di pace” e di tante persone che continuavano, e continuano ancora oggi, a chiederci aiuto. Ci furono proteste da parte dei donatori gabbati che avevano creduto di dare il loro Euro per le nostre ricerche e ora scoprivano che il loro soldino era finito altrove. Persino il sottosegretario alla Difesa scrisse una lettera al rettore di Urbino per scongiurare lo scempio, lettera restata senza risposta. Mille volte invitai Grillo ad un confronto, altrettante volte Grillo, che con un salto zoologico, diventa un coniglio quando si tratta di coraggio, eresse il muro di gomma del silenzio. Nessuna risposta al telefono, alle mail e alle lettere. Il suo blog fu oggetto di una feroce censura che cancellava tutti i commenti relativi a questa squallida vicenda che lo vedeva non proprio eroico protagonista. Il mio nome innescava addirittura una gestione automatica della censura.
Non ci fu niente da fare: il 22 gennaio 2010 Urbino venne a portarsi via l’apparecchio. Comparvero articoli trionfali sul blog della Onlus Bortolani, Grillo ospitò una videointervista con tale professor Stefano Papa, preside della facoltà di Scienze e destinatario del regalo. I grillini più affidabili, quelli con un quoziente intellettivo saldamente sotto media e più facilmente uccellabili, si unirono al coro: finalmente quel microscopio sarebbe servito a tanti scienziati, quelli che notoriamente affollano l’Università di Urbino, e la scienza senza aggettivi se ne sarebbe giovata.
Ad oggi sono passati dieci mesi. Il microscopio è tra le colline marchigiane e non è mai stato usato una sola volta. Non è stato nemmeno tarato. Né mia mioglie né io, che a quel microscopio abbiamo diritto di accesso sancito con atto notarile, abbiamo potuto vederne l’ubicazione, un’ubicazione che, comunque, sappiamo essere inadatta alle nostre necessità tecniche. Alla faccia del sottoutilizzo da parte nostra. Il tutto nel silenzio più assoluto dei cosiddetti mezzi d’informazione, compresi quelli che vantano indipendenza come, ad esempio, Il Fatto Quotidiano (del resto le compagnie di merenda tra Grillo e Travaglio non sono ignote) e Terra, con quest’ultimo giornale che non prende posizione perché “bisogna sentire tutte e due le campane”, con la certezza che l’”altra campana” non suonerà mai, in questo modo, con rozza ma efficace furbizia, congelando il giudizio ed offrendo impunità.
Spesso mi è stato chiesto perché Urbino. Spogliando la risposta da mille fronzoli possibili, Urbino è una garanzia: quell’università è oggettivamente a livelli bassissimi (in attesa di smentite documentate, per rendersene conto, controllare le classifiche mondiali degli atenei dove Urbino non è nemmeno considerata), laggiù non c’è nessuno che abbia la più pallida idea di che cosa siano le nanopatologie (gl’interessi da difendere sono salvi) e, non ultimo, Urbino fu l’università che tentò invano di opporsi (tale prof. Orazio Attanasi) quando io contribuii a che un inceneritore a “biomasse” non fosse costruito nelle sue vicinanze (località Schieppe).
Per chiudere, al di là delle enormità fin troppo palesi sostenute dalla strana coppia, c’è un paio di cose che trovo, tutto sommato, a modo loro divertenti. Una è come la signora Bortolani, attraverso la sua onlus, pianga calde lacrime sui condannati a morte negli USA e se ne infischi bellamente di tutti coloro che si ammalano di cancro, schiattano di malattie assortite da inquinamento o nascono malformati a due passi da casa sua. L’altra è come un ragioniere con il senso del comico ma non del ridicolo riesca a far fesse le centinaia di migliaia di persone che lo hanno reso milionario travestendosi con panni che non sono i suoi e difendendo con i fatti gl’interessi che finge pubblicamente di contrastare. E, autoironicamente, mi diverte vedere come sono stato fatto fesso io: ho lavorato a mie spese per la sua gloria e poi, raggiunto lo scopo, peraltro dichiarato coram populo innumerevoli volte, il ragioniere si mette sotto braccio il suo bottino e se ne va indisturbato. In fin dei conti e con le dovute eccezioni, la gente merita la sorte che ha e il Pianeta che noi stiamo pateticamente cercando di salvare anche dai comici e dalle dame di carità deve restare in castigo.
Per chi vuole approfondire:

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