giovedì 7 marzo 2013

anche a Brindisi la truffa del fotovoltaico al posto della produzione agricola?


Brindisi, la Procura sequestra e stacca l’energia a quattro impianti fotovoltaici

Acquistare un terreno, realizzare tanti impianti per ogni megawatt di potenza (invece di un solo unico progetto) presentando varie Dia e bypassare così la complessa procedura di Autorizzazione unica regionale: è lo stratagemma (illegale) degli imprenditori del solare, che oggi si scontrano contro il pugno duro dei magistrati

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La magistratura stacca la spina a quattro impianti fotovoltaici ritenuti ‘pirata’. Non è una metafora. E’ la nuova strategia che la Procura di Brindisi ha deciso di adottare per tagliare i viveri alle società energetiche italiane e internazionali, che sembrano essersi date appuntamento tutte nelle campagne del nord Salento, il far west delle centrali del sole. La disconnessione dalla rete elettrica è conseguenza del sequestro preventivo, disposto con decreto dal gip Giuseppe Licci ed eseguito in tarda mattinata a San Pietro Vernotico. I carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Lecce, al comando del maggiore Nicola Candido, hanno apposto i sigilli ad un parco fotovoltaico esteso su cinque ettari. O, meglio, ai quattro impianti in uno realizzati in contrada Marciaddare. Stando al risultato delle indagini, condotte dai militari con la supervisione del procuratore aggiuntoNicolangelo Ghizzardi, la distesa di silicio è figlia di quattro progetti fotocopia, vale a dire di quattro Dichiarazioni di inizio attività identiche nella forma, nel contenuto, nella stesura, nei caratteri e, persino, nel testo ed impaginazione. Tramite queste semplici richieste, depositate in Comune, è stato possibile costruire le centrali, che, secondo gli accertamenti predisposti dalla magistratura, appartengono formalmente a quattro diverse società, riconducibili, però, ad un unico gruppo imprenditoriale veneto. Non sarebbe un caso il fatto che la ditta esecutrice dei lavori sia stata la stessa e che i pannelli siano stati impiantati su un terreno appartenente, originariamente, ad un unico proprietario, che ha ceduto quattro distinti diritti di superficie.
Il reato contestato è di lottizzazione abusiva, oltre che di falso in atto pubblico. E questo perché sarebbe stata predisposta una trasformazione urbanistica ed edilizia in violazione degli strumenti urbanistici vigenti, ma anche perché si sarebbe attestato che sull’area non ci fossero vincoli paesaggistici, invece presenti. Undici persone sono state denunciate. Tra loro, i legali rappresentanti e i consiglieri di amministrazione delle quattro società titolari degli impianti, la Xp2 srl, la Ergon srl, la Verde Energia srl ed Energia Amica srl. Al vaglio dell’autorità giudiziaria anche la posizione di tecnici progettisti e direttori dei lavori.
Il frazionamento dei progetti è l’artificio, in Puglia ormai più che rodato, a cui si fa ricorso per eludere le normative di settore, nazionali e regionali. E’ lo stratagemma attraverso il quale si può bypassare la lunga e complessa procedura di Autorizzazione unica regionale, iter burocratico che a volte si esaurisce dopo anni, richiede l’acquisizione di decine di pareri di enti diversi ed è centralizzato nelle mani della Regione. La scorciatoia di una semplice Dia, da presentare ai comuni, è spesso diventata, dunque, la strada maestra per parchi inferiori a 1Mw di potenza. Favorita, tra l’altro, da una normativa regionale per lungo tempo a maglie molto larghe, in grado di calamitare qui i maggiori investitori del sole. L’impatto sul territorio è nei fatti. Centinaia di mini centrali sono sorte in zone agricole vergini. Si concentrano soprattutto sui campi lungo i quali corrono i tralicci che, partendo dalla centrale Enel di Cerano, smistano l’energia al resto del Paese. Un modo per risparmiare gli allacci, costosissimi, alla rete elettrica. I terreni sono andati a ruba e Brindisi, assieme a Lecce, è diventata, nel giro di pochi anni, la provincia italiana con il maggior numero di progetti attivi. Senza ottenere, in cambio, una riduzione del carbone bruciato nella vicinissima Federico II.
Adesso, però, evidentemente, si è giunti al capolinea. Assieme ai sequestri, fioccano i blocchi della produzione di energia. Finora, dopo e nonostante i sigilli, gli impianti hanno sempre continuato a vendere elettricità, incassando gli incentivi pubblici. Nessun danno economico, dunque. Le irregolarità, però, rimanevano al territorio. Da poco più di un mese, invece, è il pugno duro. Quello di San Pietro Vernotico, che ha un valore di 25milioni di euro, è l’ottavo impianto a cui si recide il collegamento alla rete, dopo sette parchi a San Donaci e uno a Mesagne.

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