venerdì 18 gennaio 2013

veleni e segreti al porto di Gaeta

Le verità scomode sulle 2.800 tonnellate di materiale ferroso stoccato a Gaeta Inchiesta per traffico internazionale dei rifiuti, prime denunce All’inizio era un accertamento di tipo fiscale ma poi il super carico di rifiuti ferrosi stoccato nel porto di Gaeta è diventato un indizio determinante per l’indagine che la Procura di Latina conduce a carico di una decina di persone per traffico internazionale di rifiuti speciali. Potrebbe essere un caso isolato. Oppure la prima vera prova di ciò che succede nel secondo porto del Lazio. IL porto di Gaeta è impenetrabile alle 10 del mattino però con un po' di fortuna e un buon amico si riesce a passare e finalmente a vederla la montagna di rifiuti speciali che da un mese sta mettendo sotto sopra tutto l'ambiente e in subbuglio la Procura di Latina. Traffico internazionale Perché le 2800 tonnellate di ferraglia che giacciono sulla banchina nord sono la prova di un traffico internazionale di rifiuti speciali, scoperto per il rotto della cuffia dalla Dogana giusto dieci giorni prima che tutto venisse impacchettato e spedito in Turchia, presso una fonderia di Smirne. Questa è la versione ufficiale di una brutta storia su cui molti tengono rigorosamente la bocca chiusa. Dietro ci può essere molto altro. Il blocco Tutto inizia la mattina del 18 dicembre quando su delega della Procura la Finanza, insieme alla Capitaneria, la Dogana e la polizia provinciale, sequestra un supercarico di rifiuti classificati come ferrosi e stoccati dalla società Di Sarno, una delle più importanti tra quelle che operano al porto di Gaeta. Il provvedimento è l'epilogo di un una settimana convulsa durante la quale i funzionari della Dogana avevano cominciato a verificare le bolle di accompagnamento del conducente di uno dei camion che dovevano scaricare e accertato che il trattamento fiscale non corrispondeva a ciò che in apparenza conteneva effettivamente il cassone del mezzo; quello stesso vettore aveva scaricato altro materiale, certificato sempre della stessa tipologia e per questo la Dogana decide di fare una nuova ispezione anche sui rifiuti già stoccati. I contenitori a pressione Emergono altre anomalie: nel deposito ci sono «contenitori a pressione» contenenti probabilmente olii e ciò fa scattare il superamento della soglia consentita nella categoria dei cosiddetti «rifiuti ferrosi» che nell'ambito dell'Unione Europea è del 2%, oltre scatta la catalogazione di rifiuto speciale. Così, quando gli investigatori mettono le mani su questa vicenda già ipotizzano che si tratti di un traffico illegale di rifiuti. Il peggio verrà dopo. Le analisi dell'Arpa di Latina confermano che esiste una percentuale di olii troppo elevata. Si tiene un primo vertice in Procura presso l'ufficio del sostituto inquirente Maria Eleonora Tortora. Prime denunce Vengono denunciati per traffico internazionale di rifiuti speciali il titolare della società che ha stoccato il materiale al porto, la Di Sarno, oltre ai camionisti che hanno conferito e alle società che hanno inviato le sostanze ferrose, sei in totale, due con sede nella provincia di Napoli, due del casertano, una di Salerno e una di Pontinia. Qualcuno di loro ha attestato il falso, forse inconsapevolmente, o molto più plausibilmente sapendo che si stavano accumulando nel porto di Gaeta rifiuti che in Europea si debbono smaltire seguendo una procedura che costa almeno il doppio che non inviarli all'estero, in Paesi non comunitari. I casalesi E c'è anche dell'altro: a carico dei camionisti spuntano certificati penali che hanno fino all'estorsione, qualcuno ha avuto contatti eccellenti con clan dei casalesi; anche le ditte che hanno conferito non vanno per la leggera. Un filo che arriva fino alla frangia dei casalesi che tratta i rifiuti speciali c'è. La montagna dei rifiuti che sta a Gaeta ad inizio gennaio diventa un guaio, una matassa talmente intricata che viene convocato un secondo vertice in Procura, tenutosi questa settimana. Avanza il sospetto che dal secondo porto del Lazio vengono imbarcati rifiuti molto più che irregolari nella loro catalogazione fiscale e ambientale. E’ una questione di numeri. E di tempi. Lo stoccaggio del materiale «ferroso» comincia i primi giorni di novembre con decine di camion che scaricano nell'area gestita dalla Di Sarno. La nave prenotata Per accumulare 2800 tonnellate vengono impiegati oltre venti giorni ma l'operatore portuale incaricato prenota una nave dalla capacità di stiva molto più elevata, circa 3.800-3.900 tonnellate. Una nave della stessa capacità e per gli stessi giorni e lo stesso percorso che prevede l'attracco a Gaeta, l'arrivo in un porto del Nord Africa e lo sbarco in Turchia viene prenotata sia dalla società maltese che ha acquistato il materiale ferroso, sia da altre due ltd, una inglese, l'altra svizzera. Ciò fa ipotizzare in un primo momento agli inquirenti che il carico di ferro era stato acquistato dalla società maltese ma che questa, a sua volta, l'avrebbe ceduto ad altri che si sarebbero preoccupati di stoccare realmente il contenuto in qualche punto del Mediterraneo. Tasselli mancanti Da questa vicenda mancano ancora molti tasselli. Il più importante dei quali riguarda la differenza tra la quantità di rifiuti sequestrati alla Di Sarno e il carico effettivo che doveva essere messo sulla nave (che per la cronaca non è mai arrivata nel porto di Gaeta perché dopo il sequestro la prenotazione è stata bloccata). Le oltre mille tonnellate mancanti sarebbero dovute arrivare in porto a Gaeta tutte insieme a bordo di oltre trenta camion circa dieci giorni dopo la data del sequestro, intorno al 30 di dicembre. E su questo ulteriore carico ci sono i maggiori dubbi che difficilmente saranno chiariti. Gli interrogatori La prossima settimana cominceranno gli interrogatori in Procura di tutte le parti coinvolte a cominciare dai vertici della Di Sarno, che potrebbero essere stati «tratti in inganno»; soprattutto si tratta di stabilire se ci sono stati altri carichi di questo tipo sfuggiti però ai controlli. Negli atti fin qui raccolti dagli inquirenti ricorrono una serie di nomi e circostanze coincidenti. Risulta che nel 2012 altre due operazioni analoghe su materiali della stessa tipologia, classificati formalmente come ferrosi ma contenenti anche olii, siano stati stoccati e imbarcati da Ancona e da un porto della Sicilia. Analogie Incrociando i dati si ritrovano alcuni nominativi delle stesse ditte. Sarà determinante capire il ruolo e la proprietà reale della società maltese che ha acquistato questo carico di Gaeta, la «Eri Metal Scrap» per la quale il sostituto Tortora ha avviato una rogatoria internazionale e si è in attesa della risposta da Malta. I dubbi restano e sono pesantissimi: la «Eri» e le altre società di conferimento e trasporto pare avessero avuto contatti con altri soggetti coinvolti nelle operazioni degli altri due porti italiani. E' possibile che «inavvertitamente» la Dogana di Gaeta si sia imbattuta in una vera rete di trafficanti internazionali? E perché le ultime mille tonnellate di rifiuti dovevano arrivare al porto tutte insieme lo stesso giorno dell'imbarco? Ciò avrebbe certamente reso più complessa l'operazione di controllo sulle bolle. Per l'Arpa di Latina prima di ogni altra considerazione è necessario «aprire» e analizzare i contenitori sotto pressione. Mentre è ormai impossibile sapere cosa veramente avrebbero scaricato gli altri dieci camion mai più arrivati a Gaeta perché nel frattempo c'è stato il sequestro. Graziella Di Mambro http://www.latina-oggi.it/read.php?hash=ef23158b78a5e2f623b445eb5e470be7

Nessun commento:

Posta un commento