lunedì 28 gennaio 2013

Miracolo italiano: i siti inquinati calano, l’inquinamento no


Stefania Divertito http://www.linkiesta.it/siti-interesse-nazionale-siti-interesse-regionale

Ci sono 57 buchi neri in Italia: scelti tra tanti per ottenere la poco lusinghiera medaglia di luoghi più inquinati. Adesso sono diventati 36. Una buona notizia? Non proprio. Il calo infatti non rispecchia un calo dell'inquinamento reale, ma è frutto di trafile burocratiche e scaricabarile tra diversi enti pubblici.
PDF
I Siti di interesse nazionale (Sin) vanno da Taranto a Marghera, da Gela a Napoli est, dalla Bovisa di Milano alla Valle del Sacco di Colleferro, in provincia di Roma. O meglio si dovrebbe dire andavano perché proprio gli ultimi due, ad esempio, insieme ad altri 19 sono stati “declassati”, da Sin a Sir, cioè siti di interesse regionale.
Una consonante di differenza che introduce un mutamento sostanziale: la loro gestione, le loro bonifiche, i controlli sui suoli, sulle acque, sulle emissioni, passano dalla competenza nazionale a quella regionale.
Per il ministero dell’Ambiente non è un declassamento ma una ricollocazione dovuta: tornano in sostanza alle Regioni alle quali sono stati sottratti per “specifiche esigenze” più di dieci anni fa.
Nel frattempo, in tutti questi anni di gestione governativa, questi siti sono diventati meno inquinati? No.
Diossine, cloruri, cromo esavalente, e altre sostanze non contaminano più quei terreni, quei fiumi, quelle falde acquifere? Decisamente no, è tutto quasi allo stesso punto. Quello che è cambiato è un timbro su un foglio di carta.
Il cambio di gestione è avvenuto per decreto, firmato dal ministro Clini in via di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. A gettare l’allarme è stato il comitato Retuvasa che da anni combatte per poter far ripulire e rendere vivibile la bellissima Valle del Sacco, a Colleferro, tra Roma e Frosinone, che si trova costretta a fare i conti con il beta-esaclorociloesano, un veleno prodotto dallo scarto della lavorazione del pericoloso insetticida lindano, e l’interramento di fusti tossici. Qui la bonifica ha coperto, in anni di “attività” nemmeno il 20% del territorio avvelenato. Ed è uno dei siti che ora in poi dovrà vedersela con la Regione.
Quella stessa regione, per dire, che non ha ritenuto di costituirsi parte civile al processo partito per poter individuare i responsabili dell’inquinamento.
Ecco la lista di tutti i siti che sono stati declassati:
 Abruzzo – Fiume Saline Alento.
Campania – Litorale Domizio Flegreo e Agro Aversano; Pianura; Bacino Idrografico del fiume Sarno; Aree del Litorale Vesuviano.
Emilia-Romagna – Sassuolo-Scandiano.
Lazio – Bacino del fiume Sacco; Frosinone.
Liguria – Pitelli (La Spezia).
Lombardia – Milano-Bovisa; Cerro al Lambro.
Marche – Basso Bacino del fiume Chienti.
Molise – Guglionesi II.
Piemonte – Basse di Stura.
Sardegna – La Maddalena.
Toscana – Le Strillaie.
Veneto – Mardimago-Ceregnano.
Provincia autonoma di Bolzano – Bolzano.
C’è una ratio per il declassamento: «Quei 
siti declassati sono in sostanza meno inquinati di quelli che rimangono di competenza nazionale», ci fanno sapere dal ministero dell’Ambiente, che non ci sta a essere definito l’ente scaricabarile.
Il decreto, ci spiegano, è servito a ristabilire un po’ di ordine, e ha anche riperimetrato alcuni siti, termine tecnico che nasconde un abuso del passato: in sostanza poiché i fondi per i Sin erano stanziati in base ai metri quadrati è accaduto, ad esempio, che il Sin che comprende Messina bloccasse di fatto con vincoli e burocrazia anche il 70% della città. E quindi è stato necessario ridimensionarli: «In alcuni casi – ci spiegano da via Cristoforo Colombo – negli anni questi Sin erano cresciuti a dismisura e non era più possibile capire effettivamente le esigenze del territorio inquinato e fino a dove fosse necessario procedere con i vincoli per poter organizzare una giusta bonifica. Per questo anche alcuni Sin risultano oggi più piccoli, ma non di tratta di voler lasciare fuori una porzione di territorio».
Comunque, anche le bonifiche, passeranno alle regioni. Una spesa da miliardi di euro: e dove troveranno i soldi? 
Sono pronte le Regioni a farsi carico di queste patate bollenti? Abbiamo provato a metterci in contatto con i responsabili dei dipartimenti che da oggi in poi dovranno gestire questa patata bollente: il Lazio, ad esempio, brancola nel buio: «Noi? Dovremmo bonificare noi la Valle del Sacco?», ci hanno risposto. «Ma se non c’abbiamo i soldi». Più precisa la Lombardia: «I fondi per l’area di Milano Bovisa sono già stati stanziati dal ministero. A noi spetterà di amministrarli».
Attendista la Liguria: «Aspettiamo che il decreto arrivi in Gazzetta Ufficiale, quindi lo studieremo e capiremo come intervenire per bonificare le aree di nostra competenza». Dello stesso avviso ma con una sfumatura diversa la Campania: «Aspettiamo il decreto», si affrettano a dire, solo però quando abbiamo spiegato noi che il testo era in via di pubblicazione in Gazzetta. L’Emilia Romagna ha una spiegazione per Sassuolo declassato: «In quell’area le bonifiche sono a buon punto e non può certo stare nella stessa lista di Sin di Taranto».
Per tutti gli altri Sin, quelli che sono ancora di competenza centrale, il ministero dell’Ambiente ha una visione precisa: il modello Marghera. Nell’area industriale veneta l’anno scorso è stato siglato un protocollo d’intesa, tramutato poi in un programma di azione vero e proprio con il quale il ministero è disposto, previe precise opzioni da parte dei privati, ad accollarsi una parte dell’onere della bonifica, a patto che gli industriali privati interessati all’area si impegnino a collaborare alle spese e, una volta ripristinata l’aerea, possano poi insediarvi nuove e meno invasive attività produttive e industriali godendo di un regime burocratico agevolato. A Marghera sta funzionando: sta nascendo lì un territorio di sperimentazione tecnologica e uno dei primi industriali a esserne interessato è stato Pierre Cardin che intende costruire un grattacielo che a dir la verità ha anche scatenato numerose polemiche. Secondo il ministro Clini il modello Marghera potrà essere esportato anche negli altri Sin, incluso Taranto dove la bonifica dell’industria dovrà essere effettuata dai proprietari dell’Ilva mentre il ministero potrà prendersi carico dell’adiacente quartiere Tamburi (previa evacuazione dei residenti) dove però si cercano privati interessati a investire soldi per avere in cambio una porzione di territorio bonificata e con la burocrazia ridotta al lumicino.
Una rassicurazione per tutti gli altri comitati territoriali che sono già in rivolta: il potere di controllo, spetterà come sempre al governo centrale. 




Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/siti-interesse-nazionale-siti-interesse-regionale#ixzz2JIQKad8f

Nessun commento:

Posta un commento