giovedì 20 dicembre 2012

centrali biogas e biomasse relazioni convegno Manziana

CARTELLA STAMPA CONVEGNO CENTRALI A BIOGAS E A BIOMASSE MANZIANA 24 NOVEMBRE 2012 -­‐ VOLANTINO BIOGAS -­‐ PROFILO PROFESSIONALE RELATORI CONVEGNO -­‐ ARTICOLO SUL BIOGAS (Prof Gianni Tamino) -­‐ FONTI D’INQUINAMENTO ALTO LAZIO (mappa) -­‐ ALTO LAZIO PROBLEMATICHE AMBIENTALI a cura del Coordinamento Alto Lazio ASSOCIAZIONE ITALIANA MEDICI PER L’AMBIENTE-­‐ ISDE -­‐ Comitato TERRANOSTRA, Sasso Cerveteri -­‐ Associazione SALVIAMO BRACCIANO -­‐ COMITATI RIFIUTI ZERO FIUMICINO (con Mappa) -­‐ NOCOKE ALTO LAZIO – CIVITAVECCHIA (con Mappa) -­‐ COMITATO AMBIENTE CAPRANICA -­‐ COMITATO NO BIOGAS SORIANO -­‐ AREA TARQUINIA-­‐TUSCANIA-­‐MONTALTO -­‐ CONVEGNO CAPALBIO – BIOGAS: RISCHI PER LA SALUTE DA CLOSTRIDIUM BOTULINUM -­‐ Intervento Prof. Bohnel -­‐ ARTICOLO BIOGAS QUANTI INCIDENTI – di Michele Corti -­‐ TRADUZIONE ARTICOLO “DER SPIEGEL”: “CENTRALI A BIOGAS: ECCO COSA STA ACCADENDO IN GERMANIA -­‐ LINK UTILI http://comitatibiogas.wordpress.com/ Centrali a biogas: scelta ecologica o ecotruffa? È vero che producono energia senza inquinare e a impatto zero? Polveri sottili e spore tossiche, che danni possono provocare alla salute? E i bambini cosa rischiano? È vero che è un business solo grazie agli incentivi pubblici? Che la buona agricoltura va in crisi e lentamente muore? È vero che le aziende agricole possono perdere il marchio BIO? Che in caso di incidenti possono essere a rischio esplosioni? Servono davvero? SI RINGRAZIA PER LA PARTECIPAZIONE: COMITATO SQAR - TERRANOSTRA - RIFIUTIZEROFIUMICINO - SALVIAMO BRACCIANO FORUM SALVIAMOILPAESAGGIO - CARTOTECNICA M.MOLLICONE Al Sasso, alla discarica di Bracciano, a Maccarese: ma come si alimentano questi impianti? Ci sono pericoli per la salute dei cittadini? Ti sei informato? I costi per chi fa agricoltura lievitano. Le centrali producono inquinamento acustico, emissioni maleodoranti, Crolla il valore delle abitazioni. Un mais che non si mangia favorisce l’uso dissennato di fertilizzanti e antiparassitari chimici, il consumo eccessivo di acqua e inquinamento delle falde, riduce la fertilità dei terreni e aumenta il rischio di erosione. Centrali a biogas: scelta ecologica o ecotruffa? Per saperne di più: www.sgonfiailbiogas.blogspot.it Report RAI 10/04/2011 www.youtube.com “A TUTTO BIOGAS” Blog: comitatibiogas.wordpress.com Contatto: comitatibiogas.gmail.com www.comitatoterranostra.org - www.rifiutizerofiumicino.it - www.salviamoilpaesaggio.it Le piccole centrali da 50 kW nelle aziende agricole sono sostenibili, ma se l’energia usata dalle grandi centrali in molti casi è maggiore di quella ottenuta, quale è il vantaggio di questi impianti? L’Emilia Romagna ha vietato impianti a biogas nei territori del Parmigiano Reggiano dop. Nelle aree delle centrali le produzioni biologiche possono perdere il marchio “BIO” e il valore delle aziende può precipitare. PROFILO PROFESSIONALE RELATORI CONVEGNO MANZIANA DEL 24 NOV. 2012 “CENTRALI A BIOGAS E A BIOMASSE: SCELTA ECOLOGICA O ECOTRUFFA” Prof. GIANNI TAMINO Docente all’Università di Padova di Biologia generale e di Fondamenti di Diritto ambientale; fa anche parte del corpo docente del Corso di perfezionamento in Bioetica. Ha svolto ricerche sugli effetti mutageni e cancerogeni degli inquinanti ambientali e, più recentemente, sugli impatti ambientali e sanitari di differenti tecnologie e, in particolare, delle attività connesse all’agricoltura. E’ stato membro della Camera dei Deputati dal 1983 al 1992 e membro del Parlamento Europeo dal 1995 al 1999, dove si è occupato di ambiente, energia e agricoltura. E' membro del Comitato scientifico di ISDE (International Society Doctors for Envinronment – Associazione Medici per l’Ambiente) e della FIRAB (Fondazione italiana per la Ricerca in agricoltura biologica). E’ stato membro del Comitato Nazionale per la Biosicurezza e le Biotecnologie, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e della Commissione Interministeriale per le Biotecnologie e, più recentemente, del Comitato Nazionale per la Sicurezza Alimentare, presso il Ministero della Salute. Sui temi dell’ambiente e delle biotecnologie ha pubblicato numerosi articoli su riviste a carattere scientifico, culturale e divulgativo. Dottor MAURO MOCCI – medico ISDE, da sempre impegnato nella tutela e salvaguardia dell’ambiente. Studioso e divulgatore dei rischi e degli effetti nocivi degli inquinanti, soprattutto quelli derivanti dalla combustione dei fossili (in particolare del carbone) e delle biomasse, dagli inceneritori, dai campi elettromagnetici. Membro del comitato scientifico "Si alle Energie Rinnovabili No al Nucleare" Responsabile per la sezione Ambiente della FIMMG (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale) Lazio. Componente della Commissione Salute e Ambiente dell'Ordine dei Medici di Roma e Provincia. Dott.ssa ANTONELLA LITTA svolge l'attività di medico di medicina generale a Nepi. E' specialista in Reumatologia ed ha condotto una intensa attività di ricerca scientifica presso l'Università di Roma "la Sapienza" e contribuito alla realizzazione di uno tra i primi e più importanti studi scientifici italiani sull'interazione tra campi elettromagnetici e sistemi viventi, pubblicato sulla prestigiosa rivista "Clinical and Esperimental Rheumatology", n. 11, pp. 41-47, 1993. E' referente locale dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (International Society of Doctors for the Environment - Italia) e per questa associazione è responsabile e coordinatrice nazionale del gruppo di studio su "Trasporto aereo come fattore d'inquinamento ambientale e danno alla salute". E' referente per l'Ordine dei medici di Viterbo per l'iniziativa congiunta Fnomceo-Isde "Tutela del diritto individuale e collettivo alla salute e ad un ambiente salubre". Già responsabile dell'associazione Airesonlus (Associazione internazionale ricerca e salute) è stata organizzatrice di numerosi convegni medicoscientifici. Presta attività di medico volontario nei paesi africani. E' stata consigliera comunale. E' partecipe e sostenitrice di programmi di solidarietà locali ed internazionali. Presidente del Comitato "Nepi per la pace", è impegnata in progetti di educazione alla pace, alla legalità, alla nonviolenza e al rispetto dell'ambiente. E' la portavoce del Comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti. Come rappresentante dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (Isde-Italia) ha promosso una rilevante iniziativa per il risanamento delle acque del lago di Vico e in difesa della salute della popolazione dei comuni circumlacuali. E' oggi in Italia figura di riferimento nella denuncia della presenza dell'arsenico nelle acque destinate a consumo umano, e nella proposta di iniziative specifiche e adeguate da parte delle istituzioni per la dearsenificazione delle acque e la difesa della salute della popolazione. Articolo sul Biogas (Gianni Tamino) Energia e cicli vitali Il flusso di energia negli ecosistemi proviene quasi completamente dal sole: i fotoni raggiungono le piante attivando il processo di fotosintesi, cioè la reazione di acqua e anidride carbonica da cui si ottengono gli zuccheri e ossigeno. L’energia degli zuccheri garantisce tutte le attività delle piante e, attraverso la catena alimentare, degli animali e poi dei decompositori. Le reazioni chimiche necessarie alle diverse attività biologiche danno origine al metabolismo che, pur producendo un po’ di calore, non produce mai combustioni, incompatibili con le caratteristiche dei viventi. Analizzando la vita ci accorgiamo poi che i suoi processi sono ciclici e i materiali vengono continuamente riciclati senza produzione di rifiuti: il ciclo del carbonio si basa sulla fotosintesi e sul suo processo complementare, la respirazione, in cui si ottiene energia ossidando gli zuccheri con l’ossigeno e ottenendo come sottoprodotti acqua e anidride carbonica. Questo vale anche per tutte le altre materie prime utilizzate dagli organismi viventi, (azoto, fosforo, acqua). Grazie a questa strategia, il mondo vivente, grazie all’energia del sole, può solo subire processi di trasformazione e/o trasferimento di energia: da quando esiste, per esempio, l'intera massa di acqua degli oceani è evaporata molte migliaia di volte, ha prodotto precipitazioni ed è ritornata nell’oceano attraverso i fiumi. Dunque i sistemi naturali si basano su una fonte di energia esterna, il Sole, e su un continuo riciclo della materia senza produzione di rifiuti o combustione. Negli ultimi duecento anni circa, con la combustione dei fossili (prima carbone, poi petrolio e metano), si è avuta l’energia indispensabile per l’industrializzazione, dando impulso ad uno sviluppo dell’economia mai visto nella storia, ma determinando anche rifiuti e inquinamento senza paragoni. Il nodo delle combustioni Per lungo tempo l’uomo si è limitato ad utilizzare il fuoco per scaldarsi, cucinare o tenere lontani gli animali pericolosi. Solo recentemente, con la rivoluzione industriale, la combustione è diventata il principale mezzo per produrre l’energia necessaria per le più svariate attività. In soli due secoli l’uomo ha radicalmente modificato il flusso di energia sul pianeta, bruciando legna e soprattutto combustibili fossili che si erano accumulati nel corso di molti milioni di anni. L’energia, ricavata da reazioni di combustione, viene trasformata in energia elettrica per l’uso a distanza, o convertita direttamente in movimento, come nel motore a scoppio, ma gran parte dell’energia che si trasforma in calore non si può più recuperare in modo efficace. L’energia che è liberata come calore non è stata distrutta, ma non è più disponibile per compiere lavoro, riducendo il rendimento energetico del sistema. Inoltre la combustione è un processo complesso che inevitabilmente trasforma i combustibili in un gran numero di nuovi composti, alcuni aeriformi, alcuni solidi, che determinano rifiuti e inquinamento. Per avere un’idea di quanto la combustione inquini basti pensare che il tabacco di una sigaretta, bruciando, produce un cocktail di oltre 3800 prodotti di combustione finora identificati, molti ad azione cancerogena, e comunque tossica. Ciò vale par la maggior parte dei combustibili, dalle biomasse (come il tabacco o qualunque altro materiale vegetale), al carbone, al petrolio o peggio ai rifiuti. Tra i vari inquinanti sono particolarmente rilevanti l’anidride carbonica (CO2), gas responsabile dell’effetto serra, e, tra i composti pericolosi per la salute e per l’ambiente, il monossido di carbonio (CO), gli ossidi di azoto (NOx), l’acido cloridrico (HCl), l’anidride solforosa (SO2), i metalli pesanti (in particolare il mercurio e il cadmio), le polveri, le sostanze organiche volatili (COT), gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), le diossine. E come non bastasse, per effetto dei bassi rendimenti della combustione, trasformando l’energia termica in energia elettrica si recupera solo il 30-40% dell’energia contenuta nei combustibili. Detraendo da questa l’energia consumata per ottenere il combustibile, per la costruzione dell’impianto di combustione, per la gestione e il trasporto dell’energia, questo valore si abbassa a circa il 10-20%. Il rischio è di rimanere senza combustibili, avendo irreversibilmente alterato il Pianeta e compromesso la salute dei suoi abitanti. Energia da biomasse Il problema dell’utilizzo energetico delle biomasse è molto complesso e va analizzato in rapporto all’origine e alla destinazione finale delle biomasse. Biomassa è un termine che riunisce una gran quantità di materiali, di natura estremamente eterogenea. Le biomasse possono essere costituite da residui delle coltivazioni destinate all’alimentazione umana o animale, da piante espressamente coltivate per scopi energetici (produzione di biodiesel o alcol), da residui forestali, da scarti di attività industriali (come i trucioli di legno), da scarti delle aziende zootecniche o anche dalla parte organica dei rifiuti urbani. I possibili utilizzi delle biomasse vanno dalla semplice combustione di legname per produrre calore, all’impiego di carburanti alternativi come il biodiesel o il bioetanolo nei mezzi di trasporto fino alla produzione di calore e/o elettricità in centrali termoelettriche. Ma in realtà si può parlare di fonte rinnovabile solo se si riproducono nel tempo e nello spazio in cui vengono utilizzate: in un anno si può togliere all’ambiente tanti quintali di biomassa, quanti in quell’anno quel territorio riprodurrà. Non è rinnovabile la deforestazione del sud del mondo o il disboscamento delle nostre montagne. Per capire se le biomasse coltivate possono essere considerare sostenibili e rinnovabili è bene considerare i flussi di energia in agricoltura. Le calorie contenute nei vegetali un tempo derivavano quasi esclusivamente dall’energia solare, salvo l’energia umana e animale utilizzata per il lavoro dei campi (comunque garantita dal cibo così prodotto). Ma dopo la rivoluzione industriale, si cercò non solo di aumentare la superficie coltivata, ma anche di aumentarne la resa produttiva, impiegando altre fonti di energia oltre quella solare. Questa energia aggiuntiva è fornita dai combustibili fossili sotto forma di fertilizzanti (petrolio e gas naturale, principale materia prima per la produzione di urea), pesticidi (industrie agrochimiche) ed energia per la lavorazione del terreno, per i trasporti, per l’irrigazione, per trasformazioni, ecc. (petrolio). Secondo Giampietro e Pimentel la Rivoluzione Verde ha aumentato di circa 50 volte il flusso di energia, rispetto all’agricoltura tradizionale: nel sistema alimentare degli Stati Uniti per produrre una caloria di cibo consegnato al consumatore sono necessarie fino a 10 calorie di energia fossile (2 se si tratta di cibo solo vegetale). Questi dati dimostrano anche che la superficie destinata all’agricoltura industrializzata non solo non è in grado di assorbire la CO2, come potrebbe farlo un bosco di dimensioni equivalenti, ma anzi produce più CO2 di quanta possa assorbire. Inoltre, dato il basso rendimento energetico delle piante (meno dell’1% dell’energia solare è trasformata in calorie nella biomassa vegetale) e i consumi di energia fossile per coltivarle, il bilancio energetico rischia di essere negativo e se si volesse coltivare piante come fonte di energia per gran parte dei nostri consumi, dovremmo avere a disposizione più pianeti Terra trasformati in coltivazioni energetiche (ovviamente distruggendo foreste e non producendo cibo!). A questo proposito Mario Giampietro, in un Convegno tenuto a Padova nel 2006, ha spiegato che per coprire il 10% dei consumi energetici italiani servirebbe una superficie tre volte superiore alla terra attualmente arabile nel nostro paese, che non ha eccedenze di cibo prodotto, ma anzi importa cereali dall’estero. In realtà dal punto di vista energetico ed ambientale le centrali a biomasse sono un fallimento e lo sarebbero anche dal punto di vista economico, se non fossero finanziate con incentivi pagati da noi contribuenti (CIP6 e certificati verdi). D’altra parte va ricordato che in Italia non abbiamo bisogno di costruire nuove centrali elettriche, ma solo di sostituire centrali inquinanti con altre meno inquinanti. Infatti le nostre centrali vengono utilizzate in misura largamente inferiore alla loro potenzialità e attualmente la potenza installata per la generazione di energia elettrica è quasi il doppio della massima domanda nelle ore di punta (cioè qualche giorno all’anno): 101 GW installati contro 52 GW richiesti, nel 2009 e negli ultimi anni la domanda di energia elettrica è diminuita. E le centrali a biomasse sono sicuramente tra quelle inquinanti! Le centrali termiche, come quelle a biomasse, infatti inquinano, producendo ossidi d’azoto, gas ed effetto serra, polveri sottili e microinquinanti, come le diossine; pertanto la preoccupazione della popolazione è più che giustificata. Dunque, il recupero di energia dalle biomasse è una possibilità solo a patto che la materia prima sia prelevata in loco e nel massimo rispetto degli equilibri ambientali (manutenzioni dei boschi, residui di segherie) e che la produzione di energia avvenga in impianti di piccola taglia. Non è infatti possibile un ciclo ad “impatto zero” su larga scala, basato sulle biomasse. Quanto alle frazioni organiche dei rifiuti da bruciare nei cosiddetti termovalorizzatori (cioè inceneritori), è decisamente meglio il recupero di energia attraverso la produzione di compost, che restituisce all’ambiente materia organica e riduce il carbonio in atmosfera. Il biogas Oltre alla combustione possiamo avere altri usi energetici delle biomasse: ad esempio la trasformazione chimica, in appositi digestori anaerobici, del materiale organico in biogas, cioè metano da utilizzare per qualunque uso (produzione di calore ed elettricità o come carburante da trazione). Questa trasformazione è particolarmente efficace per tutti gli scarti e reflui di origine zootecnica, agricola ed alimentare. C’è poi un’altra utilizzazione delle biomasse: la produzione di compost per l’agricoltura, cioè materiale organico opportunamente fatto maturare e mescolato alla terra per garantire il ripristino degli elementi nutritivi nei campi agricoli. Il recupero della frazione organica degli scarti delle industrie alimentari, dei mercati ortofrutticoli, delle mense ecc. per produrre compost da impiegare in agricoltura può, comunque, essere ottenuto dai fanghi digestati degli impianti a biogas, che sono analoghi al compost. Ma il biogas prodotto da un biodigestore va poi bruciato in un cogeneratore per produrre energia elettrica, con conseguente inquinamento atmosferico. Comunque un impianto a biogas alimentato per il 90% da insilati, cioè coltivazioni dedicate (sottraendo terreni agricoli alla produzione di cibo), ha un bilancio energetico molto basso, perché, come abbiamo già spiegato, occorre calcolare tutta l’energia necessaria per la produzione agricola (fertilizzanti, fitofarmaci, irrigazione, trasformazione, trasporti, ecc) e quella necessaria per far funzionare l’impianto di biogas. Il fatto che di solito il cogeneratore sia sotto 1 MW elettrico, non significa di taglia piccola, perché comunque servono oltre 20.000 tonnellate di materiale ogni anno. I problemi che si pongono sono: - odori - mezzi di trasporto (traffico e inquinamento) - rumori - emissioni in atmosfera - scarti e rifiuti (del biodigestore e dell’impianto di combustione del biogas) - collegamento alla rete e campi elettromagnetici. Le emissioni in atmosfera deducibili dai dati forniti da chi propone impianti di taglia sotto 1 MW, sono: COT (composti organici totali, compresi composti cancerogeni) 1,2 ton/anno CO 6 ton/anno NO2 3 ton/anno SO2 6,7 ton/anno HCl 1,2 quintali/anno. Mancano, in questo elenco, altri inquinanti, come, in particolare, le polveri, ma anche ozono (in estate, come inquinante secondario derivato da emissione di ossidi d’azoto) e diossine. Per le polveri si può calcolare 0,6 ton/anno di polveri molto fini, alle quali vanno aggiunte le polveri secondarie (fino a 5 volte quelle emesse dal camino, molto fini). Le diossine che si formano sono poche, ma non nulle, e ne bastano poche per avere un impatto sanitario significativo. Infine scarti e rifiuti sono prodotti dal biodigestore e da varie parti della centrale energetica. Sulla base del biogas bruciato (circa 8,5 milioni di metri cubi) e del contenuto medio in metano (circa 65%), si può affermare con una certa approssimazione che un cogeneratore di meno di 1MW, collegato al biodigestore, brucerà un quantitativo di metano equivalente a quello di circa 3.500 case di oltre 100 metri quadrati di superficie (consumo annuo di circa 1.600 metri cubi). Quali alternative Varie alternative sono possibili per evitare l’esaurirsi delle fonti fossili e contemporaneamente i cambiamenti climatici, a partire dalla riduzione dei consumi, al risparmio, all’aumento di efficienza, fino all’uso di fonti rinnovabili e sostenibili. La via d’uscita sta nello studio e nell’utilizzo di quei processi che hanno permesso agli organismi viventi di continuare a vivere e produrre senza distruggere il pianeta per milioni di anni: anzitutto utilizzare come fonte di energia il Sole o comunque fonti derivate dal Sole (acqua, vento, ecc.), utilizzare processi produttivi ciclici, senza produzione di rifiuti e poi evitare le combustioni. Attualmente si può ottenere senza combustioni energia termica dal sole e da pompe di calore (caldo e freddo) ed energia elettrica dai salti di acqua (energia idroelettrica), dal sole (energia fotovoltaica e quella delle centrali solari a concentrazione), dal vento (energia eolica). Si può ottenere elettricità senza combustione anche dall’idrogeno, che non è una fonte ma un mezzo per accumulare e trasportare energia ottenuta da fonti rinnovabili, attraverso le celle a combustibile. Insieme all’elettricità, vengono prodotti anche calore e acqua e vi sono celle a combustibile che, per il calore prodotto, si prestano ad una cogenerazione di energia elettrica e calore. Ai difensori del petrolio o dell’energia nucleare, i quali affermano che il Sole e i suoi derivati sarebbero insufficienti a garantire gli attuali consumi di energia, va risposto che da una parte l’attuale consumo è eccessivo e basato sulla logica degli sprechi (tanto più che il rendimento finale è molto basso e le fonti sono esauribili), dall’altra che il sole, pur essendo utilizzato con una percentuale inferiore dell’1% dalle piante, garantisce una quantità e diversità di biomassa naturale (cioè l’insieme della massa di piante, animali e microrganismi), che è ben maggiore dell’insieme dei prodotti industriali umani. In altre parole possiamo affermare che in un solo anno il sole invia sulla Terra un’energia che è superiore a tutta l’energia contenuta nel carbone, nel petrolio, nel metano e nell’uranio oggi disponibili, fino al loro esaurimento (130.000 miliardi di tonnellate equivalenti di petrolio (GTEP), contro valori accertati di fonti fossili e uranio pari a poco più di 1000 GTEP e valori stimati al massimo di 4/5.000 GTEP). Comunque le energie rinnovabili potranno rappresentare rapidamente una quota rilevante nel bilancio energetico globale solo se accoppiate ad un parallelo grande sviluppo dell’efficienza energetica, in grado di far diminuire i consumi grazie ad innovazioni tecnologiche. Conclusioni Dovendo far fronte da un lato ad una popolazione mondiale rilevante che ha bisogno di cibo e dall’altro a disponibilità sempre minori di fonti fossili, che comunque inquinano e comportano il rischio di cambiamenti climatici, l’agricoltura deve evolversi verso sistemi più sostenibili che: § migliorino l’efficienza energetica (ad esempio l'agricoltura biologica usa l'energia in modo molto più efficiente e riduce notevolmente le emissioni di CO2); § utilizzino fertilizzanti di origine organica; § impieghino fonti energetiche rinnovabili e riducano la distanza tra produzione e consumo (filiera corta); § eventualmente producano oltre al cibo necessario anche biomasse ad uso energetico, per le esigenze dell’azienda. In quest’ottica non hanno senso né gli impianti fotovoltaici su terreni agricoli né le coltivazioni di biomasse per alimentare centrali elettriche o digestori per ottenere biogas da bruciare in cogeneratori. Si tratta, oltretutto, di una sottrazione di suolo agricolo utile per produrre cibo, mentre siamo importatori di cereali dall’estero. Tutt’al più sono utili piccoli biodigestori per ottenere, da scarti e reflui, energia elettrica (da piccoli generatori di potenza massima pari a 50-100 KW), calore e compost. L’Alto Lazio: alcune problematiche ambientali e sanitarie Il territorio dell’Alto Lazio rappresenta per tutta l’Italia una grande ricchezza e risorsa: dal punto di vista paesaggistico, naturalistico, artistico, archeologico, turistico, e della produzione agricola di qualità con i suoi molteplici prodotti di eccellenza. Le necropoli etrusche di Tarquinia e Cerveteri sono patrimonio dell'umanità riconosciute dall'Unesco. Nel corso degli ultimi 50 anni, purtroppo, scelte politiche, energetiche, industriali ed economiche sconsiderate e tese unicamente al profitto, hanno determinato gravi situazioni di danno ambientale e sanitario, non tenendo in debito conto le naturali vocazioni di questo territorio e il diritto alla salute delle popolazioni locali, e trascurando i necessari interventi di bonifica e tutela ambientale imposti anche dalle disposizioni di legge. Alcune tra le criticità ambientali più importanti: • presenza del più grande polo energetico d'Europa (le centrali di Civitavecchia e Montalto di Castro) con le loro continue emissioni nocive di gas e polveri; • acque destinate a consumo umano con presenza di sostanze tossiche e cancerogene tra cui l'arsenico (classificato come cancerogeno certo di classe 1 dall'Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro - Iarc), acque distribuite negli anni come potabili solo in virtù di deroghe più volte rinnovate, acque che invece avrebbero dovuto essere dearsenificate e depurate; • inquinamento e degrado del lago di Vico da cui viene attinta la maggior parte delle acque che riforniscono gli acquedotti comunali di Caprarola e Ronciglione; • inquinamento e degrado in aumento dei corpi idrici ( fiumi, torrenti e laghi); • discariche abusive di rifiuti tossici non ancora bonificate e disseminate un po’ovunque su tutto il territorio ; • contaminazione dell’ ex area militare NBC, posta in prossimità del lago di Vico, adibita per decenni alla produzione e allo stoccaggio di armi chimiche, ora dismessa e anch’essa in attesa di bonifica; • presenza diffusa del gas radon, cancerogeno certo di classe 1, sempre secondo la classificazione della Iarc e mancanza di interventi diffusi tesi alla riduzione del rischio sia negli edifici privati che pubblici (anche in questo caso leggi europee, nazionali e regionali disattese); • cementificazione di aree sempre più vaste,soprattutto in quei comuni più prossimi alla capitale; In una situazione come questa si dovrebbe dare la priorità, il massimo dell’attenzione e dell’impegno a programmi di tutela e bonifica ambientale, di sorveglianza dello stato di salute delle popolazioni residenti e si dovrebbe rifiutare ogni altra scelta, struttura e/o impianto ad alto impatto ambientale e sanitario. * Coordinamento dell’Alto Lazio dell’Associazione italiana medici per l'ambiente-Isde (International Society of Doctors for the Environment ) e-mail:isde.viterbo@gmail.com 1 2 3 CESANO BRACCIANO 4 MANZIANA 5 MALAGROTTA 6 MACCARESE 9 CERVETERI 8 CAPRANICA 7 VALLE GALERIA 10 TARQUINIA 11 ALLUMIERE 12 SORIANO 13 LAGO DI VICO 14 MONTALTO 15 CANINO 16 TUSCANIA 17 FIUMICINO SERBATOICARBURANTE CENTRALE CARBONE CENTRALE METANO DEP.CHIMICOMILITARE RIFIUTISPECIALI PORTO BIOGAS DIGESTORE NUCLEARE RADIOVATICANA AEROPORTO BIOGAS FORSU DISCARICA COMPOSTAGGIO INCENERITORE CEMENTIFICIO CARTIERA CARBONILE PETCOKE RIFIUTITOSSICI GASSIFICATORE RAFFINERIA CIVITAVECCHIA A -Autorizzato AEROVIE ELETTRODOTTI P-PREVISTO 2 17 6 9 8 7 1 10 11 12 5 13 14 15 16 3 4 CIVITAVECCHIA MANZIANA FIUMICINO A A A P 25 km © Daniel Dalet / d-maps.com A A A 18 CASTEL SANT’ELIA 19 CIVITACASTELLANA 18 18 20 VETRALLA 20 21 VITERBO 21 In nostro Comitato nasce per contrastare la costruzione di un impianto a biogas ed eventuali altre autorizzazioni nella zona del Sasso (Cerveteri). Un luogo splendido, incontaminato, con ricchezze naturali ed archeologiche. I motivi per cui ci opponiamo sono: • Nella zona, e a pochi metri da essa, esistono vincoli a carattere: ARCHEOLOGICO, ZPS (PROTEZIONE AMBIENTALE), PAI ( PROTEZIIONE IDROGEOLOGICA). • Dove hanno iniziato a costruire l’impianto sono stati riportati parecchi metri cubi di terra dalla cava adiacente per cui eventuali saggi da parte delle Sovrintendenza del Ministero dei Beni Culturali non sono veritieri e nella zona sono presenti molte tombe e sepolture etrusche. • Nell’area sono presenti le antiche terme romane che potrebbero essere valorizzate dal Comune di Cerveteri considerando che il nostro territorio è patrimonio dell’UNESCO con notevoli possibilità turistiche. • La zona è ricca di falde acquifere e a circa 200 metri esiste un lago che nasce da una fonte sorgiva. A valle dell’impianto, a circa 50-­‐100 mt, esiste un ruscello di acqua sorgiva. Tutto intorno alla zona delle colture intensive esistono numerosi corsi d’acqua e sorgenti che poi vanno verso il mare e vengono intercettate per irrigare i campi in pianura. • Perché l’agricoltura, i capi di bestiame e di conseguenza noi cittadini potremmo essere avvelenati. • L’impianto sorgerà di fianco alla miniera (cava) con possibilità in futuro di stoccaggio di rifiuti alimentari e agricoli per alimentare la centrale e possibilità di un eventuale altro ampliamento (inizialmente era stata richiesta l’approvazione per la costruzione di 2 impianti). • Secondo “Il procedimento autorizzativo per la realizzazione di impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili: complessità e spunti di riflessione, alla luce delle recenti linee guida nazionali”, di Nicola Durante Magistrato Tar di Salerno, ci sono considerazioni in base alle quali potrebbe essere discutibile la realizzazione di tale impianto: viene infatti indicato che, in zone a protezione ZPS, zone ad interesse archeologico, zone soggette a vincoli idrogeologici, zone con vincoli faunistici, zone con produzioni agro alimentari di qualità (BIO, DOC,DOCG, ecc.) e zone di interesse paesaggistico, l’installazione di tali impianti non è idonea. Secondo le linee guida nazionali e regionali è vietato anche il traffico veicolare al di fuori delle strade asfaltate all’interno delle zone ZPS. • Per alimentare una centrale da 1 Mw serve coltivare almeno 300 ha di terreno per l’intero anno a ciclo continuo; terreno che viene ovviamente sottratto alla produzione di derrate alimentari per l'alimentazione umana o animale. Questo pone anche un serio problema riguardante la conversione di territorio agricolo a fine alimentare in territorio agricolo a fine energetico. In questi casi poiché i vegetali necessari per la putrefazione non sono destinati all'alimentazione umana e poiché quello che conta è la resa, i terreni coltivati vengono irrorati con dosi massicce di fertilizzanti e di pesticidi, provocando inquinamento del terreno stesso e delle falde acquifere sottostanti. Inoltre l’azienda agricola Aurelia non è in grado, con i terreni a disposizione, di alimentare da sola l’impianto, per cui sarebbe costretta a fornirsi da altre aziende agricole della zona con conseguente traffico di camion per alimentare l’impianto. • A lungo andare l’uso dei fertilizzanti prodotti dall’impianto, in prospettiva sempre più sottoposti a processi di abbattimento di azoto e di fosforo, condurrà ad apportare al terreno un materiale in cui alcuni elementi si concentrano eccessivamente con compromissione della fertilità e persino con possibili effetti tossici sulle piante e perdita del prezioso humus del terreno. • Quintali di digestato verranno sparsi su dei preziosi terreni tutelati da vincolo ZPS e magari serviranno a fertilizzare colture OGM per produzioni intensive. • Problemi legati ai cattivi odori emessi dalla fermentazione dei vegetali e/o dal liquame. • Spostamento di centinaia di camion di rifiuti e/o liquami nei dintorni del sito con conseguente aumento dell'inquinamento in una zona con una strada estremamente stretta e pericolosa. • Perché il Comune di Cerveteri aveva dato parere negativo durante la Conferenza dei Servizi ma l’opposizione è stata rigettata. Purtroppo non ha ricorso al TAR perché la giunta precedente è caduta ed i termini sono scaduti. • Ma soprattutto perché sempre più studi affermano che questi impianti sono INSALUBRI!! Noi ci troviamo in un luogo che ha tutte queste caratteristiche, alcune perché riconosciute legalmente , altre perché si trovano a breve distanza dal sito, soprattutto le sorgenti e, peraltro, l’Università Agraria di Tolfa richiede la certificazione Bio per i suoi prodotti come anche le altre aziende agricole presenti a valle dell’impianto. Purtroppo il biogas nel territorio italiano sta diventando un business di enormi dimensioni ma in molte regioni come l’Emilia Romagna stanno arginando tali impianti per la pericolosità dei batteri che produce (vedansi modificazioni del Parmigiano Reggiano) o dei casi di botulismo, tetano su bestiame o esseri umani. Fino ad arrivare ai casi dell'epidemia di Escherichia coli che in Germania ha causato addirittura dei morti. Abbiamo assistito ad un convegno con il Prof BOHNEL che ha illustrato chiaramente la problematica delle contaminazioni in Germania da tali batteri. Inoltre, sia a livello scientifico che a livello politico, in molte regioni europee ed in molti comuni italiani si stanno riconoscendo i danni all’agricoltura ed all’ambiente che tali impianti stanno creando, solo per un mero scopo speculativo energetico, svalutando la natura, il territorio ed il turismo. A tale scopo, stiamo collaborando con il Comune di Cerveteri e con il Sindaco che ci sta aiutando ad adiuvandum nel ricorso che abbiamo intrapreso contro tale impianto. Abbiamo ricorso al TAR come cooperativa di cittadini che, su un progetto esistente di Terme a circa due km dall’impianto, cerca di fermare tale scempio. Anche il Comune ha ricorso perché durante la conferenza dei servizi non sono state convocate l’ASL e l’ARPA. E’ stata inizialmente concessa la sospensione dei lavori, ma poi nella camera di consiglio il decreto presidenziale è stato revocato e la sospensiva negata. Purtroppo anche il Consiglio di Stato ha rigettato l’appello ritenendo non palesemente infondate le eccezioni di irricevibilità e difetto di legittimazione. Ora dovrà aver luogo il giudizio di merito ma le prospettive non sono buone. Grazie all’appoggio di numerose associazioni e comitati abbiamo intrapreso un percorso comune per collaborare alla difesa del territorio e della salute. Ora siamo in attesa che il sindaco emetta, come promesso, un’ordinanza in base agli studi ed alla consulenza di esperti in nano patologie che certificheranno la dannosità per la salute di questo impianto. Infatti lui è il garante della salute dei suoi cittadini. www.comitatoterranostra.org Associazione Salviamo Bracciano salviamo.bracciano@gmail.com L’Associazione Salviamo Bracciano si è costituita nell’omonima cittadina sul lago, nell’anno 2008. Ha, come scopi statutari, la difesa del territorio e della legalità. E’ dichiaratamente apartitica; collabora con tutte quelle forze che lottano contro la devastazione dell’ambiente e per la dignità del ruolo democratico di ogni cittadino. Più specificamente ci siamo occupati e ci occupiamo della “cementificazione” a Bracciano che appare sempre più incontrollata ( e che è costata ad una nostra Socia una denuncia civile, promossa dal Sindaco, con relativa richiesta, con altri, di risarcimento per tre milioni di euro, per aver espresso pubblicamente dubbi circa la legalità di alcune operazioni edilizie, peraltro poi poste sotto sequestro) e per la trasparenza delle azioni dell’Amministrazione in carica. Oggi più che mai, ci preoccupa il destino della discarica di Cupinoro ( avrebbe dovuto cessare a fine anno), sulla quale invece si adombrano progetti che decisamente respingiamo ed ai quali siamo pronti ad opporci con ogni strumento possibile. Presidente: Anna M. Orsini 340 – 470 4707 24 novembre 2012 1 Comitato Rifiuti Zero Fiumicino Via Solarussa, 11 D4 00054 Fiumicino www.rifiutizerofiumicino.it comitatorifiutizerofiumicino@gmail.com Presidente Carla Petrianni 3339183294 Vice Presidente Marcello Giuliacci 3480901552 Federico Conchione 3396280202 Il Comitato si è costituito spontaneamente nel maggio 2011 a seguito della notizia che in località Pizzo del Prete era prevista la costruzione di un impianto di incenerimento con annessa discarica di servizio. Nel luglio successivo, al fine di dotarsi di una veste giuridica, si è costituito legalmente in associazione ribadendo nello Statuto la sua assoluta trasversalità ed apartiticità; i rapporti con la politica ufficiale, partiti ed istituzioni, esistono e sono gestiti proprio nella piena coscienza della propria indipendenza, con assoluta autonomia di analisi e di elaborazione di strategie ed azioni. La struttura orizzontale organizzativa del comitato privilegia in tutte le fasi di analisi e decisionali i momenti assembleari e comunque di gruppo di lavoro ha consentito al comitato di sviluppare e portare alla luce enormi competenze al suo interno, quelle che gli hanno permesso e continuano a permettere di essere puntualmente presente nelle varie situazioni e che sostanziano qualitativamente tutte le sue iniziative. Le iniziative ed azioni promosse e svolte dal Comitato da maggio 2011 ad oggi sono tutte documentate sul sito, ci limiteremo in questa sede ad illustrare quale sia oggi la situazione nel nostro Comune e quali siano gli strumenti che stiamo utilizzando per scongiurare la definitiva devastazione e trasformazione di Fiumicino in quello che noi abbiamo chiamato il nuovo Polo Industriale dei Rifiuti e dell’Energia della capitale. Fonti d’inquinamento - mappatura situazione esistente, in fase di realizzazione e di progettazione a Fiumicino e nelle località immediatamente adiacenti. (per quanto concerne Fiumicino si sottolinea l’ assenza di dati ufficiali ARPA) 1. Aeroporto Intercontinentale Leonardo da Vinci e aerovie; 2. deposito carburanti aeroporto; 3. elettrodotti; 4. autostrada Roma-Civitavecchia e SS 1 Aurelia; 5. impianto compostaggio aerobico di proprietà AMA spa da 30.000 t/a forsu mercatale di Roma – viale dei Tre Denari Maccarese; 6. impianto biogas da 625 Kw di proprietà Maccarese spa su viale Maria Maccarese alimentato a biomassa; 7. impianto biogas da 999 Kw di proprietà Maccarese spa su viale Maria Maccarese alimentato a biomassa (in costruzione); 8. n. 2 centrali termoelettriche a metano da 50 Mw ciascuna in sedime aeroportuale; 9. impianto biogas da 999 Kw di proprietà soc. agricola SIRA srl su viale di Porto Maccarese; 10. impianto biogas proprietà AMA spa da 24 Mw alimentato da 135.000 t/a forsu Roma su viale dei tre Denari Maccarese (progetto in attesa di approvazione presso Provincia di Roma); 11. Inceneritore e/o discarica definitiva di Pizzo del Prete Palidoro (sito indicato nello Studio Preliminare della Regione Lazio e ancora in ballo come confermato dalle ultime dichiarazioni del Ministro Clini); 2 12. Impianto biogas Pian della Carlotta Cerveteri da 999 Kw alimentato a biomassa (in costruzione); 13. discarica di Malagrotta Valle Galeria; 14. gassificatore di Malagrotta Valle Galeria; 15. Raffineria di Roma Valle Galeria; 16. Inceneritore rifiuti speciali di Ponte Malnome Valle Galeria; 17. n. 2 impianti TMB Valle Galeria; 18. cementificio Valle Galeria; 19. Monti dell’Ortaccio Valle Galeria (possibile discarica provvisoria del post Malagrotta); 20. Monte Carnevale Valle Galeria (possibile discarica provvisoria del post Malagrotta) 21. Raddoppio Aeroporto Leonardo da Vinci Maccarese (progetto in discussione) 22. Discarica di Cupinoro Bracciano; 23. Ampliamento discarica di Cupinoro (autorizzato); 24. Impianto biogas a Cupinoro alimentato da forsu (progetto) 25. impianti fotovoltaici a terra Tragliata Fiumicino (progetti); 26. Centrale termoelettrica a carbone di Torre Valdaliga Civitavecchia; 27. antenne Radio Vaticana a Cesano, elenco purtroppo non esaustivo. Alla luce della situazione esposta temiamo che il quadrante Nord-Ovest della provincia di Roma, in particolare le località più prossime alla capitale, siano quelle deputate ad accogliere le “soluzioni” sino ad ora ipotizzate dai due Commissari Speciali, dal Ministro Clini, dalla Provincia e dal Comune di Roma. Il comune di Fiumicino, che solo dopo un anno di lotte è stato costretto con una delibera di Consiglio Comunale a revocare la scelta assunta nel 2008 verso l’incenerimento dei rifiuti, è spettatore disponibile che forse in cambio del sostegno economico da parte della Provincia di Roma per l’avvio della raccolta differenziata (ricordiamo che Fiumicino è attestato su percentuali irrisorie ampiamente al di sotto del 10% di rd) e per accordi politici funzionali alle prossime scadenze elettorali, cede Maccarese per il primo grande impianto a biogas/forsu del centro sud Italia, il terzo per dimensioni sul territorio nazionale. Il Comitato ritiene possibile che entro il 31 dicembre prossimo possa verificarsi che per giustificare una ulteriore ultimissima proroga di Malagrotta e lo spostamento della discarica provvisoria a Monti dell’Ortaccio o a Monte Carnevale (entrambe nella Valle Galeria) debba essere presentata la soluzione alternativa con un impianto a biogas a Maccarese per il trattamento di parte dell’umido di Roma, una discarica definitiva a Pizzo del Prete o a Cupinoro dove verrebbe realizzato un altro impianto a biogas per la forsu. Nella campagna circostante poi potrebbero essere autorizzati altri impianti a biogas/biomassa di dimensioni ridotte (fino ad 1 Mw) come già si è verificato per Pian della Carlotta. Per contrastare e bloccare questo progetto stiamo articolando su vari livelli la nostra azione coniugando la protesta di piazza con l’azione legale e un percorso istituzionale di forte pressione sui vari enti coinvolti (abbiamo già notificato due diffide al sindaco Canapini rispetto al mancato raggiungimento del 65% di differenziata al 31 dicembre e all’assenza di monitoraggio ambientale, presentato proposte per un piano alternativo del ciclo dei rifiuti, linee guida per la riduzione, osservazioni, ecc.). Movimento No Coke Alto Lazio Civitavecchia e il suo contesto ambientale Civitavecchia, poco più di 50.000 abitanti, 71 Km2 di territorio. - Due centrali termoelettriche (ma fino a pochi anni fa erano tre) per un totale di 3500 MW di potenza installata (Torre Valdaliga Sud 3 gruppi turbogas per un totale di 1120 Mw di potenza installata; Torre Valdaliga Nord 3 gruppi termoelettrici alimentati a carbone per un totale di 1980 Mw, con al servizio una ciminiera multicamino di 250 metri di altezza.) - Un gran numero di sottostazioni ed elettrodotti che, solo nell’area comunale di Civitavecchia, percorrono una lunghezza di circa 110Km ed hanno esposto la popolazione a campi elettromagnetici di notevole entità; - Un porto tra i più grandi del Mediterraneo (un ormai datato, e quindi con dati sottostimati, studio condotto dall’Osservatorio ambientale in collaborazione con l’Università La Sapienza di Roma, settembre 2006 - http://www.ambientale.org/browse.php?mod=article&opt=view&id=91 - stima che le navi da crociera che stazionano nel porto consumano l’equivalente da 80Mw di potenza senza essere sottoposte agli stessi controlli); - Un cementificio (oggi chiuso) posto proprio al centro dell’abitato urbano; - Una boa petrolifera posta al largo del porto; - Sei depositi costieri per oli minerali di cui quattro sottoposti a direttiva Seveso; - Un centro chimico militare per lo smaltimento delle armi chimiche della prima guerra mondiale (in particolare iprite ma anche fenildicioroarsina fosgene, lewisite, adamsite, difeniicioroarsina) e al cui interno vi è lo stoccaggio dell’arsenico utilizzato per inertizzare quest’ultime; - Cinque discariche di cui due per RSU in fase di post mortem, una in fase di esaurimento e due per rifiuti speciali e pericolosi ed infine, a pochi Km di distanza, la centrale policombustibile di Montalto di Castro da 3450 Mw. Un territorio dove il mare non è balneabile, se non per piccoli tratti, l’acqua è in deroga per superamento dei parametri di arsenico, fluoruro, vanadio e selenio da oltre tre anni, dove insistono ben 21 siti inquinati censiti dalla Regione Lazio ai sensi del D.M. 471/1999 e del DLgs 152/2006, dove le percentuali di mortalità e morbilità per neoplasie all’apparato respiratorio, del fegato e del rene nonché per infezioni acute delle vie respiratorie e dell’apparato genito-urinario sono al di sopra delle medie regionali e nazionali e dove, a fronte del ricatto occupazionale utilizzato per sponsorizzare questi impianti veleniferi, la disoccupazione supera il 30 %. Sono sufficienti questi pochi dati per comprendere quali siano le conseguenze del vivere nel raggio di azione di una servitù energetica e, nel contempo, come questa comunità, succube del ricatto occupazionale e considerata variabile dipendente dei bilanci aziendali delle varie lobby agenti sul territorio, prima fra tutte l’ENEL, sia condannata a logorarsi al proprio interno. La riconversione a carbone ha, infatti, visto contrapporsi i lavoratori, favorevoli, e la popolazione, contraria, ed ha costituto, negli anni scorsi, il nodo della grave lacerazione del tessuto sociale di Civitavecchia la cui comunità si ritrova solo quando, unita nel dolore, quando piange i propri figli, morti sul lavoro o per neoplasie di vario tipo. Una contrapposizione che innesta le sue radici non solo nella storica, ed irrisolta, contraddizione tra lavoro ambiente, ma anche, e soprattutto, nella storia di Civitavecchia ovvero la storia di una colonizzazione lunga anni; la storia di un territorio artatamente e metodicamente preparato ad essere aggredito, privato della sua anima e del suo futuro, inquinato nelle coscienze prima ancora che nelle sue risorse naturali, in cui l’inerzia, quando non subalternità, delle istituzioni, ma anche dell’intero ceto politico del comprensorio, ha consentito che ciò avvenisse, abbagliato dai milioni di euro per compensazioni ambientali riversati nelle casse dei comuni. Un territorio dove si rincorrono le statistiche sulle percentuali di mortalità e morbilità per tumore bronchiale e pleurico, per asme ed allergie, per insufficienza renale cronica etc… i cui dati sono costituiti dalle vite reali e materiali dei cittadini; aspetti sui quali è palesemente e colpevolmente lacunosa la Valutazione di Impatto Ambientale come dichiarato dal Ministero dell’Ambiente e da quello della Salute. Vite materiali su cui, la riconversione a carbone falsamente definito “pulito”, sta riversando tonnellate di veleni: basti sapere che ogni ora la centrale emette 6.300.000 mc di emissioni, per 17 ore al giorno e 6500 ore l’anno, che significano l’immissione nell’atmosfera di 3450 t/a di ossidi di azoto, 2100 t/a di anidride solforosa, 260 t/a di polveri, 24 t/a di metalli pesanti quali mercurio, vanadio, nichel, cadmio, cromo, ammoniaca etc (dati ENEL). Vite materiali sulle quali si riversano, inoltre, gli effetti concreti delle tante irregolarità che costantemente emergono da quella centrale e che è bene specificarlo, non costituiscono solo un fatto teorico, ma un incremento delle immissioni d’inquinanti nell’atmosfera con relative ricadute sulla salute. Fatti che pongono in evidenza come la scelta del carbone a Civitavecchia, rappresenti l'eccellenza di scelte dissennate, irrispettose delle esigenze dei territori, dei cittadini che li abitano e della stessa legalità. Scelte antistoriche, il cui fallimento è immortalato nell’immagine di un pianeta sull’orlo del collasso ambientale ed energetico, incapaci, per loro stessa natura, di sostenere nuove strategie economiche che sappiano affrontare il nodo improcrastinabile della via d’uscita dalla produzione energetica da combustibili fossili. Scelte che vengono combattute nei territori da coloro che i rappresentanti dello “sviluppiamo scientista”, quasi sempre al soldo della lobby di turno, si affannano a definire “il partito del NO”. Ma il vero partito del “No” non sono i territori che si contrappongono a scelte dissennate, ma il partito trasversale della “rinuncia”: la rinuncia a contrapporsi al pensiero dominante neoliberista e sviluppista, antidemocratico per definizione, vera causa della sofferenza di 4/5 dell’umanità e del processo galoppante di espulsione della nostra specie dal pianeta; quel partito che rinuncia a contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici e l’avvelenamento della terra per garantire una speranza di futuro. A Civitavecchia come altrove. Simona Ricotti Movimento No Coke Alto Lazio COMITATO “CAPRANICA AMBIENTE” Sig.ra Nunzia Russo – 320 -­‐ 2769570 comitatoambientecapranica@gmail.com SITUAZIONE CAPRANICA – NOVEMBRE 2012 1) CENTRALE A BIOMASSE La ditta richiedente la realizzazione dell'impianto non ha più presentato nuova richiesta necessaria per il passaggio delle competenze dalla Provincia al Comune e dunque è tutto fermo, si spera per sempre (vista pure la situazione amministrativa dell'Idi di Roma che offriva alla ditta il giardino della clinica Villa Paola di Capranica per impiantare la centrale la cui produzione di corrente sarebbe stata interamente venduta ). 2) MESSA IN SICUREZZA DISCARICA CON RIFIUTI TOSSICI I lavori di messa in sicurezza "d'emergenza " della discarica con i rifiuti tossici sono completati (affermazione del sindaco) ma ancora non ci sono relazioni scritte per intralci burocratici. ("emergenza" = 7 anni dopo ! ) 3) ACQUA ALL' ARSENICO-­‐ DEARSENIFICATORI Abbiamo un dearsenificatore in avanzato stato di completamento mentre il 2° è ancora da iniziare. Noi siamo fuori qualsiasi deroga perché il livello d'arsenico nell'acqua è 4 volte superiore ai limiti di legge e dunque i dearsenificatori già dovevano essere in funzione. Breve cronistoria Maggio 2005 -­‐Viene scoperto un traffico di rifiuti tossici provenienti da fabbriche del nord Italia che venivano illegalmente smaltiti nelle cave di Capranica, Castel Sant'Elia e Cinelli (Vetralla) tutte in provincia di Viterbo. Il traffico era sotto il controllo dell'ecomafia, l'operazione era conosciuta come " Giro d'Italia, ultima tappa Viterbo". Tipologia dei rifiuti: -­‐ Fanghi di cartiera, 35 milioni di chili di fanghi di cartiera nell'ultimo anno nei tre siti -­‐ Ceneri pesanti (incenerimento biomasse) -­‐ Ceneri pesanti da acciaierie Altissimi valori di piombo, zinco, alluminio, ferro, cadmio, rame riscontrati con le analisi. La messa in sicurezza "d'emergenza" decretata dal magistrato nel 2005 per Capranica è stata completata (affermazione del sindaco) ma ancora non ci sono relazioni scritte per intralci burocratici. ("emergenza" = 7 anni dopo ! ). Cinelli, la più grave e la più estesa, ha avuto un primo stralcio di messa in sicurezza completato ma pare che non reggesse per cui erano necessari lavori e costi iperbolici. Castel Sant'Elia, unica nel genere doveva essere bonificata dalla stessa ditta che ha inquinato e che ha fatto di tutto per dire che non c'era inquinamento. Ultima beffa la notizia di prescrizione dei reati degli inquinatori perché trascorsi i termini di legge ( e adesso si sentono pure onesti confondendo la prescrizione con l'assoluzione!). L'acqua all'arsenico riguarda la quasi totalità dei comuni del viterbese, alcuni, tra cui Capranica, hanno livelli anche 4 volte superiori ai limiti di legge (10 microgrammi litro); per questi erano stati stanziati soldi dalla Regione ed i lavori per i dearsenificatori dovevano essere completati entro Novembre. A Capranica abbiamo bisogno di due dearsenificatori, per uno sono iniziate le opere murarie, per il secondo non c'è nulla di concreto; è giunta notizia che alcune ditte hanno interrotto i lavori perché la Regione ha stanziato virtualmente i fondi ma non in concreto. L'arsenico, se è vero che è un componente naturale dei terreni vulcanici, è aumentato notevolmente grazie alle polveri di centrali elettriche alimentate a carbone, a gas, ad olio combustibile, a biomasse, fonderie, cementifici, traffico veicolare ed aereo, incenerimento dei rifiuti ed uso dei pesticidi e fitofarmaci in agricoltura, si pesca acqua sempre più in profondità dove l'arsenico è maggiore. Ultima la centrale a biomasse alimentata da oli vegetali, ma per adesso è tutto fermo. CENTRALE A BIOGAS A SORIANO NEL CIMINO (VT) La centrale che si vuole costruire a Soriano nel Cimino è della potenza di 0,999 MW. Saranno necessarie 25.000 tonnellate annue di materiali da fermentare: FORSU, mais. Il Documento Descrittivo deliberato dall’Amministrazione in data 31.08, prevede che l’impianto si alimenti “con prodotti agricoli e/o FORSU”. Dati alla mano (Rilevazione MUD 2011), Soriano produce circa 700 tonnellate di rifiuti organici l’anno; questo significa che saranno portate sul nostro territorio migliaia di tonnellate di rifiuti organici prodotti altrove, provenienti da un Consorzio di Comuni. Ma anche questo assolutamente non basterà a raggiungere le 25.000 tonnellate. Quasi la totalità dei comuni che dovevano formare il consorzio si sono espressi contro il progetto. Il sito individuato per la costruzione della centrale si trova in un’ex cava, di proprietà del Comune, nella frazione di S.Eutizio. Il sito è di 2 ettari di terreno circondati da bosco e abitazioni private, ed è priva di infrastrutture stradali e funzionali. Sull’area dell’ex cava gravano numerosi vincoli e destinata dal vigente Piano Regolatore a rimboschimento e in cui il risanamento è già avviato da qualche anno. Il sito prescelto è immerso in zona agricola caratterizzata dalla produzione di nocciole DOP Si trova anche in una zona in cui sono presenti altre ex cave abbandonate, utilizzate poi come discariche, come la cosiddetta "Cava dei veleni", sfruttata per smaltire presunti rifiuti di cartiera provenienti da Lucca. La zona inoltre confina con l’area archeo-naturalistica del Fosso del Mandrione, per la quale esiste già da tempo un progetto di dichiarazione di Monumento Naturale stranamente bloccato in Regione da oltre un anno. Oltre al Comitato No BIOGAS-PER LA TUTELA DEL TERRITORIO E DEI CITTADINI è stato costituito anche un Comitato referendario per promuovere un referendum comunale. COMITATO NO BIOGAS - PER LA TUTELA DEL TERRITORIO E DEI CITTADINI 16 Settembre, 2012 – Per info e contatti: nobiogassoriano@libero.it Alex Pizzi 0761-748 820 https://www.facebook.com/groups/224537751006601/ 1 Contatto: Marzia Narzoli - perilbeneditarquinia@yahoo.it 335 – 827 27 42 AREA TARQUINIA-TUSCANIA-MONTALTO - a Montalto c'è un cementificio, la centrale termoelettrica di A Volta da 3440 MW ad olio combustibile e metano - a Canino una cartiera, un progetto approvato di biogas da 999 KW - a Tuscania una cartiera, una disastrosa discarica per il compostaggio, il progetto di una centrale a biomasse da 4.9 MW, (un vecchio progetto riproposto con la taglia dimezzata). Appunti sullo stato della qualità dell’aria dell’area intorno a Tarquinia Sul territorio di Tarquinia vi sono piccoli insediamenti industriali e artigianali di medio impatto ambientale, mentre presenta un pesante inquinamento dalla presenza di un deposito di pet coke e della vicinanza al polo energetico più grande d’Europa tra Montalto di castro e Civitavecchia. Insieme rappresentano quasi 7000 MW di produzione energetica da fonti fossili tra carbone, olio combustibile e gas. Per la totale mancanza di dati pregressi nel 2009 è stata realizzata una campagna di monitoraggio ambientale da un comitato di cittadini a Tarquinia per valutare la qualità dell’aria prima dell’entrata in funzione a pieno regime della centrale a carbone di TVn (Torrevaldaliga nord) a Civitavecchia, per avere un anno zero su cui ripetere i monitoraggi. La situazione non è rosea, anche alla luce delle carenti informazioni ufficiali, visto che il piano della qualità dell’aria della Regione Lazio nonostante le osservazioni dei comitati e associazioni, non ha predisposto un approfondimento sul territorio interessato dalle ricadute inquinanti del carbone, né tantomeno disposto un punto di rilevamento aggiuntivo alla rete di monitoraggio già presente sul territorio, escludendo la possibilità di monitorare da vicino l’inquinamento delle fonti inquinanti. Per la provincia di Viterbo è rimasta la centralina di Viterbo e di Civita Castellana, lontana da Tarquinia e dal carbone, dunque rimane in piedi solo la rete di rilevamento dell’osservatorio Ambientale che utilizza le centraline posizionate anni 2 fa da Enel, che oggi ancora finanzia il costo di gestione dell’intera rete e delle analisi di laboratorio. Nonostante tutte le rimostranze riguardo al conflitto di interessi, dove vede Enel Spa ricoprire il ruolo di controllore e controllato, nel silenzio totale dei Sindaci, che pur siedono al tavolo dell’Osservatorio Ambientale, quello però gestito con i soldi di enel http://www.ambientale.org/. Esiste invece l’Osservatorio Ambientale ufficiale della regione Lazio che è deserto dai Sindaci legati all’altro Osservatorio, di cui però si conferma tutta la sua ufficialità http://www.regione.lazio.it/rl_ambiente/?vw=contenutiElenco&id=404 Di seguito l’abstract della campagna di monitoraggio realizzata dal comitato dei cittadini di Tarquinia INDAGINE DI QUALITA’ DELL’ARIA TRA S. MARINELLA E MANCIANO TERRA SRL 59 6. CONCLUSIONI GENERALI Scopo del presente studio è stato quello di verificare la situazione dello stato di qualità dell’aria del territorio interessato dalla riconversione a carbone della centrale termoelettrica “Torrevaldaliga nord” di proprietà di Enel SpA, ovvero verificare la situazione di inquinamento esistente nel territorio di Civitavecchia e nell’area vasta circostante, individuata alla luce dell’ubicazione degli impianti elettrici esistenti. Lo studio ha, pertanto, interessato gli ambiti comunali di Santa Marinella, Civitavecchia e Allumiere, in provincia di Roma, di Tarquinia e Montalto di Castro, in provincia di Viterbo, ed infine, di Manciano, in provincia di Grosseto. Dal quadro conoscitivo, elaborato sulla base delle conoscenze disponibili sulle condizioni di qualità dell’aria del territorio in questione, è emerso uno stato delle conoscenze non completo ed esaustivo, in relazione sia all’aggiornamento temporale dei dati, sia alle tipologie di inquinanti indagate. Per tale motivo è stata, quindi, organizzata e pianificata una campagna di monitoraggio dell’aria “ad hoc” sul territorio sopra specificato. Dalle rilevazioni effettuate è stata riscontrata una situazione di criticità per quanto concerne i livelli di Particolato Sottile (PM10) e di Ozono (O3). In particolare, relativamente al PM10, si sottolinea come in tutte le stazioni nelle quali è stato monitorato, siano stati rilevati dei valori di concentrazione, espressi come media 3 del periodo di monitoraggio, sensibilmente superiori al valore limite annuale per la protezione della salute umana, pari a 20 μg/mc (Fase 2 - a partire da gennaio 2010). A questo proposito, per la postazione n. 5 “Comune di Civitavecchia – Loc. Fiumaretta”, la concentrazione di questo inquinante si è attestato attorno ad un valore medio prossimo a 30,5 μg/mc; per la postazione n. 3 “Comune di Santa Marinella” è stato raggiunto un valore medio ancora superiore, pari a 33 μg/mc, mentre per le altre postazioni, la n. 2 “Comune di Montalto di Castro” e la n. 1 “Comune di Tarquinia”, il PM10 ha registrato un valore medio più basso, attorno a 26,5 μg/mc. Si segnala, inoltre, come i valori di concentrazione del PM10 risultino in generale sensibilmente più elevati rispetto a quelli riscontrati per gli Ossidi di Azoto; fenomeno, questo, che, date le condizioni di forte instabilità atmosferica, potrebbe essere attribuito ad una rilevante produzione di polveri fini in loco. In termini, invece, di superamenti del valore limite di 24 ore per la protezione della salute umana, si segnala come presso le stazioni n. 5 e 3, sia stato registrato in ognuna un superamento, nei giorni 17.07.2009 e 18.07.2009, rispettivamente. Per quanto riguarda, invece, l’Ozono, dal monitoraggio in continuo effettuato, si sottolinea come durante il periodo di rilevamento siano stati registrati 3 giorni di superamento del valore bersaglio per la protezione della salute umana (calcolato come massima concentrazione media su 8 ore), da non superare per più di 25 giorni per anno civile. Sebbene le problematiche appena argomentate non denotino l’insorgenza di uno stato di allarme per il Particolato Sottile e l’Ozono, si ritiene, comunque, che il livello di criticità non debba essere assolutamente sottovalutato, alla luce soprattutto delle condizioni meteorologiche nelle quali si è svolta la campagna di monitoraggio. Ci si riferisce, in particolare, a due fattori essenziali: - Il fattore “vento” durante l’attività di rilevamento; - Il fattore “pioggia” nel periodo subito pregresso la campagna. Si evidenzia, infatti, come le concentrazioni medie di PM10 si siano attestate attorno a valori significativamente elevati e come si siano comunque registrati superamenti del valore limite giornaliero anche per l’Ozono, nonostante il solido e duraturo instaurarsi di condizioni atmosferiche che favoriscono la dispersione e abbattimento degli inquinanti. Basti pensare alla forte instabilità atmosferica, dal punto di vista anemometrico, del giorno tipo, in relazione alla quale la ricorrenza delle condizioni di maggiore dinamicità perdura per molte ore al giorno, generalmente dalle 12:00 alle 18:00, e caratterizzata da un regime anemometrico piuttosto sostenuto (regime di 4 Brezza Tesa); o ancora al fatto che nei sei mesi precedenti la campagna di monitoraggio siano caduti 813 mm di pioggia, quantitativo che supera di quasi il 100% il quantitativo registrato nello stesso periodo tra il 2007 e il 2008. Di fatti, in condizioni meteorologiche normali, ovvero in assenza di una così rilevante alterazione dei regimi pluviometrici, in un periodo relativamente recente (anni 2004 e 2007) sono state riscontrate sul territorio in questione rilevanti criticità nello stato di qualità dell’aria. Dallo studio dei dati disponibili a livello medio provinciale, è emersa la presenza, sul territorio in esame, di problematiche inerenti il Biossido di Azoto e l’Ozono, sia nel territorio provinciale di Roma che in quello di Viterbo. In particolare, per quanto concerne l’NO2, è stato riscontrato in entrambe le province (anni 2003 e 2004), un superamento del valore limite annuale per la protezione della salute umana, pari a 40 μg/mc. In questi due anni, inoltre, in provincia di Roma, sono stati rilevati numerosi superamenti del valore bersaglio su 8 ore dell’ozono, nonché sforamenti della soglia di informazione e di allarme per lo stesso inquinante. Criticità rilevanti sono state riscontrate anche più recentemente. Dai dati rilevati dalla rete dell’Osservatorio Ambientale di Civitavecchia, è emersa una situazione molto problematica inerentemente i livelli di PM10. Si riportano di seguito i grafici rappresentativi il numero di superamenti del valore limite di 24 ore per la protezione della salute umana registrati nelle stazioni sia urbane che extraurbane. Superamenti del valore limite di 24 ore per il PM10 nelle postazioni urbane della rete dell’Osservatorio Ambientale di Civitavecchia Superamenti del valore limite di 24 ore per il PM10 nelle postazioni extraurbane della rete dell’Osservatorio Ambientale di Civitavecchia Come si vede, il numero di superamenti, sia nelle stazioni urbane che extraurbane risulta tutt’altro che trascurabile. 1 CAPALBIO 13 ottobre 2012 MODERATORE: Giancarlo Santalmassi Secondo intervento – Prof. Helge Böhnel BIOGAS: RISCHI PER LA SALUTE DA CLOSTRIDIUM BOTULINUM Desidero parlarvi oggi di questo clostridium botulinum e descrivervi i problemi legati a questo batterio. Innanzitutto voglio dirvi che sono veterinario; la mia specializzazione riguarda la sanità animale tropicale e cioè agenti patogeni che in Germania non sono conosciuti o non sono diffusi. Per 10 anni sono stato Direttore del Dipartimento di Sanità Animale Tropicale di Göttingen. Ed è per questo che ci siamo occupati del clostridium botulinum, perché in Germania nessuno sapeva nulla di questo batterio. Innanzitutto alcune notizie principali. Il clostridium botulinum è un batterio che vive nel suolo e ci vive da 3-­‐4 miliardii di anni, (e se dopo tanti miliardi di anni dovessimo dire a questo batterio cosa deve fare – “audio non buono su questa frase”, ma c’è il filmato su youtube). È un batterio anaerobico, cioè vive in assenza di ossigeno, ed è uno sporigeno, cioè produce delle spore che sono in grado di vivere e sopravvivere per moltissimo tempo. Talvolta produce delle neurotossine che sono quelle che provocano il botulismo, botulismo che nell’uomo e nell’animale coinvolge i muscoli e i circuiti regolatori del metabolismo. Questo agente patogeno è insito all’interno della natura, nell’ambiente, può sopravvivere nel suolo, nel fango, nell’acqua, può essere trasmesso attraverso l’aria, può riprodursi all’interno di piante viventi, così come anche all’interno dell’organismo umano e animale. L’importante è sapere che aumentando il numero degli agenti patogeni nell’ambiente si aumenta anche il rischio che si abbia la patologia. Anche perché stiamo parlando di un batterio che è in grado di adeguarsi alle modifiche ambientali, e siamo in grado in questo modo anche d’importare, per così dire, dei batteri dai paesi esotici, ad esempio con i germogli di soia dall’America Latina. Gli stessi animali domestici che vivono da noi negli ultimi anni hanno subito delle modifiche, e così come si sono modificati loro, si sono avuti dei cambiamenti anche a livello di diversità microbiologica. Il digestato di biogas, cioè il prodotto che fuoriesce dall’impianto, è in grado di influire su tutto questo. Se noi presumiamo quindi che le spore, che si abbiano spore in natura, è altrettanto vero quindi che nel cibo oppure nel mangime si possa produrre, generare, un batterio che a sua volta genera tossine. Una tossina che viene assunta attraverso l’assunzione 2 di cibo da parte dell’uomo o di mangime da parte dell’animale. La spora può prendere anche una via più diretta, può accedere direttamente al tratto gastrointestinale e arrivare lì ai diversi organi. La patologia più tipica di questo tipo è l’intossicazione, che spesso porta al decesso immediato; l’infezione invece è un processo molto più lungo e complicato che ha, che registra la tossina in quantità minori, ma che però è in grado di produrre delle patologie croniche, che all’interno dell’organismo animale possono durare dei mesi o addirittura degli anni. Questa è la tipica immagine (slide terribile!) in cui l’intossicazione ha provocato il decesso degli animali di intere aziende nel giro di poche ore o addirittura di qualche giorno. Possiamo solamente dire che questi animali, il giorno prima del loro decesso, sono stati munti. La patologia può colpire ovviamente anche le specie volatili, le specie volatili acquatiche: questa è una mucca (slide) che ha subito una malattia – era stata malata per diversi mesi – ed è una mucca che è talmente indebolita nelle sue forze che ha bisogno di essere sostenuta. Questo è un cavallo (slide) che è rimasto ammalato per tre giorni, ed è rimasto comunque ammalato per 6 mesi. Abbiamo registrato anche la presenza di contadini, di agricoltori che si sono ammalati, e sono agricoltori o allevatori che hanno avuto un diretto contatto con gli animali ammalati. È un fenomeno relativamente nuovo che si è verificato per la prima volta due anni fa. Veniamo ora al processo di produzione del biogas. Allora, sapete tutti come funziona. Il substrato viene immesso all’interno del fermentatore, subisce una digestione ad opera di batteri, con conseguente produzione, generazione, di due prodotti: il gas e il digestato. Allora, il gas rappresenta il 5% di tutto il materiale: ciò significa che la produzione di biogas è sinonimo di produzione di fertilizzanti. Adesso utilizzerò appunto questo schema (slide) per illustrarvi i fattori d’influenza provocati dal clostridium botulinum. In Germania ci sono delle leggi che in determinati casi prescrivono la sanificazione del substrato che viene immesso all’interno del fermentatore. La domanda che dobbiamo porci, o che ci poniamo, è, se esiste un agente patogeno all’interno del substrato, questo agente patogeno fuoriesce anche dal prodotto finito? Ci sono tre possibilità di risposta a questa domanda: 1) La prima possibilità, l’agente patogeno muore. 2) L’agente patogeno si stabilizza, seconda possibilità. 3) Terza possibilità, all’interno di questo sistema l’agente patogeno si riproduce. Qui da voi, le piante energetiche, o le cosiddette colture energetiche, hanno un ruolo fondamentale, sono importanti, ma non dobbiamo dimenticare che il materiale di cui si compone la pianta contiene anche terra, polvere, escrementi animali, acqua di superficie, o 3 animali morti – che sono i cosiddetti vettori. Tutti questi fattori possono portare l’agente patogeno all’interno del sistema. Stiamo discutendo sull’ipotesi che alcuni componenti aggiuntivi tipo gli erbicidi chimici o gli antibiotici possano avere delle influenze, possano influenzare ciò che avviene all’interno del fermentatore. Ciò che invece comunque sappiamo è che la sanificazione non influisce sulle spore di clostridium botulinum, così come gli agenti patogeni scatenanti della tubercolosi sono anche in grado di sopravvivere, e poiché i processi di sanificazione sono estremamente complicati, spesso succede che non funzionano. All’interno del fermentatore i batteri fanno il loro lavoro, decompongono il materiale, effettuano la digestione in modo tale che venga prodotto biogas. Dobbiamo però ricordare che più del 90% dei batteri è assolutamente sconosciuto e che le loro interazioni non sono ancora note, e quindi dobbiamo tener conto del fatto che ogni fermentatore funziona come una ...?.... (vedi filmato su youtube), cioè differentemente da tutti gli altri e anche per quel che riguarda l’uso dei diversi materiali, cioè a seconda del tipo di materiale che viene miscelato all’interno, ci possono essere dei problemi meccanici di omogeneità dovuti alla miscelazione non corretta. Per esempio, sul fondo di questi fermentatori si sedimenta la terra e sopra si crea una specie di copertura flottante, e noi non siamo assolutamente in grado di dirvi cosa succede in questi due strati. Non abbiamo alcun modo, alcuna possibilità d’incidere o d’influenzare i rapporti e le interazioni che avvengono all’interno del fermentatore. Guardiamo adesso cosa succede (slide di fanghi), ad esempio, nel fondo di un fermentatore a due anni dalla sua messa in servizio: tutto questo sedimento è necessario estrarlo dal fermentatore, però la questione è sapere dove portarlo. Questo è il materiale, il terreno fertile, più idoneo alla moltiplicazione, alla generazione, del clostridium botulinum. Il prodotto liquido viene quindi stoccato, immagazzinato, e per quel che riguarda lo stoccaggio non vi è alcuna prescrizione riguardo alla temperatura di stoccaggio e il tempo di stoccaggio. Se guardiamo l’intero sistema, nel suo complesso, si pone questo quesito che va assolutamente spiegato e affrontato, e cioè il quesito legato alla pulizia, cosa fare, quale interventi effettuare in caso di perdite di ermeticità e alle eventuali avarie. Teniamo conto che tutti gli incidenti accaduti in Germania sono riconducibili comunque ad un errore umano. Quindi, in caso di incidente o di avaria ad un fermentatore, quando il fermentatore non funziona più, ciò diventa pericoloso, sia per il personale dell’impianto stesso che per l’ambiente, e per ambiente s’intende uomo – animali – piante. Ecco, questa è l’immagine (slide di un coltivatore che spruzza digestato sui campi) che raffigura al meglio la 4 stupidità o l’ignoranza di questo coltivatore che sparge il digestato pur sapendo che è assolutamente vietato. Infatti, il risultato è che tutto il suo miele è andato perso. Allora, vi presento alcuni risultati di laboratorio (slide) ricordandovi comunque che è molto difficile analizzare in laboratorio questo tipo di batterio. Quindi, quando voi vedete nella colonna del digestato che ci sono riscontri positivi, cioè presenza di botulino, significa che in quel caso c’è un grosso problema legato all’applicazione, cioè allo spargimento di questo digestato. Quando invece i risultati di laboratorio sono negativi, può essere che all’interno del digestato non vi sia nulla oppure che vi sia presenza di batterio che è però al di sotto del valore limite prescritto. Questa è un’altra analisi (slide) che è stata effettuata per dimostrare che all’interno del digestato vi erano agenti patogeni (nei confronti) pericolosi sia per l’uomo che per l’animale e che sono riscontrabili nelle diciture evidenziate in rosso. Cinque anni fa quest’analisi, questo studio è costato 100.000 Euro, oggi come oggi costa 2.000 Euro. E questo attesta l’evoluzione della moderna microbiologia. Non si tratta comunque di parlare solo del clostridium botulinum, ma esistono molti altri agenti patogeni la cui presenza è stata riscontrata all’interno dei digestati. Quindi, il nostro impegno e obbligo è quello di trovare una via di collaborazione con chi costruisce impianti di biogas al fine di effettuare delle analisi e degli esperimenti per evitare che gli agenti patogeni fuoriescano dal fermentatore. Credo che sia un pericolo per l’ambiente, e se così non fosse, quello che dobbiamo fare è rinunciare a questo tipo di tecnologia. APPLAUSI Domanda G. Santalmassi: Quanti impianti a biogas esistono in Germania? Quanti incidenti hanno provocato? Risposta Prof. Böhnel Ci sono circa 7.000 impianti a biogas in Germania. Questa è la mappa della loro concentrazione (slide). Gli impianti a biogas sono concentrati soprattutto nei territori, nei siti dove vi sono maggiori allevamenti di bestiame e maggiore agricoltura. Qui accanto vedete la mappa della Germania dove si vedono registrati i casi di oltre 1.000 aziende che sono state coinvolte in fenomeni di botulismo, anche se, a livello non ufficiale lui stima che ci siano più di 3.000 aziende nelle quali il botulismo si è presentato. E queste due mappe sono testimonianza del fatto che vi è un problema legato a questo tipo di tecnologia. Commento G. Santalmassi 5 (saltando dettagli riferiti alla raccolta delle domande). Il racconto che ci ha fatto il Prof. Böhnel, devo dire che è un racconto che noi già conosciamo. Che cos’altro è se non questo tipo di tragedia, quella che già si è vissuta non solo in Italia ma nel mondo della mucca pazza? Che cos’altro è se non il ripetersi di questa storia? Con una catena alimentare. ancora più complessa, ecc. ecc. Domanda fatta al Professore, letta da G. Santalmassi Il clostridium riguarda anche le centrali a biogas per il trattamento anaerobico della frazione organica? Prof. Böhnel Sì, forse anche di più. L’umido contiene l’alimento per i batteri Interviene il dott. Mocci dell’Isde Soprattutto il calore... Prof. Böhnel Dice che il calore non è... Dott. Mocci (medico ISDE) A 40 gradi, come fanno, stimola insieme all’umido la crescita della spora... Prof. Böhnel Diciamo che la crescita degli agenti patogeni avviene tra i 20 e i 45 gradi. I trattamenti vengono effettuati più o meno a 37 gradi H T T P : / / P O N T I N I A E C O L O G I A . B L O G S P O T . I T / 2 0 1 2 / 0 9 / I L - D I S A S T R O - D E L L E - C E N T R A L I - B I O G A S - C O S A . H T M L S A B A T O 2 9 S E T T E M B R E 2 0 1 2 li disastro delle centrali a biogas, cosa sta accadendo in Germania Centrali a biogas: ecco cosa sta accadendo in Germania ambiente / provincia / regione di Alessandro Marconi - 22 agosto 2012 MONTEFELCINO – Il presidente del comitato No Biogas ha inviato la traduzione di un interessante articolo comparso recentemente sul settimanale tedesco Der Spiegel che riguarda tutti i rischi e gli incidenti verificatisi in seguito all’inesperienza e negligenza nella gestione di impianti a biogas. Il Comitato si chiede: “Che esperienze hanno realmente queste ditte nella gestione di impianti a biogas? Come al solito siamo in una situazione dove non solo assistiamo alla solita sospensione di democrazia ma ancora una volta non viene offerta nessuna garanzia sulla capacità che queste persone hanno nel gestire questi impianti (viste le carenze e inesattezze progettuali direi che c’è poco da star tranquilli). Vorrei ricordare a questi signori che non si tratta di impianti fotovoltaici (come quelli che queste ditte hanno costruito fino ad oggi) che una volta allacciati funzionano senza bisogno di interventi costanti”. Di seguito il testo completo dell’articolo tradotto dal tedesco. Il sacrificio dei contadini Le taniche di fermentazione esplodono, gli escrementi o i resti di fermentazione fuoriescono avvelenando i ruscelli – quasi ogni settimana gli impianti a biogas vanno in avaria. Le colpe sono la negligenza e l’ignoranza (nel senso di non sapere) degli agricoltori. La corrente marrone ha distrutto nel giro di poche ore ciò per cui Ralph Gerken aveva lavorato anni. Nel mezzo della notte sono fuoriusciti dall’impianto a biogas 400 metri cubi di escrementi e digestato , scesi giù lungo un pendio, poi dentro un fosso e da lì riversati in un torrente in Bassa Sassonia (Rotenburg -Wümme). Il giorno dopo tutto il vicinato avverte una forte puzza. Purtroppo è già tardi: Gerken e i suoi colleghi pescatori riempiono secchi pieni di pesci morti, tra cui sanguinerole, lamprede, trote. Per anni Gerken e i suoi colleghi avevano tentato il ripopolamento ittico delle acque. A metà aprile, solo 10 giorni dopo, accade un altro incidente. Stavolta viene colpito un torrente vicino. Si stacca un coperchio da un silos ed escono 200 metri cubi di letame. Il Signor Gerken è frustrato, troppo spesso ha avvertito le autorità ma ogni volta nessuno si è sentito direttamente responsabile. Questa primavera anche in Baviera i pescatori hanno trovato una moria di pesci. Nella zona del Rottal-Inn (Bassa Baviera) sono accaduti negli anni passati ben 48 incidenti con gli impianti a biogas, presso i quali le acque sono state inquinate – scrivono i pescatori in una lettera aperta. Le colpe sarebbero l’incapacità degli operatori e la non sicurezza degli impianti. Per gli agricoltori gli impianti a biogas costituiscono per lo più un buon investimento. Dalle granaglie o dagli escrementi si genera elettricità e calore. Gli operatori con questa energia riscaldano la loro azienda agricola e riforniscono di elettricità la rete. Per ogni kilowatt si ricevono dei sussidi. Questi impianti in Germania sono circa 8000. In essi il concime è come oro; la trasformazione da agricoltore ad amministratore di energia è tuttavia difficile. Wolfgang Stachowitz vede incapacità e negligenza tutti i giorni ogni settimana. Questo ingegnere di Kiel lavora come perito di assicurazioni e organizza corsi di formazione sulla sicurezza. Durante le sue visite presso le aziende agricole vede a volte gli agricoltori comportarsi in maniera amatoriale, come se fossero hobbisti. Ha visto appiccicare tubi di plastica comprati al supermercato per la tubatura del gas del proprio impianto, oppure ha visto dipingere di vernice gialla i tubi diventati porosi a causa della luce solare. “Alcuni operatori sono sopraffatti con gli obblighi imposti da leggi e regolamenti, mentre altri non le conoscono affatto”, dice Stachowitz. “Alcuni vogliono tutto a buon mercato e rapidamente. “ In uno dei peggiori incidenti avvenuti finora in Germania sono morte quattro persone per avvelenamento. Un´autocisterna ha scaricato una melma di resti di maiali (dovrebbe trattarsi sempre di escrementi) in una pre–fossa nella quale si trovavano altri resti di fermentazione. Tale poltiglia ha avuto una reazione chimica dalla quale é fuoriuscito idrogeno solforato velenoso. Gli operai non sono stati in grado di chiudere lo sportello della fossa perché danneggiato. Più tardi la polizia ha misurato sul luogo dell’accaduto una concentrazione mortale di gas nel giro di pochi secondi. L’Associazione Biogas sottolinea che gli impianti sono sicuri se si gestiscono con responsabilità. Ma esattamente questo sembra mancare. Già nel 2010 l’Associazione Biogas scriveva in un rapporto: “Con il numero crescente di impianti biogas aumenta sfortunatamente anche il numero di incidenti, incendi ed altri inconvenienti. Un cartello di avvertimento riguardo i rischi dei motori roventi per il calore sottolinea il possibile dilettantismo esistente tra certi operatori. Questa nota dice: ”il vano del motore non dovrebbe essere utilizzato come uno stendibiancheria per abiti da lavoro”. Alcuni gestori di centrali biogas dimostrano, nei fatti, una incredibile noncuranza. Naturalmente anche gli agricoltori sanno in linea di principio che il biogas è altamente infiammabile – solo che alcuni di loro sembrano dimenticarsene. Una volta, in inverno, un agricoltore decise di scongelare un fusibile ghiacciato del suo impianto di biogas con l’aiuto di un asciugacapelli. Questa non fu affatto una buona idea: il fermentatore andò a fuoco. Non ci sono dati ufficiali su quanti incidenti accadano effettivamente presso gli impianti a biogas, i danni non vengono registrati in maniera centralizzata. Solo negli ultimi quattro mesi, però, sono documentati cinque incidenti in cui stallatico e digestato si sono riversati nei ruscelli uccidendo ogni specie vivente. In un incidente accaduto nei pressi di Halle (Westfalia) il patrimonio ittico è stato per 4,5 km quasi completamente annientato, come ha accertato un perito in seguito. Ci vorranno almeno tre anni affinché le acque possano recuperare, afferma il perito. L’Associazione per la Protezione e la Conservazione della Natura (NABU) ritiene che ogni anno si verificano tra i 40 e i 60 incidenti. Stime più prudenti parlano di un range che va dai 15 ai 30. La maggior parte di questi incidenti si potrebbe evitare se i gestori delle centrali e gli agricoltori fossero più attenti. Un rapporto della Commissione sulla Sicurezza degli Impianti descrive la condizione in cui si trovano molte centrali. Periti ed esperti hanno preso in esame 159 impianti di biogas prima che questi entrassero in funzione. L’80 per cento di essi presentava gravi difetti: rilevatori di gas mancanti, operatori che avevano sigillato fessure dei pozzi neri con il silicone; tubi di scarico bollenti che correvano sotto soffitti in legno. A cosa può portare la negligenza si è visto nell’impianto situato vicino la città di Allgäu, dove il gas è fuoriuscito dal fermentatore e poi si è riversato tutto nella sala controllo. E’ bastata una scintilla per incendiare la miscela. La relazione del perito assicurativo è stata: “il vano del motore e la cisterna del gas sono stati collocati in un unico edificio piuttosto che essere tenuti a sei metri di distanza l’uno dall’altro come previsto”. Errori di statica sono stati la causa della catastrofe biogas a Riedlingen nella zona di Biberach. Appena due giorni dopo la messa in funzione dell’impianto, il fermentatore alto 22 metri e largo 17 non ha retto la pressione interna. 4000 metri cubi di digestato sono fuoriusciti riversando un mare di liquami. Il fiume di sporcizia ha divelto una stazione di trasformatori. Un arco voltaico (detto anche arco elettrico) ha infiammato i gas in aumento – ci sono state diverse esplosioni, escrementi e macerie sono volati a centinaia di metri. I danni sono ammontati a milioni di Euro. In particolare, i gestori agricoli sembrano sopraffatti da una situazione legislativa che non è chiara “, dice Thomas Schendler del KAS. Il punto non è la mancanza di regole. Il problema è piuttosto che ce ne sono troppe. Ogni provincia ha una propria regolamentazione e oltre a ciò si aggiungono le varie leggi federali. Questi regolamenti tutti insieme riempiono diversi raccoglitori. Spesso solo un esperto riesce a capire e interpretare. L’Associazione Biogas indirizza volentieri verso corsi di formazione. Lì i gestori di centrali possono apprendere tutto su: biogas, quantità che possono diventare letali, creazione e gestione di piani di emergenza, come i vigili del fuoco debbono essere informati. Tuttavia questi corsi non sono obbligatori. Il Signor Stachowitz ritiene che alla fine sarà probabilmente di aiuto avere una sorta di “patente di guida” per i gestori di impianti di biogas, dovrebbe funzionare come l’esame per guidare la macchina – dice Stachowitz. http://www.ilmetauro.it/citta/provincia/centrali-a-biogas-ecco-cosa-sta-accadendo-ingermania. html LINK ARTICOLI – VIDEO – COMITATI CONVEGNO MANZIANA 24 NOVEMBRE 2012 “CENTRALI A BIOGAS E A BIOMASSE: SCELTA ECOLOGICA O ECOTRUFFA?” PROF. GIANNI TAMINO Biogas o Biofregatura? Gianni Tamino -­‐ Nogara 24/10/2012 http://www.youtube.com/watch?v=MYLxFaaRPg8&feature=related Altri video conferenze del Prof. Gianni Tamino sono rintracciabili su Youtube. CONFERENZA MEDICI ISDE "CENTRALI A BIOMASSE: IMPATTI E PERICOLI PER L’AMBIENTE E LA SALUTE” http://www.youtube.com/watch?v=rmhEUrigzFQ, http://www.youtube.com/watch?v=dRS4nPdMFBg, http://www.youtube.com/watch?v=b9XGK1e5SNM, SITO BIOGAS http://sgonfiailbiogas.blogspot.it/ SITO PROF. MICHELE CORTI www.ruralpini.it LINK ARTICOLO CONVEGNO CAPALBIO CON PROF. HELGE BOHNEL – 13/10/12 http://www.ruralpini.it/Documenti18.10.12-­‐Botulino-­‐Boehnel-­‐Biogas.htm VIDEO INTERVENTO PROF. HELGE BOHNEL A CAPALBIO – 13 ottobre 2012 Clostridium botulinum e incidenti centrali a biogas in Germania http://www.youtube.com/watch?v=1a5bafIqsSM http://www.youtube.com/watch?v=66xcc9BPytc http://www.youtube.com/watch?v=JhaCCXEKIQU LINK COMITATI http://comitatibiogas.wordpress.com/ www.rifiutizerofiumicino.it www.comitatoterranostra.org http://www.nocoke.org/altolazio/ salviamo.bracciano@gmail.com www.salviamoilpaesaggio.it comitatoambientecapranica@gmail.com nobiogassoriano@libero.it http://antidiscarica.wordpress.com/ inforzvalcanneto@gmail.com vivereinsalute@gmail.com

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