giovedì 18 ottobre 2012

l'acqua che piace ai politici della casta


Latina Oggi, Giovedì 18 Ottobre 2012

Ecco l’elenco (finanziario) che impedisce alla classe dirigente di controllare gli sprechi
L’acqua che piace ai politici
Tutti i più noti esponenti dei partiti sono «passati» dentro la spa del servizio idrico
PER anni il Comitato Acqua Pubblica ha cercato di smascherare gli errori sui conti di Acqualatina e i loro effetti sulle bollette idriche. Spesso è riuscito nell’intento ma adesso l’assist migliore arriva da un ex amministratore della società delle acque, Gerardo Stefanelli, assessore provinciale all’Ambiente e esponente di primo piano dell’Udc. E’ lui che in questi giorni ha parlato di «clientelismo » a proposito di ciò che accade nelle società a capitale misto come quella che ha amministrato.  

«CHI meglio di un ex consigliere di amministrazione di Acqualatina può spiegare cosa si intendeva o si intende ancora oggi per clientelismo? » Da ieri il capo del comitato acqua pubblica, Alberto De Monaco, ha deciso di «dare la caccia» all’assessore Stefanelli, il quale effettivamente si è un po’ sbilanciato affossando le società partecipate da capitali pubblici e privati e invocando il passaggio alla privatizzazione totale dei servizi. «L’assessore quando parla di clientelismo - dice De Monaco - deve delle risposte e deve dire tutta la verità perché il suo partito, l’Udc, lo ha messo a fare il consigliere di amministrazione di Acqualatina dal 28 luglio 2006 al 3 agosto 2009 e per questo ha ricevuto un compenso di oltre centomila euro. L’assessore ci dica adesso quali sono i clientelismi politici che ha riscontrato in Acqualatina, poiché attraverso la società delle acque è possibile veicolare ampio consenso politico elettorale. Le istituzioni competenti ora facciano chiarezza attraverso un’indagine esplorativa così saremo tutti contenti di sapere che non ci sono acque ‘inquinate’. E’ innegabile infatti che finora Acqualatina ha goduto di una tuattraverso tela politica trasversale e bi-partisan: da un lato una maggioranza politica che l’ha sempre sostenuta favorendola attraverso deroghe, rinvii e sviste sugli obblighi contrattuali e tariffe esose e fuori legge, dall’altro un’opposizione che non ha giocato il ruolo di controllore politico». Ma perché mai i partiti dovrebbero controllare ciò che fa la società di gestione del servizio idrico, che ha un bilancio di oltre 60 milioni di euro? Non c’è alcuna ragione. Anzi esiste l’interesse contrario poiché dai bilanci stessi della società si evince che negli ultimi dieci anni tutti i partiti, tuattraverso i loro delegati nel cda, hanno incassato tesoretti proporzionati al loro numero di voti (e clientes). Sulla base di quanto inserito nei bilanci della spa alla voce consiglio di amministrazione risulta infatti che i Ds (oggi Pd) hanno avuto, per tramite dei delegati, 143mila euro, Alleanza Nazionale (oggi nel Pdl) 406mila euro, Forza Italia (oggi nel Pdl) poco meno di 1,2 milioni di euro, l’Udc 632mila euro. Il campione di incassi è stato l’ex ad Silvano Morandi (in quota ai privati di Veolia) che per tutta la durata del suo mandato è costato alle casse della società e alle bollette di tutti 720mila euro; lo segue Raimondo Besson, considerato un uomo del Pd ma nel consiglio di amministrazione in quota ai privati che è costato 697mila euro. Poi ci sono i «campioni» di parte pubblica: svetta Claudio Fazzone (461mila euro) e, a seguire, Giuseppe Simeone (345mila euro), Candido De Angelis, ex sindaco, oggi senatore Pdl (143mila euro), Armando Cusani, che è stato nel cda nel 2003 e in parte nel 2004 (73mila euro), Mario Renzi dei Ds (143mila euro), Onorato De Santis, di An (114mila euro), Giovanni Terlizzo, di An (poco meno di 145mila euro), Giuseppe Addessi di Forza Italia (poco meno di 111mila euro), Antonio Ianniello dell’Udc (circa 43mila euro), Gerardo Stefanelli dell’Udc (poco meno di 115mila euro). Tutti i maggiori esponenti dei partiti di governo sono passati dentro il consiglio di amministrazione di Acqualatina e ci hanno guadagnato. Poi, casualmente, le bollette in quegli stessi anni sono aumentate ma questo ovviamente è un dettaglio. Quasi il 94% dei compensi a consiglieri di quota pubblica sull’intero ammontare dei costi del cda è andato a finire nelle tasche di uomini del centrodestra. Ed è un dato matematico. Un «brutto» giorno del 2006 quelli del cda della società si sono resi conto che gravare sul bilancio per la scandalosa cifra di 741mila euro l’anno era troppo e hanno cominciato ad abbassare i loro compensi. Così il consiglio nel 2006 costò complessivamente 703mila euro, nel 2007 altra riduzione e si andò a 496mila euro, nel 2008 si passa a 428mila euro e nel 2009 a 322mila euro e spiccioli, tetto invariato anche negli anni seguenti, compreso quello in corso. 

Graziella Di Mambro 

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