martedì 11 settembre 2012

Pecoraro: non c'è il controllo della criminalità nel litorale pontino


i Cittadini contro le mafie e la corruzione
Associazione di volontariato
Codice Fiscale 91093690591
Tel.3925602814 COMUNICATO STAMPA Roma 11.09.2012

Il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, nel suo recente intervento agli stati generali della legalità organizzati nella Capitale dai sindacati ha affermato che : "C'é su Roma un accordo tacito tra le mafie per evitare atti di violenza"...Nella capitale c'é spazio per tutti ed è quindi meglio per i “ boss” non attirare l'attenzione delle forze dell'ordine e della magistratura e non creare allarme sociale". A preoccupare il procuratore è la immensa disponibilità di denarò che la criminalità organizzata riesce a muovere attraverso l'economia.Secondo Pignatone "La città di Roma vede crescere esponenzialmente la massa di denaro di dubbia origine che viene reinvestita sul territorio. A Roma esistono imponenti fenomeni di evasione fiscale, criminilità economica e frodi, e si osserva una lunga serie di grandi fallimenti che muovono quantità immense di denaro: su questo non c'è,secondo il nuovo procuratore capo di Roma, consapevolezza di quanto sia importante contrastare il fenomeno".
Oggi nella riunione provinciale dell’ordine e della sicurezza,tenutasi dopo gli omicidi di mafia a Nettuno e a Terracina di due esponenti di spicco della camorra campana, il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro sostiene in un’intervista riportata sulla cronaca romana on line di un noto quotidiano nazionale: "Nella capitale non c'é controllo militare da parte delle associazioni mafiose ma esiste una criminalità economica" ed aggiunge che agiscono piccole bande criminali.
Pur con grande rispetto per le posizioni del prefetto Pecoraro, Antonio Turri, presidente dell’Associazione “I Cittadini contro le mafie e la corruzione” sostiene che è tutto sottoscrivibile,meno il fatto,purtroppo che in molta parte della provincia di Roma non ci sia il tentativo ed il reale pericolo di un controllo territoriale, seppur a macchia di leopardo,delle mafie,anche di tipo militare in zone e quartieri della Capitale .
Secondo Turri:” In particolare a Roma e in altri centri del Lazio,come Aprilia, Pomezia, Nettuno, le mafie sono anche oltre la fase del radicamento. Contaminano settori della criminalità organizzata autoctona fondendosi con essa e ,seppur ancora a macchia di leopardo, in quartieri come ad esempio Tor bella Monaca, Nuova Ostia e in altre periferie romane,attraverso il controllo dei traffici delle sostanze stupefacenti o della prostituzione incutono paure ed omertà tra i cittadini residenti. I tanti omicidi consumati con modus operandi mafioso nel 2011 nella Capitale,molti dei quali irrisolti, sono stati il sintomo che quando sopraggiungono contrasti le mafie e la criminalità organizzata,anche straniera, uccide e manda messaggi che parlano “più ai vivi che ai morti”.
Sul litorale romano le presenze di alcuni clan storici della malavità romana e di famiglie mafiose stanziali da moltissimi anni hanno ingenerato elementi di omertà tra chi opera nei settori del commercio e rischiano di contaminare altri importanti pezzi dell’economia.
Ad Ostia e lungo gran parte del litorale romano la Dia e le Forze di Polizia segnalano da anni l’agire dei clan Senese,Fasciani e Cuntrera Triassi, che sono stati capaci si di convivere tra loro ma anche di contaminare pezzi della criminalità autoctona, in particolare quelli cresciuti all’ombra degli ex boss della Magliana.Quando alcuni dei delinquenti locali hanno invaso settori criminali altrui sono stati spietatamente eliminati, come nel caso dell’esecuzione di Francesco Antonini e Giovanni Galleoni due pregiudicati considerati dalla polizia boss locali emergenti di Ostia,già legati alla banda della Magliana,trucidati il 21 novembra 2011 sotto la loro abitazione.
I molti boss e familiari al seguito che risiedono nella Capitale e in molti centri della provincia romana non smettono certo di continuare a svolgere il loro mestiere: quello del mafioso. Secondo Turri :"Usura e Racket, tratta degli esseri umani,sfruttamento della manodopera nell'edilizia e nell'agricoltura e nei servizi a Roma e nel Lazio,in particolare nelle comunità straniere sono emergenze che rimangono parzialmente esplorate.

Non puo’ essere redatta una corretta mappa del crimine nella Regione Lazio senza tentare di analizzare gli errori di analisi perpetrati negli anni passati dove si è ritenuto, erroneamente, che il problema maggiore sul fronte delle infiltrazioni e del radicamento delle mafie riguardasse esclusivamente o in gran parte solo il sud della Regione rispetto all’area nord ed in particolare la Capitale. Va da se che questo è stato ingenerato per lo più dalla carica mediatica assunta dalla vicenda del richiesto scioglimento del comune di Fondi. Ad amor del vero la caratura criminale effettiva dei boss di quell’area, rimasti coinvolti nella vicenda,non è inferiore rispetto a quella dei boss che operano nell’area di Aprilia,Nettuno,Pomezia e Roma sino a risalire a Civitavecchia.
Queste considerazioni sono semplicemente il frutto delle analisi dei fatti e il tutto è contenuto negli archivi delle caserme dei Carabinieri, della Polizia e della Guardia di Finanza della Regione Lazio, dove i fascicoli contengono i profili criminali dei Boss mafiosi che operano o vivono nei centri del Lazio.
Ebbene quelli a maggior spessore criminale e con il più consistente curriculum sono tutti stanziali a nord della Regione, a titolo di esempio gli Alvaro ad Aprilia e a Roma, i Gallace Novella a Nettuno, i rappresentanti della mafia catanese dei Santapaola a Pomezia e sui Colli Albani,il clan Senese nei quartieri di Ostia, i clan della mafia autoctona dei Casamonica nell’area a sud di Roma. In questa triste graduatoria delle priorità lascia sconcertati il fatto che i media sottovalutino la presenza a Tarquinia del clan Piromalli e di altre famiglie minori della ‘ndrangheta calabrese che operano lungo tutta la costa tirrenica da Ostia sino a Montalto di Castro infiltrandosi nella province toscane. A Santa Marinella si è resa preoccupante ed invasiva la presenza del clan camorristico dei Di Lauro,mentre a Cerveteri e Ladispoli è attiva la mafia dei Pulvirenti notoriamente legati ai Santapaola di Catania. A Civitavecchia è segnalata la presenza ingombrante dei clan siciliani dei Rinzivillo, che hanno grandissime disponibilità di capitali, e che sono capaci di condizionare grandemente l’economia legale. Sempre a Civitavecchia e da qui verso il nord è segnalata da anni la presenza operativa dei clan della camorra napoletana dei Cavalieri e dei Gallo.Come si vede non c’è da star tranquilli.Per quanto riguarda inoltre la presenza dei clan della camorra casertana, in particolare quella dei casalesi, è oggettivo il fatto che sono maggiormente radicati nella città di Latina mentre la loro capacità di investimento nel settore dell’edilizia è da alcuni anni particolarmente aggressiva nella provincia di Roma.
Turri continua sostenendo che:”Investimenti consistenti del clan Mallardo di Giugliano e della potente camorra egemone nelle aree a nord di Napoli,sono stati effettuati si nel sud pontino ma in maniera altrettanto consistente a Lariano, in altri centri della provincia di Roma ed in regioni a nord del Lazio I giornalisti della Capitale che si occupano di inchieste sanno bene quali difficoltà si incontrano a far parlare testimoni e cittadini dei quartieri romani o del centri del litorale laziale sulla presenza ingombrante delle famiglie criminali che stanziano su quei territori e quanto l’humus dell’omertà e della paura cominci a farsi strada.
Se si continua a non prendere atto di quanto sta avvenendo corriamo il rischio di non mettere in moto le dovute contromisure” Spiace dirlo ma le mafie puntano a Roma da almeno un ventennio ed il tempo di andare oltre le commissioni di studio ed analisi…I boss e i loro familiari e seguito criminale sono stanziali nel Lazio da anni e da qui risalgono la penisola contaminando economie e società”.
Quello che è auspicabile che dopo i fatti gravissimi di Terracina e Nettuno la politica non ripercorra i vecchi errori,quelli cioè di dividersi e di fare della lotta alle mafie terreno di scontro politico su presunte e mal dimostrate superiorità ideologiche e morali di quella o quell’altra parte politica.Le mafie e la cultura mafiosa vanno combattute perché portatrici di morte e di povertà economica per tutto il Paese.
Quindi è interesse di tutti combatterle e avviare sul territorio quei processi virtuosi di investimento,in particolare sulle giovani generazioni, affinchè nei confronti delle mafie si faccia terra bruciata. Sarebbe un colpo mortale alle mafie se le Istituzioni,la Politica e i Cittadini su questa emergenza trovassero l’auspicabile unità d’intenti.
L’antimafia deve essere un patrimonio condiviso. L’antimafia non è né di destra né di sinistra è un’esigenza del nostro Paese.

Dr. Antonio Turri
Presidente dell’associazione “I Cittadini contro le mafie e la corruzione”

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