lunedì 6 febbraio 2012

discarica di Borgo Montello: quello che c'è da sapere

dal sito di legambiente
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parte prima
DISCARICHE DI BORGO MONTELLO – BAINSIZZA

Tutto quello che c’è da sapere e nessuno, o quasi, vi ha mai detto!



Situazione e personaggi.

Quello racchiuso in queste pagine, è il riassunto di 20 anni di osservazioni, denuncie, esposti e manifestazioni su una vicenda inquietante, che evidenzia in modo netto, come questa provincia sia diventata e tutt’oggi è, una "zona franca" sotto il profilo giudiziario e soprattutto amministrativo, dove i confini tra il lecito e l’illegale, tra l’affare economico e l’affare politico esiste una larga fascia di interscambio che apparentemente nessuno conosce, ma di cui tutti (o quasi) i soggetti interessati sanno "qualcosa" e forse di più.

Questa vicenda coinvolge situazioni giudiziarie a carattere nazionale che stranamente hanno interessato questa provincia e l’area metropolitana a sud di Roma, solo marginalmente e per fatti occasionali.

In questa storia sono entrati a fase alterne, alcuni personaggi chiave:

- Un palermitano trapiantato a Roma, ufficialmente risultava un semplice impiegato, entra in tutti i passaggi chiave iniziali della vicenda, come referente per la costituzione delle numerose società che erano interessate al ciclo di smaltimento e di conferimento alla discarica di Borgo Montello-Bainsizza: la principale di queste società (la Global Service), alcuni anni fa, è stata fatto oggetto di alcuni attentati di chiaro stampo mafioso presso il deposito di Fondi (LT). La stessa società gestiva il servizio di raccolta a Nettuno. L’altra società significativa costituita da questo personaggio era la Ecotecna, di cui si parlerà diffusamente in questo documento.

- Il figlio di un agricoltore di Nettuno, quest’ultimo proprietario insieme al cognato di un terreno agricolo coltivato a vigna nei pressi di Borgo Montello - Bainsizza, dove, attraverso smaltimenti occasionali (all’inizio), si è realizzato l’unico sito di smaltimento dell’intera provincia di Latina; il figlio di quell’agricoltore è stato condannato in primo grado per traffico illecito di rifiuti a seguito dell’operazione "Land cleaning" che, come aveva evidenziato Legambiente nazionale, ha rappresentato una delle operazioni chiave, che ha definito lo scenario di infiltrazione del clan dei Casalesi nella nostra regione.

- Un "imprenditore" originario della provincia di Foggia, già amministratore della Ind.eco e della Ecotecna (quest’ultima gestiva la discarica di rifiuti industriali a Borgo Montello – Bainsizza) e della Ecomont (società a suo tempo proprietaria degli immobili); risultava essere il cugino dei mitici fratelli Pisante già ampliamente coinvolti nelle vicende di Tangentopoli (a seguito delle quali è stato condannato anche il "fratellino" del Cavaliere, Paolo Berlusconi, che ha dovuto rimborsare oltre 100 miliardi di vecchie lire): la società Acqua dei Pisante risultò per un periodo azionista della Indeco (discarica RSU). Questo "imprenditore è stato anch’esso condannato dal Tribunale di Latina per alcune situazioni di smaltimento irregolare accertate dalle Guardie Provinciali. Fu impegnato in una battaglia giudiziaria con altre società fantasma (gestite a suo tempo dal palermitano su indicato) per l’acquisizione del terreno confinante con i bacini di coltivazione della discarica che è in fase avanzata di esaurimento: una di queste società, la Agrimod srl è stata messa in liquidazione a seguito di un’ispezione amministrativa che ha accertato l’irregolarità dei libri contabili, ma soprattutto l’inesistenza di operazioni di qualsiasi tipo (oltre all’assenza di dipendenti). L’unica operazione eseguita dalla società, è risultata proprio l’acquisto di quel terreno, che, guarda caso, era l’unico luogo dove poteva sorgere il nuovo bacino di coltivazione dell’unica discarica esistente in provincia (siamo alla metà degli anni novanta). Il battagliero liquidatore della società (un giovane commercialista nominato casualmente dal Tribunale di Roma), aveva deciso di non cedere alle numerose e "pressanti" richieste di acquisto da parte dell’imprenditore foggiano, e di portare a conclusione la liquidazione con la vendita all’asta dell’immobile.

L’operazione fu il classico "inghiottitoio carsico"; scomparve nel nulla per poi riapparire qualche anno dopo, altrettanto dal nulla.
Dal vigneto ai gabbiani: cronologia della vicenda.

All’inizio era una azienda agricola coltivata a "tendone", la forma di coltivazione della vite importata nella zona dai reimmigrati dalla Libia e dalla Tunisia dopo la seconda guerra mondiale.

Tra i dossi e i rilievi della campagna a ridosso del fiume Astura, c’erano avvallamenti e anfratti idonei per far scaricare qualche camion di immondizia: il sito è stato utilizzato dal Comune di Latina fin dagli anni cinquanta: proprio per questo motivo la zona è stata definita "dell’Intossicata" da abitanti della zona.

Come da copione tutta l’area è interessata da un’intensa attività estrattiva, soprattutto di cave di pozzolana, ed è situata nel triangolo compreso tra Latina, Pomezia ed Anzio-Nettuno (inclusi i Comuni di Ardea, Cisterna di Latina e soprattutto Aprilia), dove si trova la più alta concentrazione di industrie chimico-farmaceutiche del nostro paese: tra i 18 impianti vi sono tutte le maggiori multinazionali chimiche che operano in Italia.

Proprio intorno ad Aprilia si è verificata nei decenni un’intensa attività di smaltimento selvaggio; esistono decine e decine di ettari di terreno dove sono stati sotterrati fusti con rifiuti altamente inquinanti del cui esito non se ne sa più nulla.

Pare che questa attività sia stata gestita direttamente da due funzionari del Comune di Aprilia e da un faccendiere, finito ammazzato nel 1990. Per quest’omicidio è stato prima arrestato e condannato in primo grado un ex assessore all’Ambiente del Comune, poi assolto in appello. Il primo funzionario in questione invece, sarebbe un parente stretto dei mitici cugini Salvo di Palermo. Questi nomi si ritrovano in una lettera indirizzata al Sindaco di Aprilia, scritta dalla proprietaria di un terreno che era stato utilizzato a questo scopo con l’intercessione diretta dei due: la signora è stata successivamente minacciata pesantemente ed ha avuto la propria vita pesantemente condizionata da tale situazione.

Proprio in contemporanea allo sviluppo di queste vicende, con una stranissima procedura che analizzeremo nel seguito di questo documento, l’allora Presidente della Giunta della Regione Lazio (che poi cambierà mestiere e diventerà amministratore di società che gestiscono discariche) attraverso un’apposita "ordinanza", autorizza (anzi "ordina") ad una fantomatica società che aveva acquistato dei terreni di fianco alla discarica per i rifiuti solidi urbani, di esercire una attività di discarica per i rifiuti speciali e per tossico nocivi di origine industriale. Attraverso un giro di certificazioni ad hoc, nella discarica viene smaltito di tutto: con una specifica convenzione per realizzare queste certificazioni, entra ufficialmente in scena una società di Torino che risulta inquisita in numerose inchieste in giro per l’Italia.

L’ulteriore cosa strana è che questa discarica per rifiuti industriali, diventerà l’unica ad essere autorizzata in tutta la Regione Lazio: successivamente, a seguito degli incessanti controlli da parte della Polizia Provinciale, verrà chiusa e di nuovo non si sa dove vanno a finire le enormi quantità di rifiuti che quotidianamente vengono prodotti in zona.

Nel frattempo continuava ad agire sulla scena un parlamentare socialista (lo stesso partito dell’allora Presidente della Regione Lazio), di cui erano noti i rapporti personali con gli allora proprietari della discarica .

Nel 1993 avviene uno strano episodio: gli rubano l’auto con tanto di borsa con documenti "scottanti" all’interno.

L’auto verrà ritrovata intatta poco tempo dopo, ed ancor più intatta era una borsa piena di documenti riservati che vi si trovava all’interno all’atto del "furto": risultò così che la stessa auto, il cellulare del senatore e lo stipendio dell’autista erano "regolarmente" intestate alla società che gestiva la discarica di Borgo Montello – Bainsizza.

Anche di questa vicenda non se ne è saputo più nulla.

Così come non se ne è saputo più nulla di un’altra "scottante" vicenda; il sotterramento di un quantitativo imprecisato di fusti contenenti rifiuti altamente pericolosi.

L’allora capo della Digos di Latina, asseriva anche di non essere in grado di formulare alcun capo di imputazione preciso, a capo degli indagati, a causa del fatto che i numerosissimi interrogatori effettuati non avevano dato alcun esito; infatti, erano state sentite quasi quaranta persone, interrogate a seguito di un esposto effettuato da un dipendente licenziato, che sosteneva di aver interrato nottetempo centinaia di bidoni di origine sospetta, presumibilmente riferiti al carico della "Zenobia", la nave dei veleni.
Le "sistematiche" emergenze.

Di proroga in proroga (rinnovate ogni due mesi) si arriva alla fine del 1988 e nonostante il bacino (S2) fosse in avanzato stato di esaurimento e non si vedeva all’orizzonte una concreta possibilità di continuare l’attività, la Pro.Chi cede l’impresa alla Guastella Impianti di Roma che dopo circa un anno verrà incorporata dalla Ecomont. Quest’ultima società, che originariamente si chiamava SO.RE.G.IN (Società Realizzazioni Gestioni Industriali), era stata costitutita da un operaio e un commercialista (capitale sociale 20 milioni) presso lo studio di un notaio di Roma: questo studio notarile si trova nello stesso palazzo dove abita il palermitano su indicato che, insieme ad altri prestanome, nell’ottobre 1989, sempre presso lo stesso Notaio, costituisce la società "Ecotecna Trattamento Rifiuti", la quale dopo poco tempo verrà incaricata di gestire la discarica per rifiuti industriali.

Ancora presso lo stesso notaio, l’anno successivo viene registrato l’atto di incorporazione della Guastella Impianti da parte della Ecomont: una società con pochi milioni di capitale sociale era così divenuta proprietaria di quasi 80 ettari di terreno e di tutte le lucrose attività che vi si esercitavano.

Su quell’atto di incorporazione Legambiente di Latina ha presentato un dettagliatissimo esposto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Latina, con prove documentali fotografiche.

Ha seguito dell’esposto, l’attuale Presidente della Legambiente di Latina, è stato personalmente convocato il 19 Aprile ‘95, dal PM Pietro Allotta come persona informata dei fatti ed ha consegnato il materiale fotografico di cui era in possesso, che aveva scattato durante una ricognizione aerea sopra la discarica, alcuni anni prima. Il PM ha potuto procedere (lo impone la legge) solo per i reati specifici evidenziati nell’esposto: tutti gli immobili esistenti presso l’impianto risultavano essere abusivi, ed uno in particolare risultava esser stato "sanato" prima ancora di esser stato costruito e le foto lo dimostravano. I dettagli di questa storia, verranno illustrati di seguito in questo documento.

Proprio durante il periodo della formazione e la trasformazione di queste società, si verificarono ulteriori fatti importanti: tra il 1988 e 1990, progressivamente vengono fatte chiudere le altre due dicariche esistenti nella zona (entrambe insistenti nel Comune di Aprilia), proprio mentre le forze dell’ordine cominciavano ad effettuare ripetuti sequestri delle dicariche abusive per i rifiuti industriali su indicate; queste due discariche furono chiuse a seguito di un atto intimidatorio perpretato ai danni dell’allora sindaco di Aprilia, il quale non intendeva assoggettarsi alla regola spartitoria decisa a livello politico, che assegnava la Provincia di Latina ad un determinato partito e la provincia di Frosinone ad un altro, altrettanto determinato partito: stante i fatti degli ultimi mesi (vedasi esito del Consiglio Comunale di Latina del 7 febbraio 2005), quella logica spartitoria sembra tutt’oggi vigente.

Con la chiusura delle discariche di Aprilia, l’impianto di Borgo Montello rappresentò l’unica possibilità di smaltimento per tutti i comuni a sud di Roma e per l’intera provincia di Latina, determinando un "potere contrattuale" pressochè illimitato per la proprietà dell’impianto.

Gli effetti si fanno sentire subito tra la fine del febbraio e l’inizio di aprile del 1989; prendendo come spunto un parziale sequestro dell’impianto effettuato dal pretore Barbara Callari, mentre era in fase di esaurimento il bacino di coltivazione e non avendo ancora ottenuto l’autorizzazione per il nuovo bacino (S2) già costruito, la proprietà dell’impianto decide di non accogliere per alcuni giorni i rifiuti, determinando una situazione di emergenza e un #CENSURA#ggiamento di responsabilità tra il Sindaco di Latina e il Presidente della Giunta Regionale.

Neanche a dirlo, la vicenda finisce a tarallucci e vino: il Presidente della Regione, dopo alcuni "tentennamenti" pilotati, firma l’ordinanza per l’utilizzazione dell’S2 (che aveva una capacità tripla rispetto al primo bacino) ed un inpianto pressochè esaurito recupera d’incanto una valenza economica molto rilevante.

Siamo al 30 Ottobre 1989, quando quattro operai, una casalinga, uno studente e due impiegati (tutti residenti a Roma) danno vita presso presso il solito notaio (sempre a Roma) alla società Ecotecna Trattamento Rifiuti S.R.L.; Capitale sociale 20 milioni; sede legale: Via del Bosco n° 38 a Borgo Bainsizza - Latina, cioè presso un podere già a suo tempo abbandonato, che si trova a circa 200 metri in linea d’aria dall’esistente discarica per RSU.

Tra questi "soci fondatori" della società, troviamo alcuni personaggi che si collegano ad altri nomi interessati ed interessanti per il collegamento di questa storia con altre vicende. Tra i quattro operai si trova infatti, un tizio, presumibilmente fratello di uno dei due soci fondatori della Ecomont (la società che poi diventera proprietaria dell’immenso patrimonio immobiliare interessato dagli impianti), segno evidente che vi era una forma di cooptazione di prestanome reclutati per "gemmazione familiare".

Inoltre, tra i fondatori di questa società, troviamo uno studente, figlio di un ingegnere che è rimasto impigliato in alcune indagini sulla discarica di Malagrotta, che poi diventerà l’amministratore delegato della Ecotecna prima dell’avvento dell’imprenditore foggiano. Questo ingegnere risultava come direttore dei lavori per un piano di Bonifica della vecchia discarica comunale (abbandonata dal 1987 presso lo stesso sito, sulle sponde del Fiume Astura), presentato da una società di Roma, che poi è stato finanziato dall’Unione Europea, per uno studio comparativo di siti contaminati gestito dall’ENEA e dalla UNICHIM: tra il gruppo di imprese che partecipano a questo studio vi è anche la Servizi Industriali (società che fà riferimento al gruppo FIAT) il cui rappresentante legale a suo tempo era un soggetto piemontese che dal 27 Settembre 1993 era divenuto consigliere di amministrazione della stessa Ecotecna (smaltatrice di rifiuti industriali).

Particolare curioso ma estremamente significativo della vicenda, collegato sempre a questo ingegnere è la presenza dello stesso negli organismi direttivi dell’U.R.I.A. (Unione Romana Ingegneri e Architetti) di cui era presidente l’Ing. Filippo Fiorentini che, come un coniglio uscito dal capello del prestigiatore, è stato nominato Assessore all’Ambiente del Comune di Latina nel 1993 (poi dimissionario-to nel’96 a seguito di ulcune inchieste per reati amministrativi) dalla prima giunta Finestra; come noto, in tale veste (di Assessore), il Fiorentini fu il primo a proporre l’idea ed esercitò ogni tipo di pressione per la realizzazione del termoinceneritore nello stesso sito della discarica.

Naturalmente il personaggio chiave per la costituzione dell’Ecotecna è stato il palermitano trapiantato a Roma, personaggio molto produttivo nel costituire società e cooperative che hanno avuto l’assegnazione di appalti per la gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani della provincia di Latina e della provincia di Roma; alcune di queste società si sono occupate anche di intermediazioni nel traffico dei rifiuti. La più importante di queste società, la Global Service srl, ha gestito il servizio di raccolta dei rifiuti a Nettuno (RM) e a Fondi (LT) dove è situato uno dei più grandi mercati ortofrutticoli italiani.

Questa ditta è stata oggetto di numerosi attentati, l’ultimo dei quali ha distrutto buona parte del parco vetture per la raccolta e il trasporto dei rifiuti stessi; dopodiché l’azienda è scomparsa dalla scena (almeno apparentemente)

Il regime delle ordinanze.

Subito dopo la costituzione della Ecotecna, avvengono i primi avvicendamenti nel consiglio di amministrazione e solo dopo tre settimane dalla costituzione stessa, la società acquista da un contadino della zona, quasi 5 ettari di terreno direttamente confinanti con la discarica dei rifiuti solidi urbani, a quel tempo ancora gestita dalla Guastella Impianti srl: pur avendo un capitale sociale di 20 milioni, l’Ecotecna paga e quietanza prontamente l’immobile per 50 milioni di lire.

Immediatamente dopo viene iniziata la costruzione di un’enorme vasca, senza alcun permesso (la zona era ed è classificata a destinazione agricola dal vigente PRG di Latina) e senza che alcuno fosse informato del possibile uso di quell’invaso.

A soli tre mesi e mezzo dalla costituzione di questa strana società ed a ridosso delle elezioni amministrative del 1990, arriva come un fulmine a ciel sereno, l’ordinanza N° 76 del Presidente della Giunta Regionale del Lazio che, come su accennato, "ordina" alla Guastella Impianti di attivare una discarica per accogliere rifiuti speciali prodotti dalle industrie: l’ordinanza prevedeva esplicitamente l’esclusione dei tossico-nocivi (quelli prodotti proprio dalle numerose industrie chimico farmaceutiche della zona).

Si scatenano immediatamente violente pressioni e puntualmente, circa un mese dopo arriva anche l’ordinanza N° 215 sempre del P.G.R.L. che ammette allo smaltimento anche questa tipologia di rifiuto.

Guarda sempre il caso, successivamente, come detto, tale discarica verrà gestita proprio dalla Ecotecna.

Immediatamente dopo, scatta la rabbia della popolazione residente che organizza una manifestazione davanti alla sede municipale a Latina e successivamente davanti all’ingresso della discarica stessa (finita a "manganellate" da parte delle forze dell’ordine nei confronti dei protestanti).

La forte pressione popolare e l’imminenza delle elezioni municipali, costringe l’Amministrazione Comunale di Latina a presentare un ricorso al T.A.R. contro le due ordinanze regionali: il ricorso viene accolto (sentenza N° 1064/90) con motivazioni molto significative rispetto all’operato della Regione, ma la società gestrice chiede la sospensiva al Consiglio di Stato. La richiesta di sospensiva viene accolta in parte (con efficacia di un anno) a causa dei soliti motivi di "urgenza" e di "pubblica utilità" dei provvedimenti, anche se le stesse motivazioni erano state dichiarate inesistenti e inconsistenti dal T.A.R. nella sua sentenza. Alla scadenza della sospensiva la società Ecomont che nel frattempo aveva incorporato la Guastella Impianti, presenta una nuova istanza di sospensione; la richiesta viene di nuovo parzialmente accolta con validità fino al 31 Dicembre 1992.

Precedentemente, nella vicenda si erano inserite direttamente alcune industrie chimiche della zona (Bristol Myers Squibb, Recordati e Abbot), le quali costituiscono un Consorzio denominato CISECO e presentano un progetto per la realizzazione di un termoinceneritore nella stessa area dove si trovano le discariche.

Sempre a seguito delle manifestazioni dei residenti, al termine di una infuocata seduta, il Consiglio Comunale di Latina del 5 dicembre 1990, delibera all’unanimità (è un classico ormai) di non autorizzare la realizzazione del termoincenritore proposto dal Consorzio CISECO.

Nel frattempo l’apparato burocratico-amministrativo che "copre" questa situazione produce un capolavoro cartaceo: visto che la sentenza del T.A.R. aveva riscontrato l’inesistenza dei presupposti di urgenza e indissolubilità per l’adozione delle ordinanze che avevano consentito l’attivazione della discarica per rifiuti industriali, riscontrando inoltre che il Piano Regionale approvato nel 1986 non prevedeva quel tipo di discarica nel territorio del Comune di Latina, viene predisposta e approvata dalla Giunta Regionale la delibera N° 7077 del 6 Agosto 1991, che "normava" un fantomatico Piano Regionale per lo smaltimento proprio dei rifiuti industriali e speciali (la delibera non è stata mai vagliata dal Consiglio Regionale): guarda caso, questa volta veniva programmata una discarica di tipo 2B (per gli industriali appunto) proprio nel Comune di Latina, dove già esisteva (unica in tutta la Regione).

Il copione ovviamente prevedeva che dopo uno sforzo "programmatorio" così intenso, arrivasse un’ulteriore deliberazione del Presidente della Giunta Regionale per non rendere vani tutti gli sforzi; detto fatto: visti i "tempi lunghi" per la realizzazione del nuovo Piano,con l’ordinanza N° 575 del 4 Novembre 1991, si "ordina" all’Ecotecna di attivare la discarica già esistente e operante (il presidente della Giunta era a quel tempo un parlamentare attuale di Forza Italia, già rieletto – rispuntando dal classico cilindro del prestigiatore – consigliere regionale del Lazio nelle elezioni del 2000).

Tra le principali motivazioni per l’adozione del provvedimento, tra l’altro, viene fatto esplicito riferimento in delibera, alle numerose richieste pervenute da parte delle industrie per continuare a scaricare a Borgo Montello.

Nuove proteste della popolazione (con la consulenza del nostro circolo), costringono il Comune di Latina a presentare un nuovo ricorso al T.A.R., la cui sentenza (la 261/92) ribadiva la validità del Piano Regionale approvato nel 1986.

Nel frattempo arrivava a scadenza (31Dicembre 1992) la sospensiva del Consiglio di Stato sulle due prime ordinanze che avevano avviato l’imbroglio, per cui la società si sarebbe trovata senza alcun tipo di copertura; non potendo più la stessa società presentare ulteriori ricorsi, con una puntualità svizzera arriva l’ordinanza N° 1 del 5 gennaio 1993 (primo giorno di lavoro alla Pisana dopo le vacanze natalizie) a firma del nuovo Presidente della Giunta della Regione Lazio (l’ennesimo di quel tumultuoso periodo – siamo in piena "Tangentopoli"): curioso il fatto che il provvedimento è stato trasmesso all’Amministrazione Provinciale di Latina lo stesso giorno tramite la stessa Ecotecna.

La motivazione per l’adozione di quest’ulteriore ordinanza, costituisce un raro esempio di cinismo e arroganza amministrativa; in sostanza, vista la situazione che si era determinata dopo l’adozione delle prime due ordinanze e riscontrata la mancata realizzazione dei due piani regionali (per RSU del 1986 e per 1991 per gli industriali) e considerando il fatto che ormai l’impianto era divenuto l’unico esistente nel territorio della Regione Lazio, si prescrive l’ulteriore esercizio "provvisorio" con l’ambigua determinazione che i rifiuti dovevano provenire da "impianti di stoccaggio o trattamento autorizzati, operanti nell’ambito della Regione Lazio". Una postilla aggiunta a mano chiariva che i rifiuti dovevano essere prodotti "da industrie" (su quest’aggiunta si aprirà l’ennesimo caso giudiziario finito in una bolla di sapone) e il gioco si chiude. Viene aperta così la strada per far scaricare presso l’impianto, i rifiuti che provenivano da ogni dove, bastava che fossero "stoccati" e/o "trattati" in impianti laziali......una manna per la criminalità organizzata.
Era tutto (e di più) abusivo.

Come più volte riferito, l’ulteriore passaggio proprietario che ha dato l’assetto societario definitivo degli impianti è stata l’incorporazione della Guastella Impianti da parte della Ecomont srl (che ha dato poi "in gestione" la discarica per RSU alla società Indeco e la discarica per industriali alla Ecotena), avvenuta con rogito del solito Notaio di Roma del 31 Dicembre 1990. Lo stesso giorno l’incorporanda Guastella Impianti otteneva in appalto la gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti dal Comune di Fondi (LT), che successivamente verrà rimpiazzata dalla Global Service nell’appalto.

L’atto di incorporazione riguardava quasi 70 ettari di terreno ed alcuni fabbricati, risultanti tutti costruiti abusivamente, dei quali era stato chiesta la sanatoria (anche per immobili che ancora non erano stati realizzati) ai sensi della legge 47/85. Nell’atto si faceva esplicito riferimento al fatto che tutti gli immobili (soprattutto i fabbricati) avevano una certificazione urbanistica come ad uso agricolo; nello specifico erano stati riportati anche i rispettivi redditi dominicali e agricolo delle relative particelle catastali.

In tutto il documento non vi è alcun riferimento al fatto che alla data dell’incorporazione, sugli stessi immobili, la Guastella Impianti eserciva le due discariche per gli urbani e per gli industriali, con un "fatturato" di decine di miliardi l’anno.

Sta di fatto che la Regione Lazio ha prima autorizzato e poi permesso l’ampliamento di impianti che non avevano all’inizio la benchè minima traccia di legalità. In cambio di che cosa è stato omesso un riscontro così facile da effettuare? Ovviamente è un segreto di Pulcinella.

Ulteriori incongruenze risultavano alla nostra lettura degli atti. Tra gli immobili citati, risultava esservi un fabbricato di circa 130 m.q. che è divenuto successivamente la sede amministrativa della Ecotecna: di questo immobile risultava esser stata inoltrata la domanda di condono al Comune di Latina nel 1986 e risultavano addirittura pagati i bollettini postali (con tanto di numero progressivo di versamento postale riferiti alla stessa data) per l’oblazione relativa.

In realtà, durante la ricognizione aerea su indicata, effettuata sopra il sito alla fine di Agosto del 1988, di quell’immobile non vi era alcuna traccia: dalle foto scattate risultò evidente l’assurdità del fatto che in atto notarile venisse dichiarata l’oblazione per la sanatoria di un immobile che non esisteva ancora. La consegna delle foto sono state l’oggetto dell’atto di comparizione che il PM Pietro Allotta ha effettuato il 19 Aprile 1995 nei confronti del Presidente della Legambiente di Latina, in qualità di persona informata dei fatti.

Pochi giorni prima veniva ammazzato l’anziano parroco di Borgo Montello Don Cesare Boschin, trovato morto nella sua canonica messa a soqquadro da "ignoti ladri" d’appartamento. Il potafoglio del prete era regolarmente al suo posto con ottocentomila lire in contanti all’interno.

Le indagini presero subito una strana piega: si sospettarono coinvolgimenti omosessuali (anche se il parroco aveva "solo" 83 anni) con qualcuno, il quale doveva essere convinto che lo stesso prete possedesse un "fantomatico" tesoro presso la sua abitazione. Le indagini sono state archiviate dopo i 6 mesi canonici senza che venisse chiesta alcuna proroga.

Stà di fatto che la morte è avvenuta per soffocamento, presumibilmente a causa dello scivolamento nella gola della propria dentiera, dopo che l’uomo era stato legato al proprio letto e imbavagliato con un cerotto adesivo proprio sulla bocca.

Tutto compreso e chiavi in mano.

Il documento forse più significativo per tentare di dipanare questa intricatissima vicenda, è stato protocollato presso l’Amministrazione Provinciale di Latina, il 2 Gennaio 1992 (quasi tutti gli atti della vicenda sono stati prodotti durante le vacanze estive e/o natalizie).

In una nota inviata al Presidente della Giunta Regionale, al Presidente della Provincia, al Sindaco di Latina e al Presidente del Consorzio del Bacino N° 12, la società Ecomont srl comunicava che, essendo stata individuata con Delibera Regionale (la N° 5142 del 19 Giugno 1991) la localizzazione degli impianti di trattamento dei R.S.U. e assimilabili, relativi al Bacino regionale N° 12 (venivano indicate persino le parcicelle catastali, le stesse acquisite dalla Guastella Imp.), la stessa società proponeva una specie di accordo "tra gentiluomini".

Ravvisando il fatto che chiunque avesse voluto e dovuto realizzare l’impianto, avrebbe dovuto eseguire un’esproprio molto oneroso (la stessa cosa dovrebbe avvenire con il termovalorizzatore attuale), la Ecomont, a nome di un costituendo "Consorzio Smaltimento Rifiuti Pontini" e rappresentandosi anche come concessionaria della Bulher Spa (società presumibilmente svizzera), si proponeva come partner ideale per costituire una società mista che poteva gestire tutto il ciclo di smaltimento dei rifiuti: alla nota era allegato un progetto molto dettagliato di cui si chiedeva l’approvazione corredata dalla stipula di un’apposita convenzione (con Regione, Provincia, Comune e Consorzio di Bacino) per la realizzazione e la successiva gestione degli impianti. La stessa società si rappresentava in grado di reperire tutti i finanziamenti e gli strumenti utili per la realizzazione del progetto (adesso si chiama "Project Financing").

E’ lo stesso copione che ritroveremo sistematicamente in tutta questa vicenda.

Ma la questione più importante di questa missiva, riguardava le società che dovevano costituire il proposto Consorzio Smaltimento Rifiuti Pontini: oltre alla stessa Ecomont infatti, il Consorzio doveva essere costituito anche da Alfa-Tau Ingeneering Srl (amministrata dall’ingegnere di cui sopra), ma soprattutto dalla impresa Jetto Spa di Delianuova in provincia di Reggio Calabria. Quest’ultima ditta si occupava soprattutto di costruzioni edili e di movimentazione di terra; da molti anni aveva aperto una sede secondaria a Roma trasferendovi la maggior parte degli affari.

Tutti e cinque i fratelli Jetto, a suo tempo, erano stati rinviati a giudizio per associazione a delinquere di stampo mafioso nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti per la realizzazione della centrale di Gioia Tauro: non siamo a conoscenza degli sviluppi di quell’indagine, ma risulta evidente che la presenza di quest’impresa nell’ambito di un Consorzio per lo smaltimento dei rifiuti in provincia di Latina, dove la società di riferimento (la stessa Ecomont) possedeva due dicariche più o meno autorizzate e decine di ettari di terreno, era funzionale alla strategia globale che si stava pianificando da parte della criminalità organizzata in questo settore.

L’indagine avviata dalla Procura di Palmi sulla centrale di Gioia Tauro, ha compromesso la realizzazione diretta di quel progetto; nel frattempo cambiava l’amministrazione comunale a Latina e dovevano essere trovati nuovi agganci politici per portare a conclusione felice tutta l’operazione.

Nel frattempo cambia l’Amministrazione comunale di Latina: Ajmone Finestra si presenta davanti ai cancelli della discarica per impedire lo scarico dei rifiuti provenienti dai comuni extra-provinciali (Anzio e Nettuno nello specifico): le cronache lo immortalano nell’atto di pararsi dinanzi ai camion per impedirne l’accesso: titoli a caratteri cubitali: "Mai più rifiuti a Borgo Montello".

Passa appena un anno e Vincenzo Zaccheo, appena eletto parlamentare, rivolge un’interrogazione urgente al Ministro dell’Ambiente A. Matteoli (suo collega di partito), rispetto all’ennesima concessione della Regione che autorizzava l’apertura di una nuova vasca, autorizzazione che avrebbe compromesso la realizzazione di un termovalorizzatore nella Provincia di Latina.

Infine c’è da segnalare che sempre nell’area intorno alla discarica vi è stata una intensa attività di compravendita di terreni ad opera del clan calabrese degli Alvaro (fortemente infiltrato ad Aprilia): tra le aree acquistate vi è anche quella dell’antica città del popolo dei Volsci denominata Satricum. Un non meglio identificato imprenditore, a suo tempo, stipulò una convenzione con il Comune di Latina per l’autorizzazione alla realizzazione di alcuni complessi immobiliari nella zona, in cambio della valorizzazione del sito archeologico. Per fortuna gli scavi sono realizzati e curati da decenni da una combattiva direttrice (Marijke Gnade), docente dell’Università di Amsterdam, che ha chiesto ed ottenuto dalla Soprintendenza Archeologica del Lazio, il vincolo archeologico su tutta l’area.

Il 31 Gennaio 1997, cinque giorni prima che venisse promulgato il cosiddetto Decreto Ronchi (D.Lgs. 22/97), che comunque era già stato approvato dal Consiglio dei Ministri, il Consiglio Provinciale di Latina, su proposta della Giunta (che doveva essere già al corrente dell’adozione di quel Decreto), approva l’attuale Piano Provinciale per lo smaltimento dei rifiuti che prevede, come unica forma di trattamento, la realizzazione di un termovalorizzatore (per rifiuti indifferenziati in quanto il CDR non era ancora normato) da collocare in una zona "a nord del Comune di Latina e ad ovest del Comune di Cisterna".

Nel frattempo si avviano le procedure per creare quella società che tutti (ma proprio tutti) i mali di quell’area risolverà: la Latina Ambiente SpA.



"LATINA AMBIENTE Spa"
Ovvero: i cinesi (e le loro scatole) imparino da noi.



Si riportano qui di seguito le note integrative di un ulteriore esposto presentato presso la Procura della Repubblica di Latina e di cui, in data 27 Settembre 2004, è stata chiesta la prosecuzione delle indagini preliminari.

Nel plumbeo venerdì 14 Novembre 1997 (ultimo giorno ufficiale di campagna elettorale per le amministrative al comune di Latina), il Sindaco di Latina, Ajmone Finestra, tra un impegno e l’altro, trova il tempo e la lucidità per compiere e sottoscrivere gli atti più importanti necessari all’avvio operativo della Latina-Ambiente spa, società a capitale misto pubblico-privato che dovrebbe gestire tutte le attività e i servizi collegati allo smaltimento dei rifiuti (incluso la realizzazione del termoinceneritore, come specificato da statuto societario), alla pulizia delle spiagge, alla depurazione delle acque, alla bonifica ambientale e "ogni altra attività complementare o comunque connessa con i servizi di igiene urbana"; nello statuto della società su quest’ultimo punto è specificato che potrà: a) esercitare tutte quelle attività immobiliari, mobiliari, finanziarie e commerciali ritenute utili al raggiungimento dello scopo sociale, compreso il rilascio di garanzie reali e personali a favore di terzi; b) assumere o cedere partecipazioni in imprese, enti o società costituite e costituende, aventi scopo analogo o affine al proprio.

Quindi si tratta a tutti gli effetti di una società con scopi pressoché illimitati, come è logico per ogni spa.

Queste incombenze in chiusura di campagna elettorale, sono state precedute da una serie di atti (anch’essi effettuati soprattutto sul finire della prima consiliatura Finestra) il cui sviluppo è ben poco chiaro.

I principali di questi atti sono:

- L’approvazione della delibera riguardante la costituzione di una società per azioni a prevalente capitale pubblico (delib. N° 65 dell’11 Aprile 1996);

- L’approvazione dei verbali della Commissione appositamente istituita per l’individuazione della Colucci quale partner privato nella costituzione della società, (delibera di Giunta N° 1001 del 2 Giugno 1997);

- L’approvazione definitiva dello statuto della società e la nomina dei rappresentanti nel Consiglio di Amministrazione per parte pubblica (delibera di consiglio N° 128 del 19 Settembre 1997, integrata dalla delibera N° 160 del 26 Settembre 1997 - si erano scordati di rendere immediatamente esecutiva quella precedente – il Consiglio Comunale fu riconvocato solo con questo punto all’odg, ndr);

- L’atto costitutivo della Società per Azioni "Latina Ambiente", nomina dei membri del Consiglio di Amministrazione e del Collegio dei Sindaci, nomina di Ajmone Finestra alla carica di presidente del C. di A. (Notaio Ciro Esposito, Rep. 25255, Racc. 5385) avvenuto il 1 Ottobre 1997 presso la sede del Comune;

- L’approvazione del Consiglio Comunale di Latina dello schema di convenzione tra Comune stesso e la società Latina Ambiente spa (delibera di Consiglio N° 203 del 6 Ottobre 1997 - presenti e votanti a favore 21 consiglieri su 40);

- L’approvazione dell’assemblea dei soci della Latina Ambiente spa dello stesso schema di convenzione (verbale dell’assemblea del 14 Novembre 1997, ore 12,00), presso la sede del Comune ;

- Presentazione delle dimissioni da Presidente del Consiglio di Amministrazione della Latina Ambiente spa del Sindaco Ajmone Finestra, e conferimento di specifica procura per la stipula della convenzione tra Comune di Latina e Latina Ambiente Spa, a Marco Fiorentino (residente a Napoli – componente del CdA nominato dal socio privato della Spa), stesso giorno, stesso luogo, stessa ora di cui al punto precedente.

- L’atto finale di stipula e firma della convenzione stessa che (ripetiamo), d’ora in avanti regolerà tutti i rapporti tra il Comune di Latina (qualsiasi sia la maggioranza) e la Latina Ambiente spa: firmatari, Ajmone Finestra in qualità di Sindaco di Latina e Marco Fiorentino procuratore speciale del CdA della Latina Ambiente spa (Notaio Ciro Esposito, Rep. 25476, Racc. 5436), stesso luogo (Comune di Latina), stesso giorno (14 Novembre 1997), ora imprecisata.

Queste ultime operazioni sono trascritte con battitura a macchina sui libri sociali vidimati presso lo stesso notaio il giorno prima; sempre il giorno prima della stipula di tutti questi atti (13/11/1997), risulta essere avvenuta l’iscrizione della società alla Camera di Commercio di Latina.

Per la memoria storica: le elezioni per il rinnovo del Consiglio Comunale di Latina, si sono tenute il 16 Novembre 1997.



L’iter che ha portato all’individuazione della Colucci Appalti s.p.a. in Associazione Temporanea d’Impresa con la Tecno Trattamenti Rifiuti s.r.l. è stato avviato con la nomina della commissione per la valutazione dei progetti delle ditte partecipanti (delibera di Giunta Mun. N. 1686 del 25/09/96).

Componenti della commissione sono stati nominati : Aldo Maria Calò ( Dirigente comunale – Presidente della Commissione); Gian Mario Baruchello (personaggio che ritroviamo spesso dalle nostre parti di cui parleremo qui di seguito); E. De Fraja Frangipane (esperto in impianti di termodistruzione indifferenziata dei rifiuti e amico personale dell’ex Assessore Filippo Fiorentini); E. Chiacchierini (Preside della Facoltà di Economia e Commercio de La Sapienza); S. Gori (Facoltà di Ingegneria ? de La Sapienza); Grazia De Simone (con funzioni di segretaria della commissione).

Gian Mario Baruchello (docente universitario) è stato consulente di quasi tutti i comuni della provincia di Latina in tema di rifiuti; per conto della stessa provincia ha redatto un piano per la raccolta differenziata che non ha mai visto la luce. Lo troveremo in un ruolo strategico (progettista e direttore dei lavori), in occasione della realizzazione di una nuova discarica gestita dalla Ecoambiente srl (partecipata dalla Latina Ambiente SpA); questa seconda discarica (oltre a quella gestita dalla Ind.Eco srl), è stata ricavata ed avviata all’esercizio con la scusa di mettere in sicurezza il sito dei tre bacini dimessi a Borgo Montello e di proprietà di una società (la Ecomont) risultata fallita. Anche questa vicenda ha degli aspetti incredibili, che per necessità di esposizione, verranno documentate in altra sede.

Baruchello, come riferito nei rapporti della Commissione parlamentare d’inchiesta, ha avuto incarichi societari nella INES Sud srl di Brindisi (trasferita per un certo periodo a Napoli e poi definitivamente a Roma), società coinvolta nell’illecito smaltimento delle ceneri della centrale ENEL di Brindisi Nord; inoltre ha avuto un ruolo chiave nella costituzione e nella gestione del consorzio CO.SI.RI, con sede a Palermo e che aveva come soci alcune società palermitane e romane, molto, ma molto chiacchierate, tra cui la SIR srl; questa società era titolare degli impianti di Pontinia dove il 24 ottobre 1997 (gli stessi giorni in cui si concludeva l’iter di Latina Ambiente) furono sequestrati 11.600 fusti e due cisterne colme di rifiuti tossico nocivi, provenienti da aziende di rilevanza internazionale.

Baruchello e Frangipane (quest’ultimo progettista di termoinceneritori e amico dell’assessore romano Filippo Fiorentini) erano gli unici tecnicamente competenti di rifiuti nella commissione aggiudicatrice e, come visto, erano anche titolari di incarichi professionali e societari all’interno di aziende collegate a quelle partecipanti alla gara.

Una precedente delibera di Giunta (la N. 991/96), aveva stabilito che la gara per l’individuazione del partner privato del Comune di Latina dovesse svolgersi con procedura ristretta. Al bando hanno risposto 7 ditte, ma due sono state eliminate in partenza: 1) l’Associazione Temporanea di Impresa (A.T.I.) tra Maddalena s.r.l. di Aosta - Ecoitalia s.r.l. di Milano; 2) la GE.SE.N.U. s.p.a. di Perugia. Quest’ultima, in particolare, rappresenta una uno degli esempi riusciti di società a capitale misto pubblico-privato nella gestione del ciclo dei rifiuti in tutta Italia (anche se recentemente ha compiuto operazioni molto discutibili), con soluzioni tecnologiche molto avanzate e innovative anche rispetto agli sviluppi del settore prospettati da Decreto Ronchi; la sua esclusione dipende da fattori ignoti, in quanto dai verbali delle sedute della commissione non risulta specificato alcun motivo.

Alla gara vera e propria vengono invitate a partecipare la SLIA s.p.a. di Roma, l’A.T.I. con capofila la Manutencoop di Bologna (Lega delle Cooperative), l’A.T.I. con copofila la Societé Mediterraneenne de Nettoiement di Monpellier (Francia) alla quale erano associate le due società che fanno capo ai fratelli Traversa (imprenditori di Cisterna già soci in Progetto Ambiente, Consorzio GEA e Alco), la Clin Industrie Città (C.I.C.) di Cassino (FR) e l’A.T.I. costituita dalla Colucci Appalti e la Tecno Trattamenti Rifiuti. Tutte queste ditte erano già operanti in zona e alcune di esse risultano intercambiabili.

La commissione si è insediata per avviare l’esame dei 4 plichi pervenuti nei termini previsti, il 2 Dicembre 1996 (non era pervenuta in tempo quella della C.I.C. di Cassino). Il Presidente della commissione (Calò) informa gli altri componenti che le ditte escluse inizialmente avevano promosso ricorso davanti al T.A.R: del Lazio, con richiesta di sospensione cautelare dei provvedimenti impugnati. La seduta termina con la determinazione di sospendere i lavori per attendere le decisioni del TAR.

Invece, il 14 Febbraio 1997 (nel periodo in cui si determinava un’emergenza presso i siti dismessi della vecchia discarica su cui torneremo di seguito) viene riconvocata la commissione ed in apertura, sempre il Presidente, informa che l’udienza sulle istanze di sospensiva presso il TAR, era stata fissata per il successivo 7 Marzo. Lo stesso Presidente comunque "rappresenta l’urgenza per l’Amministrazione di definire in tempi brevi la gara " (tre settimane di attesa evidentemente erano troppe) e non sarà questa l’unica fulminante accelerazione di un iter burocratico che normalmente viaggia a velocità ben più moderate. Durante la stessa seduta vengono stabili i criteri di valutazione e i relativi punteggi delle offerte. Sei giorni dopo si riunisce di nuovo la Commissione (ricordiamo che i componenti sono quasi tutti docenti universitari di cui uno proveniente da Milano) con la presenza di tutti i rappresentanti delle ditte partecipanti. Vengono aperti i plichi e sorgono numerose contestazioni sulla correttezza della documentazione; in particolare la maggior parte della documentazione presentata dalla Colucci Appalti risultava priva dei prescritti bolli. Della stessa ditta, non risulta sia stato acquisito l’obbligatorio certificato antimafia (su quest’ultimo punto c’è stata una interrogazione parlamentare dell’On Massimo Scalia).

Nella specificazione della documentazione bisognava indicare anche l’elenco di servizi svolti continuativamente per oltre 3 anni in almeno tre comuni con popolazione superiore ai 50.000 abitanti. Nella documentazione presentata dalla SLIA spa (che poi sarà l’unica concorrente finale contro la Colucci nella gara) risulta che tale lasso di tempo era garantito da una conpartecipazione d’impresa nel Comune di Andria insieme alla Ecoambiente s.r.l (non sono in grado di indicare se sia la stessa società che attualmente gestisce la seconda discarica di Borgo Montello).

Seguirono alcune sedute della commissione dedicate all’analisi della richiesta documentazione aggiuntiva per chiarire le contestazioni sollevate avvalendosi anche di pareri dell’Avvocatura del Comune di Latina (la stessa situazione si produrrà per la gara di Acqualatina SpA).

Nella seduta del 15 Maggio 1997, per la mancata soddisfazione del punto N. 11 della lettera invito alla gara (servizio svolto per almeno un triennio nel quinquennio antecedente alla gara stessa), la commissione procede all’esclusione dell’A.T.I. con capofila la Manutencoop (mancavano pochi giorni sui 3 anni complessivi richiesti) e dell’A.T.I. con capofila la Societé Mediterranenne de Nettoiement.

Vengono quindi ammesse alla fase finale solo la Colucci Appalti e la SLIA spa (le stesse ditte che erano arrivate alla fase conclusiva della gara ad Anzio): l’analisi delle offerte era ripartita tra due criteri di valutazione: soluzioni tecnico-progettuali e valore economico del progetto. Nella prima categoria rientravano "l’affidabilità tecnico-economica delle offerte", ad esempio: la Colucci offriva lo svolgimento del servizio con automezzi e raccoglitori completamente nuovi (anche se solo dopo si è capito chi li avrebbe pagati, ndr), il valore tecnico del progetto (le offerte erano "paragonabili" ma è stato attribuito alla Colucci un punteggio più alto) e le soluzioni ambientali (alle quali, neanche a dirlo, è stata dedicata un’attenzione a dir poco superficiale, anche se nella proposta Colucci, la commissione sottolineava con enfasi la prospettiva di adeguamento al Decreto Ronchi rispetto anche alla raccolta differenziata – mentre alla data odierna tale raccolta risulta pressoché insignificante). Da questi criteri di valutazione (tutte promesse da verificare ad appalto aggiudicato) la Colucci ottenne un punteggio di 49 punti contro i 41 della SLIA.

Nella successiva ed ultima riunione della commissione tenutasi il giorno dopo della precedente (il 16 Maggio 1997- qui c’è il primo accostamento di "accelerazione" dei lavori della Commissione che ritroveremo pari pari in Acqualatina) si procede all’analisi delle offerte economiche; la SLIA proponeva un canone annuo globale per lo svolgimento dei servizi di igiene urbana per un importo di 10.855.948.630 lire più IVA, mentre la Colucci proponeva un canone di 12.201.237.796 lire più IVA (il 12,3% in più di quanto proponeva la SLIA). La differenza delle offerte determina un punteggio di 40 punti per la SLIA e di 35,59 punti per la Colucci.

Dalla somma dei due punteggi vince quest’ultima con 84,59 punti contro gli 81 della SLIA.

N.B. Da notare la sorprendente sovrapposizione con Acqalatina Spa: vince la cordata che aveva offerto un canone decisamente più alto per lo svolgimento del servizio, ma che prometteva di farlo con tecnologia "nuova" (in realtà la Colucci non ha trasferito a Latina Ambiente neanche un posacenere) e con un progetto "migliore"; il tutto passando attraverso un "tour de force" della Commissione, le cui determinazioni rendevano automaticamente nulla ogni eventuale decisione del TAR, perché avrebbe costretto i ricorrenti ad impugnare ogni nuova deliberazione: tu mi impugni una delibera, io ti cambio la delibera e tu devi ricorrere di nuovo e così via.

L’ultima parte della trascrizione della seduta del 15 Maggio 1997, recita testualmente: " Ne consegue che, in base ai criteri di valutazione adottati, che sono risultato dell’applicazione di quanto stabilito nella lettera di invito e delle precisazioni stabilite e riportate nel verbale del 14/02/1997 (quando si doveva ancora attendere l’esito dei ricorsi al TAR, ndr), la Commissione indica l’offerta dell’A.T.I. Colucci Appalti spa - Tecno Trattamenti Rifiuti srrl, come complessivamente più vantaggiosa, dal punto di vista tecnico-economico, per l’Amministrazione".

Alla luce dei rincari tariffari degli anni successivi della TARSU quest’ultima affermazione fà un pò sorridere.

I verbali e gli esiti della valutazione della commissione vengono immediatamente assunti sia dalla giunta (il 2 giugno successivo – giusto il tempo per preparare tecnicamente la delibera) che dal Consiglio Comunale con gli atti indicati in apertura di questo docunento.

Fin quì i passaggi per la scelta del partner privato nella costituenda Latina Ambiente Spa.

Come noto il Comune di Latina possiede il 51% del capitale sociale (204.000 azioni sulle 400.000 complessive -determinate a suo tempo nel valore di 10.000 lire l’una ), conferito attraverso la cessione dei propri beni (automezzi, rimesse, cassonetti, ecc.) valutati con una perizia giurata in oltre due miliardi, sempre di vecchie lire; il restante 49% del capitale apparteneva al " consorzio d’imprese" che è stato scelto come partner dal Comune di Latina: in particolare quasi 195.981 azioni erano assegnate alla "Colucci Appalti spa" la famosa ditta di San Giorgio a Cremano (Napoli), implicata nello scandalo della privatizzazione del servizio di N.U. a Napoli che ha poi trasferito la sede legale a Milano, mentre una quota infinitesimale di azioni (19 su 400.000, pari allo 0,005% del capitale sociale) veniva assegnato ad una società collegata (ma non troppo) alla capofila, la "Tecno Trattamento Rifiuti srl" con capitale sociale di 13 miliardi, che aveva sede anch’essa a Milano allo stesso indirizzo della Colucci (cosa usuale in questo tipo di "affari" visto che, come vedremo di seguito, anche la Latina Ambiente e la Ecoambiente hanno questa particolarità); questa Tecno Trattamento Rifiuti srl, in ogni atto ufficiale avvenuto con il Comune di Latina presso il Notaio Ciro Esposito, veniva rappresentata, con una apposita delega, da una ragazza di 27 anni, impiegata, residente, guarda caso, a San Giorgio a Cremano - Napoli.

La Tecno Trattamenti Rifiuti in realtà (come risulta dai verbali della Commissione Parlamentare di Inchiesta sul ciclo dei rifiuti) era collegata direttamente alla società "ACQUA spa" e alla società "Ercole Marelli Impianti Tecnologici spa" (EMIT) di proprietà, a suo tempo (non sappiamo se lo siano ancora) dei "mitici" fratelli Pisante (Giuseppe e Ottavio) che negli anni di Tangentopoli furono coinvolti e arrestati per lacune inchieste in cui rimasero coinvolti un pò in tutta Italia, sempre per questioni di rifiuti e discariche . I Pisante disponevano di un impero di 540 miliardi di fatturato ed erano gli alleati italiani di un colosso americano nel settore dei rifiuti allora denominato Browning-Ferris (notizie riportate dall’articolo apparso su "la Repubblica del 12 Gennaio 1993).

La società Acqua Spa è stata presente nella composizione sociale della Indeco srl che gestisce la prima discarica di Borgo Montello (Adriano Musso – già amministratore della Indeco e della Ecomont – è un cugino di primo grado dei Pisante ed è stato condanno in passato dal Tribunale di Latina) e da almeno venti anni a questa parte vede tra i suoi soci eminenti personaggi nei settore dei servizi pubblici.

Tornando alla composizione societaria della Latina Ambiente Spa , ci soffermiamo sulle aspettative di guadagno che ci si dovrebbero attendere dalla quota azionaria con cui la Tecno Trattamenti Rifiuti partecipava all’impresa; c’è da sottolineare il fatto che all’atto della costituzione della società Latina Ambiente, avvenuto con il su ricordato atto del Notaio Ciro Esposito dell’ 1 Ottobre ‘97 erano presenti: 1) il Sindaco di Latina Ajmone Finestra; 2) il legale rappresentante della Colucci Appalti - Angelo Rubicondo - un "dirigente" cinquantenne residente nella provincia di Milano, ma originario della provincia di Benevento; 3) La su indicata impiegata (di cui intenzionalmente omettiamo l’indicazione del nome e cognome), ventisettenne residente a San Giorgio a Cremano e rappresentante della Tecno Trattamento Rifiuti – TTR - di "Milano"). Questa impiegata rappresentava quest’ultima società (con capitale sociale di 13 miliardi di lire), attraverso un’apposita procura conferitagli il giorno prima presso un notaio di Milano dal legale rappresentante della TTR); il tutto per acquisire bel 19 azioni su 400.000 del capitale sociale. Come vedremo in conclusione di questo documento, ancor oggi la TTR detiene questa quota di capitale sociale: esclusa, per ovvie ragioni, la remuneratività di tale capitale sociale, a cosa serve questa partecipazione infinitesimale?

Di come chi amministra "ha minestra" con misture varie.

Mentre il Comune di Latina conferiva tutta la propria quota sociale, la parte privata invece, con la semplice presentazione di una ricevuta bancaria, dichiarava che il giorno prima era stato effettuato un versamento di 588 milioni di lire (pari ai tre decimi della propria quota) presso la filiale di San Giorgio a Cremano del Banco di Napoli: nell’atto non è specificato in favore di chi è stato effettuato il versamento. Il Comune di Latina non solleva alcuna obiezione.

Per il restante capitale (1 miliardo e 372 milioni di lire, ndr,), si dava mandato all’organo amministrativo della Latina Ambiente, di richiederlo "in funzione delle esigenze finanziarie della società".

Con lo stesso atto venivano nominati tutti i membri effettivi e supplenti sia del consiglio di amministrazione che del collegio dei sindaci: in entrambi gli organi, il socio di minoranza della società, ha ottenuto la maggioranza dei membri componenti pur avendo la minoranza delle quote azionarie (tale clausola è inserira senza giustificazioni nell’art. 10 dello statuto della Latina Ambiente spa); sono dunque costoro che, a loro discrezione, dovranno valutare le "esigenze finanziarie" in base alle quali sarebbe opportuno richiede alla stessa componente sociale che li ha nominati, quando e come sia necessario versare la somma che fa parte integrante del capitale sociale,.... e già quì siamo ben oltre i confini della trasparenza amministrativa.

Come noto, subito dopo la sua costituzione, la società procede all’acquisto di nuovi cassonetti e soprattutto di nuovi automezzi compattatori (alla faccia della miglior offerta stabilita dalla Commissione), indebitandola pesantemente – sul punto torneremo per parlare della specifica delibera. In base alla convenzione stipulata tra Comune di Latina e Latina Ambiente Spa, tocca all’amministrazione comunale ripianare i bilanci della società attraverso le tariffe della TARSU. Solito copione: i privati decidono e il pubblico paga.

Altri particolari inquietanti emergono dalla semplice lettura degli atti:

- L’articolo 13 dello statuto della società prevede espressamente che il Presidente del Consiglio di Amministrazione è nominato dai consiglieri, salvo il primo che viene nominato dall’Assemblea dei soci e, comunque, sempre su designazione dei soci di parte pubblica (cioè del Consiglio Comunale), in realtà il 14 Novembre 1997 (sempre ultimo giorno di campagna elettorale) Ajmone Finestra si trova ad avere il doppio ruolo di Sindaco di Latina ancora in carica e di Presidente del Consiglio di Amministrazione della Latina Ambiente spa: era evidente che non poteva presentarsi davanti al notaio per mettere le sue due firme come rappresentante istituzionale delle due parti che contraevano l’apposita convenzione (la stessa cosa succederà a P. Martella per Acqualatina Spa): il meccanismo escogitato per venire a capo di questo paradosso ha dell’incredibile e non può essere definita in altro modo: "ingegneria burocratico-amministrativa".



parte I continua



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Anonimo
Inviato il: 11/9/2008 9:08
Re: Rifiuti
parte II

Lo stesso 14 novembre 1997, A. Finestra, presiedendo l’assemblea dei soci della Latina Ambiente Spa per l’approvazione della Convenzione, presenta le sue dimissioni sia da presidente che da membro del Consiglio di Amministrazione, con decorrenza dal 13 Ottobre 1997 (ricordiamo che in tale incarico era stato nominato l’1 Ottobre, cioè appena dodici giorni prima dela decorrenza richiesta nelle dimissioni); l’assemblea prende atto delle dimissioni stesse, ringrazia e delibera: "in accordo con quanto previsto dallo statuto della società di rinviare ogni decisione in merito alla nomina del nuovo presidente del Consiglio di Amministrazione alle determinazioni del Comune di Latina….." . Durante la stessa assemblea viene conferita la procura specifica a Marco Fiorentino (nominato successivamente amministratore delegato della società) per la stipula della convenzione per conto della Latina Ambiente spa con il Comune di Latina.

Lo statuto della società sul punto sottolineato, prevede che i membri di parte pubblica del CdA di Latina Ambiente sono: "nominati a maggioranza qualificata dal Consiglio Comunale, quale espressione dello stesso e non di una maggioranza temporanea …….." Precedentemente, lo stesso articolo dello Statuto (n. 11) specifica che nel CdA, il Sindaco pro tempore o suo delegato, sono membri di diritto.

Quindi, quel fatidico 14 Novembre, si effettuano i seguenti atti: assemblea dei soci; dimissioni retroattive e rinvio ad altra data (dopo le determinazioni del Comune di Latina) per la nomina del nuovo Presidente del CdA; delega a Marco Fiorentino per stipulare la convenzione tra Comune e Latina Ambiente; stipula della convenzione tra Comune di Latina (firmatario il Sindaco A. Finestra) e Latina Ambiente Spa (firmatario il delegato Marco Fiorentino). Il tutto in 15 minuti circa, come risulta dal verbale dell’assemblea. Ma tralasciamo (anche se molto curiosi), personaggi, luoghi e tempi degli accadimenti elencati.

Domanda: una volta accettate di fatto le dimissioni, sono validi quegli atti compiuti dopo la data indicata per la decorrenza delle dimissioni stesse (il13 Ottobre 1997, ndr)?

La domanda ha dei risvolti inquietanti alla luce degli immediati avvenimenti successivi.

Come noto, A. Finestra, due giorni dopo (il 16 Novembre 1997) vince di nuovo le elezioni alla carica di Sindaco di Latina, viene proclamato eletto qualche giorno dopo, ma si trova subito in difficoltà perché i partiti di maggioranza non si trovano d’accordo sulla composizione della nuova giunta: Finestra decide di andare avanti comunque e continua ad amministrare con la vecchia giunta per alcuni mesi. Il primo Consiglio Comunale si terrà solo dopo un mese dalle elezioni e riesce ad effettuare solo le operazioni di rito: il giuramento del Sindaco e approvazione dei consiglieri eletti.

In realtà proprio il sindaco (che evidentemente aveva studiato la materia a causa della potenziale incompatibilità come amministratore di società convenzionata con la ASL), anche questa volta poteva essere dichiarato ineleggibile a causa del suo ruolo in Latina Ambiente (c’erano delle sentenze della Corte di Cassazione in tal senso), ma figuriamoci se l’opposizione si sarebbe accorta di questa eventualità.

Comunque sia, in base a quanto risulta dalla visura storica della Camera di Commercio di Latina, il successivo 1 Dicembre (due settimane dopo le elezioni), si riunisce il Consiglio di Amministrazione (si badi bene - non l’assemblea a cui erano state comunicate inizialmente le dimissioni) che accetta le dimissioni stesse da membro e Presidente di A. Finestra, nomina Marco Fiorentino amministratore delegato e procede alla nomina di Vincenzo Rondoni (Assessore all’Ambiente) alla carica di Presidente del Consiglio di Amministrazione, con un ruolo, per lo più, di semplice rappresentanza formale, essendo tutti i poteri in mano all’amministratore delegato.

Il tutto senza che vi sia stato alcun passaggio in giunta, ma soprattutto in Consiglio Comunale, unico organo per statuto a nominare i membri di parte pubblica.

In sintesi, l’atto che regolerà per 18 anni la gestione dei servizi riguardanti l’ambiente nel Comune di Latina è stato stipulato da un Sindaco a fine mandato e da un semplice membro del Consiglio di Amministrazione (Marco Fiorentino) delegato per l’occorrenza con poteri di rappresentanza legale della Latina Ambiente spa; questo membro del C.d.A. era stato nominato dalla parte privata e quindi si trovava senza i poteri di totale rappresentatività che lo statuto stesso e la legge prevedono per il Presidente del Consiglio di Amministrazione, la cui designazione, come su indicato, spettava direttamente alla parte pubblica.

In sostanza l’atto doveva essere firmato dal Sindaco e da un Presidente del CdA della Latina Ambiente spa espresso dalla parte pubblica, cioè dal Consiglio Comunale di Latina, ma questo non è avvenuto.

Quella convenzione quindi, è stata stipulata tra due soggetti fortemente limitati nella loro rappresentatività istituzionale; il primo (il sindaco) firmava atti che sarebbero comunque stati riversati sull’amministrazione successiva (a prescindere se fosse stato o meno rieletto); il secondo (il delegato) in quanto espressione del partner privato della società e non del partner pubblico, come previsto dallo statuto. Il tutto senza che la totalità del capitale sociale costituente la società e lo stesso Consiglio Comunale avessero la possibilità di verificare l’esatta procedura di conferimento.

Pertanto, esistono fondate motivazioni per considerare quell’atto nullo a tutti gli effetti e comunque "sconfinato" dai canoni della legge.

- A conferma di questa considerazione, c’è da sottolineare il fatto che nell’ormai famosa convenzione stipulata il 14 Novembre 1997 tra Comune e società subentrante, è stata inserita una premessa che veniva considerata parte integrante della convenzione stessa, in cui si stabiliva che: "al fine di assicurare la continuità della gestione dei rifiuti solidi urbani, tra parti (Comune e Latina Ambiente spa, ndr) si conviene di affidare col presente atto alla Latina Ambiente spa i servizi di seguito indicati ed economicamente quantificati" - segue una serie di indicazioni dei prezzi per servizi "offerti": ad esempio la raccolta differenziata viene a costare quasi 1 miliardo e 120 milioni di lire; il lavaggio dei cassonetti per oltre 600 milioni; la rimozione dei rifiuti dalle aree adibite a verde pubblico per oltre 500 milioni; ecc. per un totale di oltre 12 miliardi e 200 milioni di lire più IVA. Tutto ciò in conformità del progetto offerta a suo tempo presentato dalla Colucci e fatto proprio dal Consiglio di Amministrazione della Latina Ambiente spa, fermo restando l’assunzione da parte del Comune delle spese afferenti lo smaltimento dei rifiuti (cioè del costo di conferimento alla discarica di Borgo Montello, ndr), spesa che và aggiunta alla cifra su indicata e che è soggetta alle convenienze economiche della società che gestisce la discarica stessa.

In sostanza, il 14 Novembre 1997 il Sindaco Ajmone Finestra, con tale atto contrae un impegno di spesa così gravoso ed antieconomico, senza che alcun altro organismo abbia potuto esaminare ed esprimere un parere su una spesa così importante sul bilancio comunale, e soprattutto senza che gli organismi preposti al controllo contabile, abbiano potuto esprimere il proprio parere, sulla congruità dei servizi offerti in cambio di tali esborsi.

Infatti non viene citato alcun parere (favorevole o contrario) dei settori amministrativi responsabili.

La copertura di tale operazione avverrà solo qualche mese dopo le elezioni, in fase di approvazione del Bilancio preventivo per il 1998; l’aumento del 30% rispetto al ‘97 del costo del servizio deriva essenzialmente da questo capestro contrattuale; questa osservazione è stata parzialmente confermata in aula, dallo stesso assessore al Bilancio A. Stabile.

- Leggendo e rileggendo la su indicata convenzione, non si trova nessun criterio di valutazione della qualità e della quantità dei servizi "offerti",tranne impegni tanto generici quanto inverificabili, anzi, come ulteriore beffa, esistonono una serie di obblighi da parte del Comune di Latina nei confronti della LA spa totalmente a favore di quest’ultima anche in presenza di inadempienze contrattuali, così come si evince dalla semplice lettura degli articoli 7,8,9,10,11 e 12 della stessa convenzione.

Una domanda sorge spontanea : perchè tutto insieme e proprio quel giorno?

Tempi così veloci nel produrre deliberazioni e atti importantissimi per la vita amministrativa del Comune, stanno ad indicare in modo inequivocabile, che tutte queste decisioni erano già state prese in altra sede e che bisognava far attenzione solo a mettere in ordine cronologico i pezzi di carta che avrebbero creato questo "affare", ma come si vede, la fretta ha determinato qualche problema e soprattutto molte omissioni .

Ma come si vedrà, c’erano anche altri motivi per avere molta fretta.

Fin qui gli aspetti giuridico-amministrativi, ma ben più grave appare il quadro con la verifica della posizione penale delle società chiamate ad essere partner del Comune di Latina.

Un nome una garanzia.

Il nome della Colucci (società formata inizialmente dai membri dell’omonima famiglia di San Giorgio a Cremano - Napoli) non è affatto nuova alle cronache relative agli appalti per lo smaltimento dei rifiuti; la società infatti, cresciuta e "pasciuta" con gli appalti a Napoli, aveva ottenuto inizialmente anche alcuni appalti per l’espletamento del servizio in alcuni comuni del sud pontino (Minturno e Gaeta principalmente) e ad Anzio, cioè in comuni fortemente interessati dal fenomeno cosiddetto delle Ecomafie (vedasi l’operazione Land Cleaning dove è stato coinvolto anche Stefano Proietto, figlio di uno dei due proprietari iniziali della discarica di Borgo Montello, ex amministratore della stessa discarica, già rappresentante di Forza Italia a Nettuno); ben presto però, la società si era vista revocare l’incarico per gravi inadempienze contrattuali.

Gli episodi e le implicazioni penali che vedono coinvolta questa società sono riferiti con molti dettagli dai rapporti della Commissione Parlamentare d’inchiesta (ad esempio l’intimidazione a Minturno a carico della società che aveva vinto un appalto e che fu costretta ad abbandonare a seguito di intimidazioni dirette), ma ci soffermiamo solo sull’episodio di Anzio, che spiega in parte i motivi di quella fretta di "chiudere" prima della scadenza elettorale.

Al tempo dell’individuazione della stessa Colucci come partner privato del Comune di Latina per costituire la Latina Ambiente spa, la ditta era coinvolta nello scandalo che ha portato al rinvio a giudizio di molti amministratori e tecnici del Comune di Anzio con le conseguenti dimissioni della Giunta guidata dal Sindaco Bartolini.

La vicenda è iniziata alla fine di gennaio 1996, quando l’On. Michele Caccavale, allora deputato di Forza Italia nel collegio N° 32, in una trasmissione televisiva su un’emittente locale, parlò esplicitamente di un certificato antimafia della Prefettura di Napoli che riferiva di diversi procedimenti giudiziari avviati dalla Procura di Napoli nei confronti dell’Amministratore delegato della società Colucci e di altri componenti del Consiglio di Amministrazione; inoltre afferma che la ditta era anche sotto inchiesta presso non specificate Procure del Nord Italia, sostenendo che vi era una storia poco chiara di "mazzette e minacce" nei confronti di un dipendente comunale del Comune di Anzio.

Altre informazioni giornalistiche danno indicazione di "contiguità" tra la famiglia Colucci e il clan cammorristico dei Fabbricatore…………

A seguito delle polemiche sollevatesi anche dopo le iniziative del locale Coordinamento Antimafia di Anzio-Nettuno, il 26 Febbraio 1996 durante una seduta particolarmente infuocata, il Consiglio Comunale di Anzio, all’unanimità, vota la rescissione del contratto d’appalto con la Colucci spa.

In conseguenza di questi eventi, la Commissione Parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e delle attività illecite ad esso connesse, apre un fascicolo e procede da alcune importanti audizioni.

Tra il 23 Ottobre e il 2 Dicembre 1997, la Commissione presieduta dall’On. Massimo Scalia convoca: l’allora Prefetto di Roma Giorgio Musio; il sostituto procuratore Giuseppe De Falco (Roma); il sostituto procuratore nazionale antimafia Luigi De Ficchy; il capitano della sezione operativa centrale del Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri Gianni Massimo Cuneo; l’assessore all’ambiente della Regione Lazio Giovanni Hermanin; il presidente della Commissione regionale sulla criminalità Angelo Bonelli; il sostituto procuratore della Repubblica di Velletri (RM) Giuseppe Patrone.

Il Prefetto Musio fà presente alla Commissione che:" in data 2 Aprile 1996 sono state deferite in stato di libertà 21 persone dell’amministrazione comunale di Anzio per i reati di cui agli articoli 110, 323, 328 e 416-ter del codice penale (voto di scambio mafioso) a seguito di indagini relative alla gara d’appalto per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani vinta dalla ditta Colucci Spa di Napoli".

Il sostituto procuratore nazionale antimafia Luigi De Ficchy fà una sintesi delle indagini in corso che delineano uno scenario di grave infiltrazione della malavita organizzata nella nostra zona nel settore dello smaltimento dei rifiuti.

Il sostituto procuratore di Velletri (che ha la competenza su Anzio) Giuseppe Patrone riverisce con alcuni dettagli l’oggetto delle inchieste e dei procedimenti; nello specifico è stata evidenziata tutta una serie di irregolarità sia nella delibera di aggiudicazione dell’appalto, sia nella modalità di riscontro dei quantitativi effettivamente smaltiti, nonchè delle effettive capacità di portata degli automezzi per smaltire le quantità dichiarate e regolarmente fatturate (in sostanza veniva fatturata una quantità superiore alla effettiva capacità di trasporto degli automezzi).

Alcuni particolari importanti sono emersi dall’audizione di Patrone: 1) La Colucci era stata preferita alla SLIA, nonostante il fatto che quest’ultima aveva presentato offerte migliori per la determinazione del punteggio finale (ci risiamo, ndr); 2) Un funzionario del Comune di Anzio aveva proceduto alla decurtazione di una somma di denaro che doveva servire al rinnovo del parco automezzi (idem come sopra); 3) Alcuni amministratori avevano chiesto e ottenuto l’assunzione di operatori "raccomandati" in caso di vincita dell’appalto.

L’analogia con quanto avvenuto per Latina Ambiente e Acqualatina è sorprendente.

Durante l’udienza del Dr. Patrone sono anche emerse gravi insufficienze istruttorie che hanno portato ad un indebolimento originario delle ipotesi di reato contestate; ad esempio, lo stesso sostituto procuratore, a proposito dell’acquisizione del certificato antimafia della prefettura di Napoli regolarmente spedito e protocollato al Comune di Anzio in data 22 gennaio 1996, dichiara di non saperne nulla e di ignorarne l’esistenza del provvedimento, nonché del suo contenuto. Un magistrato che candidamente ammette di non aver verificato l’esistenza o meno del certificato antimafia, è tutto dire.

Probabilmente è un caso, ma tutti gli imputati nell’inchiesta di Anzio, verranno successivamente assolti.

Tutto ciò ha comunque avuto evidenza pubblica solo nel febbraio-marzo ‘98, mentre i passi fondamentali della vicenda Colucci - Comune di Latina sono avvenuti tra marzo e novembre ‘97 in concomitanza con la fase finale della precedente consiliatura. Resta comunque la consapevolezza, che tutta quella fretta fosse determinata anche dalle indagini e agli avvisi di garanzia in corso ad Anzio.

Quando è stata individuata la Colucci da parte della competente commissione tecnica che doveva giudicare le offerte, l’On. Massimo Scalia (presidente della Commissione parlamentare sul traffico dei rifiuti) rivolse un’interrogazione parlamentare urgente sulla vicenda proprio per verificare l’acquisizione preventiva da parte del Comune di Latina dell’apposito certficato antimafia. All’interrogazione non fu data risposta in tempo utile e comunque il certificato non risultava essere stato acquisito all’epoca dell’approvazione da parte del Consiglio Comunale di Latina dei risultati della gara d’appalto.

Inizia la festa.

Il passaggio della gestione e la consegna dal Comune alla Latina Ambiente avviene materialmente il 19 gennaio 1998 (almeno da quanto risulta sulla carta). Il servizio continua ad essere svolto con gli automezzi, i contenitori e gli edifici portati in "dote" nella società dal Comune di Latina. La Colucci Appalti porta in "dote" solo i nuovi amministratori.

La settimana dopo (il 27 gennaio 1998) si riunisce il nuovo CdA di Latina Ambiente e preso atto che esiste un periodo transitorio di 8 mesi per mettere il servizio a regime come da indicazione dell’offerta risultata vincitrice, delibera un piano di investimenti pari a lire 17.777.370.000, con i quali verranno acquistati poi tutti i nuovi compattatori, i cassonetti e l’altro macchinario di servizio.

In teoria doveva essere il socio privato a mettere mano al portafoglio (o almeno a seconda del capitale sociale detenuto), invece trascorre un’altra settimana e il 5 febbraio parte una richiesta indirizzata alla Cassa Depositi e Prestiti per ottenere un mutuo ventennale dell’importo su indicato (esiste una circolare ministeriale del 1995 che da facoltà di richiesta anche alle società municipalizzate).

Alla Cassa Depositi e Prestiti (giustamente) non si fidano: la società era stata appena costituita e mancavano i prescritti due anni di bilanci precedenti alla richiesta per verificare la solvibilità dell’azienda.

Il sindaco, con nota n. 26811 dell’1/04/1998 (pesce d’aprile), comunica alla società la disponibilità del Comune di Latina di offrirsi come garante (una sorta di avvallo) del mutuo richiesto.

La Cassa, grosso modo, risponde (come logico): "chi paga, paga, basta che mi rientrano i soldi".

E fu così che con la delibera n. 56 dell’11 giugno 1998, il Consiglio Comunale di Latina ha approvato una richiesta di mutuo alla Cassa Depositi e Prestiti per quasi 18 miliardi di lire, per rinnovare l’intero parco automezzi e le attrezzature della Latina Ambiente spa; il Comune di Latina ha fornito una garanzia fidejussoria per una società a capitale misto senza che il socio privato facesse fronte agli impegni di spesa, mentre la convenzione tra Colucci e Comune di Latina specificava che a tali impegni doveva far fronte proprio il socio privato; l’impegno assunto con tale mutuo prevede un ammortamento che supera il periodi di esistenza à Latina Ambiente (il mutuo durerà fino al 2018, mentre la società ha una durata fino al 2015).

- Negli atti per la valutazione dell’offerta migliore, risulta che la SLIA è stata scavalcata dalla Colucci per pochi punti proprio in virtù di un’offerta migliore rispetto all’adeguatezza dei mezzi tecnici e e dei progetti di sviluppo dei processi di smaltimento: non è chiaro come mai meno di un anno dopo la vincita della gara, la società debba rinnovare tutto il proprio parco mezzi, con l’esclusiva garanzia della parte pubblica e soprattutto senza che vi sia rispondenza agli impegni tecnici previsti dal Decreto Legislativo 22/97 (cosiddetto Decreto Ronchi).

- Tutte le fasi della vicenda hanno visto in un ruolo decisivo il caporipartizione dei Lavori Pubblici al Comune di Latina Aldo Maria Calò, il quale ha fattivamente partecipato alla predisposizioni delle delibere che hanno realizzato la società, è stato presidente della commissione tecnica comunale che ha scelto la Colucci e infine è stato nominato come rappresentante della parte pubblica nel Consiglio di Amministrazione della Latina Ambiente. In sostanza si è trovato nel triplo ruolo di controllore controllato di se stesso e del proprio operato (commissario, amministratore e funzionario comunale responsabile).

Calò ha avuto un ruolo chiave (c’era da dubitarne?), nella predisposizione di quella delibera che indebiterà il Comune fino al collo senza alcuna garanzia da parte di Latina Ambiente.

Ufficialmente quella delibera era una semplice garanzia sul mutuo da concedere alla Latina Ambiente e quest’ultima avrebbe dovuto rimborsare le rate; invece, fin dall’esercizio in corso (1998) il Comune doveva accantonare quasi un miliardo e mezzo di lire all’anno (per la precisione 1.476.642.194 lire) per pagare 40 rate semestrali (20 annuali) per l’ammortamento del debito. In tutto fanno quasi 30 miliardi di lire (13 miliardi in più del mutuo richiesto). Poi uno si domanda come mai in tre anni la tassa comunale sui rifiuti è aumentata di oltre il 100%.

Anche qui il trucco è abbastanza semplice: controllando il CdA, il socio privato controlla la gestione delle risorse, delle spese e dei ricavi. Se il bilancio annuale è in attivo si dividono gli utili, se invece è in deficit, è il Comune che deve ripianare i debiti attraverso la TARSU; basta quindi innalzare i costi di gestione (magari portando alle stelle i rimborsi per i membri del CdA) e il gioco è fatto. Per questo motivo, fin dalla sua accensione, è il Comune di Latina che stà rimborsando la Cassa Depositi e Prestiti.

Del resto, fin dall’anno della sua costituzione, mai una volta i bilanci della Latina Ambiente sono transitati nelle sedute del Consiglio Comunale; così come non sono mai transitate le vorticose nomine nel CdA; particolari vergognosi oltre che illecito.

Come ti creo la seconda discarica dal nulla: la vera storia della discarica attualmente gestita dalla Ecoambiennte.

Il 10 gennaio 1997, il Comandante delle Guardie Provinciali eseguiva un controllo presso i tre siti dismessi della vecchia discarica si Borgo Montello – Bainsizza (quelli gestiti a suo tempo dalla Ecomont e prima dalla Guastella e dalla Pro.Chi), riscontrando la fuoriuscita di percolato dalla vasca di accumulo, con un grave rischio di inquinamento del fiume Astura.

Il giorno dopo, l’11 gennaio, l’allora sindaco di Latina A. Finestra emise un’ordinanza per "l’immediata esecuzione di somma urgenza e di ogni altro intervento diretto alla eliminazione dello stato di pericolo e di inquinamento dei luoghi e dell’ambiente interessato". L’ordinanza viene notificata all’allora curatore fallimentare della Ecomont, ancora proprietaria degli immobili. Il curatore fallimentare fa sapere non avere i soldi per farlo, nonostante il fatto che doveva esistere un’apposita fideiussione a garanzia della messa in sicurezza dei siti: fatto che, ovviamente, nessuno contesterà.

L’ordinanza viene trasmessa anche al Presidente della Provincia di Latina (che non muove un dito) e al Presidente della Regione affinché "attivino immediatamente tutte le procedure ed iniziative dirette all’esecuzione d’ufficio dei lavori".

L’allora Presidente della Regione, Piero Badaloni, ordina alla società Indeco di eseguire i lavori di massima urgenza previsti dall’ordinanza sindacale.

Passa un anno e nel corso di una riunione convocata presso la Regione, il curatore fallimentare della Ecomont, porta a conoscenza dei convenuti il fatto che due settimane prima , tutta l’area era stata ceduta alla società "Capitolina Srl" di Roma e richiede che venga emessa una nuova ordinanza sindacale nei confronti della società subentrante.

Nel frattempo era divenuta operativa la Latina Ambiente SpA.

Come se si trattasse di una partita a Monopoli, viene emessa una nuova ordinanza sindacale nei confronti della "Capitolina Srl" per "l’immediata eliminazione dello stato di pericolo e di inquinamento dei luoghi".

Si arriva al 5 agosto 1998, la "Capitolina Srl" (invece di eseguire i lavori) comunica che il giorno prima (il 4 agosto) era stato stipulato un "contratto di locazione" (un affitto insomma), con la Ecoambiente Srl (partecipata al 51% dalla Latina Ambiente SpA che a sua volta è partecipata al 51% dal Comune di Latina) e che tale società "era subentrata nella disponibilità e nel godimento delle aree che comprendono le discariche in oggetto". Il giorno stesso perviene al Comune di Latina una nota in cui la Ecoambiente Srl porta a conoscenza dell’amministrazione le stesse cose e a sua volta si dichiara disponibile ad eseguire i lavori per eliminare l’inquinamento.

Arriviamo al 9 ottobre 1998 e il Comune di Latina riceve dalla Ecoambiente un "Progetto per la bonifica degli invasi S1, S2 e S3 in località Borgo Montello".

Passano poche settimane e il Comune indice una conferenza dei servizi durante la quale vengono acquisiti i pareri degli uffici e delle amministrazioni interessate; i due funzionari della Regione si riservano di esprimere il loro parere entro breve tempo.

Il 14 dicembre 1998, la conferenza approva il progetto appellandosi all’art. 17 del Decreto Ronchi, che attribuisce ai comuni la competenza per l’approvazione dei progetti di bonifica e il rilascio delle autorizzazioni per gli interventi previsti Dai progetti stessi.

Tre giorni dopo (il 17 dicembre) la Giunta Municipale di Latina (sempre senza acquisire alcun parere dal Consiglio) approva la delibera n.1501 dove, nell’approvare i progetti di bonifica , per la prima volta si parla di "riprofilare i versanti delle discariche".

Siamo al 21 dicembre 1998, nuova ordinanza del Sindaco di Latina con la quale si ingiungeva alla Ecoambiente di eseguire i lavori di bonifica nelle modalità previste dal progetto approvato dalla giunta comunale; nell’ordinanza si legge che i lavori dovevano essere eseguiti "implementando lo stesso con l’esecuzione dei lavori previsti dal progetto integrativo, ed eseguendo le opere necessarie per la creazione di volumi utili all’abbancamento di ulteriori quantità di rifiuti solidi urbani". Nasceva così LA NUOVA DISCARICA.

Il "Progetto integrativo" era stato depositato il 15 dicembre, cioè il giorno prima dell’ultima conferenza dei servizi.

Successivamente, su ricorso di parte, il TAR boccia l’ordinanza, ma l’iter autorizzativi, presso la Regione, và avanti.

Arriviamo al 6 Agosto 2000 (una fissa quella di produrre autorizzazioni in tempo di ferie), quindi dopo la elezione di storace alla regione; il settore preposto alla Valutazione d’Impatto Ambientale della stessa Regione, esprime parere favorevole al progetto integrativo e al progetto di bonifica, con una serie di osservazioni.

Nello stesso periodo iniziano i lavori presso il sito (l’autorizzazione non era ancora stata concessa).

Il 14 settembre 2000, la Ecoambiente, attraverso il direttore dei Lavori prof. Gianmario Barruchello (thò! Chi si vede), trasmette al Comune di Latina un progetto per una "variante di dettaglio" chiedendo la convocazione della conferenza dei servizi: conferenza che si tiene appena una settimana dopo (quant’è veloce la burocrazia in questi casi!), che approva.

Anche la Regione, il 6 febbraio 2001 approva la "variante di dettaglio".

Il 12 dicembre dello stesso anno, la Ecoambiente trasmette il collaudo tecnico per la bonifica e la sistemazione definitiva degli abbancamenti S1,S2 e S3.

Il 15 febbraio 2002, viene chiesta la valutazione d’impatto ambientale che però non verrà mai fornito all’area 4C della Regione.

Il 26 febbraio 2002, si effettua la conferenza dei servizi nella quale il progetto viene approvato anche da parte del Comune e soprattutto della ASL.

L’8 Agosto 2002, con determina della Direzione Regionale Ambiente e Protezione Civile, la Ecoambiente viene autorizzata all’esercizio della discarica per 5 anni.

Negli stessi giorni viene presentato presso il Comune di Latina, un progetto per la realizzazione di un impianto di preselezione e un impianto di termovalorizzazione dei rifiuti: il proponente era la società CO.LA.RI, indirettamente socia di Ecoambiente Srl.

Il 30 Settembre 2002, all’unanimità, il Consiglio Comunale di Latina delibera che mai e poi mai il termovalorizzatore verrà realizzato su quel sito (della serie "le ultime parole famose")

Il socio "mutante"- "mutageno": cancerogeno?

Torniamo indietro e troviamo un altro pesce: il 1° aprile 1998 (quando erano in corso le operazioni appena descritte), la Colucci Appalti Spa cambia denominazione e attraverso un atto di incorporazione contemporanea con due società del gruppo Pisante, diventa Emas Ambiente Spa. La Tecno Trattamento Rifiuti (sempre gruppo Pisante), mantiene la sua partecipazione azionaria in Latina Ambiente dall’alto delle sue 19 azioni su 400.000.

Sempre nell’aprile di due anni dopo (dev’essere una fissa), la rivista specializzata "Ambiente" da notizia dell’acquisto da parte di Emas Ambiente di tutte le attività (impianti, mezzi e personale) della Waste Management Italia, braccio italiano della multinazionale americana (finita in cattive acque anche a causa di grossi guai giudiziari causati da concussioni varie): i due bracci delle multinazionali americane (Waste Management e Browning Ferries), finiscono quindi nelle mani del gruppo Colucci-Pisante, che già avevano stretto nuove alleanze con i colossi subentranti agli americani nel settore dei rifiuti e dei servizi pubblici: parliamo delle francesi Compagnie Generale des Eaux (poi Vivendi ed ora Veolia) e Suez Lyonneise. Quest’ultima è rappresentata in Italia proprio da Giuseppe Pisante ed ha vinto la prima gara che si è svolta in Italia per la gestione del servizio idrico integrato (l’ATO di Arezzo), dove le bollette sono triplicate in tre anni a fronte dello stesso servizio di prima.

Dunque una "squattrinata" società che solo due anni prima è costretta a chiedere un mutuo e a farsi garantire dal Comune di Latina per garantire un debito di circa 18 miliardi di lire, al fine di realizzare investimenti a garanzia dei servizi offerti per vincera la gara, si ritrova "la grana" per acquistare in un sol copo una società con 560 miliardi di lire: un pesciolino che ingoia uno squalo! ……… Ma non è finita.

Nei libri sociali della Latina Ambiente, in data 9 gennaio 2001, viene riportata l’annotazione che l’intero pacchetto azionario passato alla Emas Ambiente è stato ceduto alla stessa Waste Italia, mentre le 19 azioni della TTR stanno sempre lì. In poco più di tre anni quindi, il partner privato del Comune di Latina è diventato un altro soggetto, senza che sia stato acquisito il parere di gradimento del Consiglio Comunale così come richiesto dall’art. 7 dello statuto della società stessa, con una evidente forzatura del principio "silenzio-assenso" contenuto nello stesso articolo. In realtà, le società subentranti, la Emas prima e la Waste poi, erano e sono sempre collegate direttamente alla famiglia Colucci (Pietro Colucci è l’attuale Amministratore Delegato di Waste), ciò non toglie che il controllo di quest’ultima società è in mano alla Italcogim (famiglia Fagiani) col il 51% delle azioni.

All’epoca del passaggio delle azioni da Emas Ambiente a Waste Italia, il presidente del CdA della stessa Waste era il prof. Paolo Togni, professore universitario (si definisce lui), anche se nessuno sa che cosa e dove abbia insegnato, perché non è titolare di alcuna cattedre.

Paolo Togni è stato presidente dell’associazione ambientalista Kronos, salpata dal Partito Radicale e transitata per vari lidi politici, fino ad approdare in AN. A seguito della vittoria della Casa delle Libertà nelle elezioni politiche del 2001, non appena insediato al Ministero dell’Ambiente, il Ministro Altero Matteoli lo nomina capo-gabinetto del ministero con poteri pressoché illimitati (tanto che si dice che il vero ministro dell’Ambiente sia lui).

Come primo atto, il buon Togni, in piena emergenza dovuta all’attacco terroristico dell’11 settembre, cercherà di spazzare via tutti i componenti "non graditi" della Commissione Nazionale per la Valutazione di Impatto Ambientale (il TAR e il Consiglio di Stato lo stroncheranno di seguito). La cosa che comunque più ci interessa in questa sede, è il fatto che Paolo Togni (colui che materialmente ha la parola definitiva su ogni progetto) è stato nominato dal governo, pochi mesi dopo, vice-presidente della Sogin e attraverso una delega specifica conferitagli dall’attuale presidente della stessa società, il generale Carlo Jean (incompetente assoluto di questioni ambientali), si è visto assegnare compiti e poteri decisionali enormi: in pratica è lui che gestisce quella società; il dubbio di un eventuale conflitto di interessi (visto il suo ruolo al ministero) non lo sfiora nemmeno.

Recenti notizie apparse recentemente ("Affari" de La Repubblica e Milano Finanza), riportano l’indicazione dell’intenzione del governo di privatizzare la Sogin, insieme alla cessione di altre quote di società in mano all’ENEL, al fine di fare "cassa" per far fronte all’indebitamento dello stato.

Alla luce di questa prospettiva, possiamo affermare che la nostra intuizione, esplicitata nell’apposito documento divulgato nel periodo dello scorso Natale, circa il rischio della trasformazione in "permanente" dell’attuale deposito provvisorio delle scorie radioattive presso la vecchia centrale di Borgo Sabotino (magari abbinato ad una nuova centrale a ciclo combinato), risulta più che confutata. Il tutto in cambio di una promessa (neanche qui si possono indicare certezze) di un piatto di lenticchie rappresentato da un po’ di maquillage sul litorale. Stiamo messi proprio bene!

Il fatto che il nostro destino sia in mano a personaggi che devono rispondere del loro operato ai signori Colucci e Pisante, ci preoccupa ulteriormente.
La girandola degli incarichi in Latina Ambiente.

Caratteristica delle società gestite da questi personaggi, sono i vorticosi cambi e assetti societari (scatole cinesi) e il viavai continuo degli amministratori. Latina Ambiente non si smentisce: vediamo il dettaglio.

Componenti minimi e massimi del consiglio di amministrazione debbono essere 7, come detto: 4 di parte privata (cui spetta la nomina dell?amministratore Delegato) e 3 di parte pubblica, nominati (tranne il Sindaco) dal Consiglio Comunale.

Inizialmente la parte pubblica a nominato come suoi rappresentanti: Ajmone Finestra, Aldo Maria Calò e Fausto Tigani;

la parte privata ha nominato : Marco Fiorentino, Luigi De Stefano, Angelo Rubicondo e Nicola Colucci.

Nel Collegio sindacale erano stati nominati come membri effettivi: Vittorio Zemella (parte pubblica), Mario Mariano e Salvatore Varriale (parte privata) ; mentre come supplenti risultavano: Raffaele Brandi e Alfredo Milano.

Come su riferito, il 1° dicembre 1997, Vincenzo Rondoni subentra ad Ajmone Finestra nella carica di Presidente del CdA

Il 24 febbraio 1998 esce dallo stesso CdA Angelo Rubicondo e non subentra per il momento nessuno.

Il successivo 28/07/1998 subentra un certo Gargiulo Piero Francesco che durerà in carica fino al 30/09/00.

Il 18/11/98 esce dal CdA Fausto Tigani e non subentra nessuno e quindi per la parte pubblica restano in carica solo Rondoni e Calò.

A febbraio dell’anno successivo si dimette dal Collegio sindacale Mario Mariano.

Il mese dopo fa la stessa cosa anche l’altro sindaco nominato dalla parte privata, Salvatore Varriale; risulta cessato dalla carica di sindaco effettivo anche Raffaele Brandi, che non si sa quando è stato nominato effettivo; comunque vengono nominati come nuovi sindaci effettivi, Ciro Sannino ed Elvio Biondi, mentre come supplente si ha la nomina del signor Orazzo Vincenzo .

La sostituzione avviene quindi in concomitanza con le valutazioni e le determinazioni del primo bilancio consultivo della società.

Il 26 febbraio 2001 (dopo il passaggio delle azioni da Emas a Waste), si tiene un nuovo CdA, dove vengono confermati quasi tutti i componenti in carica, con la specificazione della durata dell’incarico "fino all’approvazione del bilancio 2003" (avvenuto nel mese di luglio di quest’anno, ndr); le uniche modifiche si hanno nei sindaci supplenti. C’è comunque il ritorno nel CdA di Fausto Tigani e così, dopo oltre due anni , il Comune di Latina torna ad avere tutti i suoi componenti nel CdA, anche se per poco, perché il successivo 30 maggio cessa dalla carica Aldo M. Calò, che morirà di lì a poco.

L’8 giugno sempre del 2001 esce Gargiulo ed entra un certo Monetti Massimo.

Quest’ultimo cesserà dalla carica il successivo 9 gennaio 2002; rientra Angelo Rubicondo che esce di nuovo il 29 maggio dello stesso anno (sarà una concomitanza, ma è il periodo in cui si definisce la gara di Acqualatina e il rispettivo assetto societario – lo stesso personaggio è stato A. D. di SIBA. Entrano Borghi Cesare per la parte privata e Mario Tagliatatela (segretario Generale del Comune) per la parte privata: Zaccheo ha appena vinto le elezioni al comune di Latina.

Tagliatatela, in evidente situazione di incompatibilità, esce dal CdA nel successivo febbraio 2003.

Precedentemente, a settembre, viene conferita una procura speciale a Luigi De Stefano: ulteriori poteri in mano al socio privato.

Tutti questi incarichi, come detto, sono cessati con l’approvazione del bilancio 2003: sono in corso le trascrizioni dei nuovi organi sociali.

Il tutto è avvenuto senza che uno solo di questi incarichi e mai un bilancio siano stati portati alla conoscenza del consiglio comunale di Latina.

Postilla di dettaglio: Il 12/11/2001, subito dopo la pronuncia del TAR di Latina sulla sospensiva chiesta dalla Severn Trent Water con il ricorso contro l’aggiudicazione della gara per Acqualatina (respinto), la Latina Ambiente comunica alla Camera di Commercio: "inizio attività di costruzione, manutenzione e/o ristrutturazione di interventi a rete necessari per attuare "il servizio idrico integrato" compresi ogni opera e interventi accessori (bingo, ndr).

Siamo a fine luglio del 2004: il Segretario Generale del Comune di Latina M. Tagliatatela, senza alcun parere preventivo del Consiglio Comunale (obbligatorio per legge) viene nominato direttamente dal Sindaco V. Zaccheo, Presidente del Consiglio di Amministrazione della Latina Ambiente SpA.

Passano poche settimane e il neo Presidente della Provincia A. Cusani dice che il termovalorizzatore si deve fare a Borgo Montello, costi quel che costi!

Il resto è cronaca recente.

Intanto le Guardie Provinciali continuano a mandare informative alla Procura di Latina sugli inquinamenti riscontrati.

Latina, 4 Marzo 2005.



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Anonimo
Inviato il: 12/9/2008 8:46
Re: Rifiuti
E veniamo all'oggi ormai non li difende più nessuno è come se la mano destra non sa cosa fa la mano sinistra e a Novembre noi ci troveremo come a Terracina in agosto e Napoli qualche mese fa.



Il commento

un business fuori controllo

La questione dei rifiuti e l'ambiguità derivante dalle manovre attorno al futuro della discarica, testimoniano come alcuni grandi temi stiano sfuggendo al controllo dell'apparato amministrativo ma anche della politica. In sintesi, lo scorso mese di dicembre la società Ecoambiente, controllata dalla LatinaAmbiente a sua volta controllata dal Comune di Latina, ha presentato in Regione richiesta di ampliamento di una delle due discariche attive a Borgo Montello, e che la stessa Ecoambiente gestisce, per un totale di circa 400mila metri cubi.

Un invaso gigantesco per far fronte all'imminente esaurimento del sito. È come se il Comune stesso avesse fatto questa richiesta, ma nessun politico sembra ne sapesse niente o ha fatto finta di non sapere. Per mesi ci si è trascinati con le polemiche sulla chiusura e bonifica della discarica ma nessun politico ha avuto il coraggio, per non dire il pudore, di far ritirare quella richiesta alla Ecoambiente. Non lo ha fatto la maggioranza di centrodestra, che si dichiara contraria ad ogni ampliamento; non lo ha fatto l'opposizione, che pure vorrebbe un ampliamento minimo della discarica e quindi basterebbe autorizzare solo la richiesta della Indeco (per 700mila metri cubi). Solo martedì il centrosinistra, tardivamente, si è svegliato per chiedere a Ecomanbiente di ritirare la richiesta. È scoraggiante sapere che davvero il Comune non controlla cosa fanno le sue società partecipate, e quindi a quale pericolo sono esposti i conti e gli interessi pubblici.

da Il Tempo



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Anonimo
Inviato il: 12/9/2008 12:07
Re: Rifiuti
Scommettiamo che se a ZAC promettono l'autorizzazione ad un termovalizzatore al Montello (ma il consiglio comunale Zac sindaco nel 2002 non aveva detto MAI TERMOVALORIZZATORI AL MONTELLO?) improvvisamente questa disponibilità all'ampliamento viene data?

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