martedì 12 luglio 2011

irrisolto il problema delle scorie nucleari

di ANTONIO CIANCIULLO
"Mezzo secolo di centrali nucleari
e le scorie sono ancora un problema"

Marcel Coderch
Parla Marcel Coderch, segretario dell'Associazione per lo studio delle risorse energetiche. Due tipi di rischi: gli incidenti e la maggiore incidenza di malattie tumoraliROMA - "Le scorie ad alta radioattività prodotte da una centrale nucleare in un anno rappresentano un piccolo volume e un grande problema: a oltre mezzo secolo dallo sviluppo di questa tecnologia ancora non si sa cosa farne". Marcel Coderch, spagnolo, docente al Mit di Boston, segretario dell'Associazione per lo studio delle risorse energetiche, ha appena presentato in Italia il suo ultimo libro, "Il miraggio nucleare", edito da Bruno Mondadori, e commenta lo sviluppo del dibattito energetico post referendario.

I filonucleari ritengono che, a fronte di numeri ridotti, il problema sia circoscrivibile.
"Le scorie ad alta attività rappresentano solo il 5 per cento del totale delle scorie prodotte da una centrale nucleare, ma contengono il 95 per cento della radioattività totale. Ed è una radioattività che continuerà ad essere pericolosa per milioni di anni. C'è anche plutonio, una sostanza letale nella dose di un milligrammo".

Berlusconi ha ripetuto, anche dopo il referendum, che il nucleare è il futuro, che è un investimento vantaggioso.
"Bisogna vedere a chi va il vantaggio. Quello che posso dirle è che nel 1979 Wall Street ha imparato una lezione che non ha più dimenticato: in novanta minuti un attivo di due miliardi di dollari, il valore della centrale nucleare di Three Mile Island, si è trasformato in un passivo di un miliardo di dollari, il costo delle operazioni di smantellamento del reattore distrutto dall'incidente. Da allora gli americani si sono fermati perché ritengono il nucleare troppo rischioso e troppo caro".

Il costo dello smantellamento delle centrali nucleari è controverso.
"E' vero, ma per orientarci possiamo prendere come punto di riferimento le valutazioni del governo britannico che nel 2007 ha stimato in 125 miliardi di euro il costo del decommissioning del suo parco nucleare ormai obsoleto".

Come valuta il livello di rischio del nucleare attuale?
"Ci sono due categorie di rischio. La prima è legata alle piccole dosi. Un'indagine tedesca ha recentemente dimostrato che i bambini che vivono a meno di cinque chilometri da una centrale nucleare subiscono un aumento del cinquanta per cento delle probabilità di avere una leucemia. E la maggiore incidenza di tumori è confermata da un altro studio sui lavoratori di una centrale nucleare negli Stati Uniti".

Il secondo rischio?
"Riguarda le probabilità di un incidente con fusione del nocciolo, come a Chernobyl e a Fukushima. Gli impianti attuali sono stati costruiti da chi riteneva accettabile un incidente ogni dieci anni avendo mille reattori in attività, quanti ce ne sarebbero in caso di uno sviluppo della tecnologia".

Una Fukushima ogni dieci anni non suona tranquillizzante.
"E infatti oggi i teorici del nucleare puntano ad abbassare queste probabilità. Resta il fatto che, con poco più di 400 reattori in funzione ci sono stati tre incidenti in 32 anni: più delle previsioni. E ogni volta il rischio è stato immenso e proiettato in un futuro lontano".

Come è possibile conciliare un rischio di questo tipo con il nostro sistema giuridico che assegna una responsabilità precisa per ogni atto che provoca un danno?
"E' semplice. Per il nucleare, dal punto di vista economico, scatta il legittimo impedimento. Nessuna assicurazione al mondo accetta di coprire i danni derivanti da una catastrofe atomica".

12 luglio 2011© Riproduzione riservata
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