mercoledì 29 giugno 2011

città solare a impatto zero: rinnovabili e senza emissioni

AmbienteVivere a impatto zero: si fa cosìdi Luca CarraProprio dall'inquinatissima Cina arriva il modello di città 'perfetta': cinque milioni di abitanti riscaldati, lavati, rinfrescati e nutriti con le rinnovabili. Ecco come funziona(27 giugno 2011)Un edificio di Dezhou alimentato a panelli solariUn tempo famosa soprattutto per il suo pollo croccante, la città cinese di Dezhou è la nuova città del sole. Anzi, come dicono senza ironia i cinesi, la Terra Santa delle energie rinnovabili. Altro che Germania, di più. Qui, nel paese che ha il primato mondiale delle emissioni di CO2 e di consumo di carbone, la green economy è una religione, le rinnovabili una mania. E così in pochi anni Dezhou, a metà strada fra Pechino e Shanghai, è riuscita a garantire all'80 per cento dei suoi 5 milioni di abitanti una doccia calda quotidiana da boiler solare. E lo skyline dei tetti ha entusiasmato perfino quelli dell'ufficio asiatico di Greenpeace, tanti sono i pannelli solari termici montati sui condomini: oltre a produrre acqua calda, i pannelli fotovoltaici fanno funzionare semafori e lampioni.

La svolta, circa un anno fa: con una piccola rivoluzione urbanistica in nome delle rinnovabili, 330 ettari di terreno agricolo hanno ceduto il posto a quella che vuole diventare la prima città totalmente "low carbon" della Cina, con un mix di uffici, edifici industriali e residenziali immersi in un patchwork di orti e giardini (anche pensili a scopo isolante e refrigerante) irrigati, almeno in parte, con un sistema di recupero di acqua piovana. Con torri eoliche e intere pareti fotovoltaiche che alimentano i trasporti su ferro. Pochi parcheggi per le auto e tanta architettura "passiva" a basso consumo energetico completano il quadro.
Insomma, una versione cinese del quartiere a zero carbonio BedZed londinese. Ma straordinariamente più grande e pacchiano, compreso l'avveniristico centro congressi con eco-hotel per i già numerosi uomini d'affari che arrivano da Stati Uniti ed Europa per firmare contratti con l'impresa numero uno del solare in Cina, la Himin.

Il boss della Himin, Huang Ming, ingegnere petrolifero pentito e nuovo pasdaran delle rinnovabili, ha messo in piedi in vent'anni un colosso dei pannelli solari termici, che ogni anno copre una superficie di due milioni di metri quadrati, quanto i paesi dell'Unione europea e il doppio degli Stati Uniti. Anche gli investimenti sono doppi: l'anno scorso la Cina ha investito 34 miliardi di dollari in solare, eolico e altre energie alternative, un record mondiale.

Ming dice di essersi convertito alle rinnovabili quando gli è nata la prima figlia e ha capito che doveva garantirle un futuro che non fosse fatto di carbone e petrolio. "Non volevo però che la mia fosse una posizione idealistica", dice: "Perché se non genera ricchezza e lavoro non si affermerà e finirà in niente". E così il Don Chisciotte delle rinnovabili, come Ming ama definirsi, è riuscito a diventare ricco, fatturando l'anno scorso 2 miliardi di yuan, e dando lavoro in città a migliaia di persone (800 mila a Dezhou lavorano nel settore delle energie alternative). Anche il risultato ambientale della sua attività non è trascurabile: i suoi tetti solari consentono di risparmiare 23 milioni di tonnellate di carbone all'anno. Come ogni tycoon che si rispetti, Huang Ming ha voluto uscire dalla fabbrica e realizzare una città ideale che fungesse peraltro da gigantesco showroom per gli ospiti occidentali in visita d'affari. Nasce così la Solar Valley - risposta cinese alla californiana Sylicon Valley - che nel giro di un paio d'anni ha fatto traslocare migliaia di contadini in appartamenti a basso tenore di carbonio, mentre un centinaio di imprese hanno già aperto centri di ricerca e sviluppo.

L'industria del solare in Cina cresce del 20-30 per cento l'anno, ma è ancora una goccia nel mare di idrocarburi di cui si alimentano l'industria e i consumi cinesi in piena crescita. L'energia da pannelli, infatti, rappresenta l'1 per cento del totale, che arriva al 9 se si conteggiano nelle rinnovabili anche l'eolico e l'idroelettrico delle gigantesche dighe costruite in questi anni. L'obiettivo è di arrivare al 15 per cento dell'intera produzione cinese nel 2020. Tuttavia, l'80 per cento dell'elettricità in Cina viene ancora prodotta bruciando carbone, e per tenere dietro allo sviluppo tumultuoso del Paese ogni settimana apre una nuova centrale a carbone da 1.500 megawatt. Il sogno solare di Hang Ming ha, insomma, ancora tanta strada da fare per diventare realtà.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/vivere-a-impatto-zero-si-fa-cosi/2154670

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