Pontinia (LT) dall'ambiente, alla difesa dei diritti civili e sociali, dalla politica alla tecnica. Si riportano stralciriportandone autori. Nota: qualora si ritenga la pubblicazione (o i commenti) siano lesivi o notizie superate si prega di comunicarlo con mail giorgio.libralato@gmail.com e saranno rimossi. Oppure allo stesso modo si può esercitare il diritto di replica. Qualora si ritenga che una pubblicazione o parte di essa ledano i diritti di copyright o di autore saranno rimossi
lunedì 30 giugno 2014
nuova centrale a biomasse - biogas in via Litoranea a Latina tra la via del Mare e il villaggio giornalisti?
circola insistentemente la voce dell'ennesima centrale cancerogena a biomasse - biogas nel comune di Latina questa volta in località Borgo Sabotino a 1 km dal mare, dalle terme, ecco un modo nuovo per incentivare il turismo? sarà vero? i cittadini si devono preoccupare?
"2000 FIRME DI CITTADINI PER DIRE NO AL BIOGAS A TARQUINIA”
COMUNICATO STAMPA del 30 giugno 2014
"2000 FIRME DI CITTADINI PER DIRE NO AL BIOGAS A TARQUINIA”
Vi scrivo in merito alla realizzazione dell’impianto a Biogas in zona Olivastro, proposto dal Consorzio il Pellicano ed attualmente in corso di Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.) presso la Regione Lazio, nonché oggetto di due procedure autorizzative presso la provincia di Viterbo, la prima, ex art. 208 del Dlgs 152/2006, in qualità di impianto di trattamento rifiuti, l’altra quale impianto per la produzione di energia ai sensi della L. 387/2003.
Le Associazioni Bio Ambiente e Forum Ambientalista, dopo l’esposto presentato a tutti gli enti pubblici (Comune di Tarquinia, Provincia VT, Regione Lazio) ed alla Comunità Europea, contro un progetto per la realizzazione di una centrale a (bio)gas a Tarquinia, hanno presentato di recente le proprie osservazioni all’ufficio V.I.A. della regione Lazio, avverse al progetto suddetto.
Tali osservazioni evidenziano la mancanza di conformità urbanistica poiché tale attività industriale verrebbe impiantata su un terreno agricolo al centro di una vasta area agricola di Tarquinia.
I terreni interessati sono infatti impiegati per molteplici colture irrigue ortofrutticole di elevato pregio, buona parte con modalità biologica, essendo il Comune di Tarquinia inserito tra le aree rurali ad agricoltura intensiva e specializzata. Quindi la realizzazione di questo impianto industriale comporterebbe un consumo del territorio agricolo e possibili interferenze negative all’economia agricola locale.
Altre argomentazioni importanti riportate nelle osservazioni e verificate anche nell’ambito dell’istruttoria, risultano essere nelle distanze non idonee dal fiume Mignone (a circa 250 metri) peraltro considerato “fiume a rischio esondazione” e soprattutto le distanze non idonee da numerose abitazioni sparse, di cui una addirittura a confine e quindi distanza zero dal terreno che sarebbe adibito a tale centrale.
Molto importante anche la problematica relativa al quadro emissivo (polveri ultrasottili, micro particelle pro cancerogene, diossine, ecc.) derivante dalla combustione dei gas prodotti dalla fermentazione batterica della nettezza organica (FORSU) che graverebbe sul contesto territoriale già fortemente compromesso per la presenza di altre fonti altamente inquinanti localmente esistenti, come la centrare TVN a carbone, il porto di Civitavecchia, il deposito di PetCoke, la centrale di Montalto di Castro, il Centro Chimico militare, ecc. che già determinano emissioni in atmosfera percepite negativamente dalla popolazione residente.
Nell’esposto prima e nelle osservazioni poi, si evidenzia anche come la viabilità stradale interessata dall’esercizio dell’impianto ipotizzato, non sia adeguata al transito di automezzi, poiché collegata ad una delle principali arterie stradali regionali, la S.S.Aurelia altamente trafficata soprattutto da veicoli pesanti. Tanto più che tale strada secolare sta andando scomparendo lasciando posto alla nuova Autostrada Tirrenica,in corso di lavori, quindi con aggravio secondario di traffico sulla strada provinciale (SP97) in località Valle del Mignone ed in particolare nella zona Olivastro. Perciò,
VISTO
il parere negativo al progetto biogas da parte della sigla sindacale Coldiretti,
VISTO
il parere negativo del Consorzio di Bonifica della maremma etrusca,
VISTE
le enormi preoccupazioni riguardanti le ripercussioni negative sulla salute e sull’ambiente da parte dell’ Associazione Bio Ambiente, Forum Ambientalista e soprattutto degli oltre 2000 cittadini firmatari della petizione no biogas a Tarquinia cartacea ed online e
VISTO
soprattutto che a breve l’ufficio di Valutazione Impatto Ambientale (V.I.A.) della regione Lazio dovrà esprimersi sentenziando un giudizio definitivo in merito a tale progetto industriale,
I CITTADINI CHIEDONO
al Sindaco di Tarquinia ed al Consiglio Comunale di prendere posizione di contrarietà a tale progetto industriale insalubre di prima classe, al fine di salvaguardare la Salute loro e l’Agricoltura, quest’ultima ancor oggi principale fonte di sostentamento dell’economia del paese etrusco.
Dr. Gian Piero Baldi
Presidente Associazione “Bio Ambiente
cura e salvaguardia del territorio di Tarquinia e dell’ Alto Lazio”
Medico ISDE (Associazione Medici per l'Ambiente - ISDE Italia)
"2000 FIRME DI CITTADINI PER DIRE NO AL BIOGAS A TARQUINIA”
Vi scrivo in merito alla realizzazione dell’impianto a Biogas in zona Olivastro, proposto dal Consorzio il Pellicano ed attualmente in corso di Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.) presso la Regione Lazio, nonché oggetto di due procedure autorizzative presso la provincia di Viterbo, la prima, ex art. 208 del Dlgs 152/2006, in qualità di impianto di trattamento rifiuti, l’altra quale impianto per la produzione di energia ai sensi della L. 387/2003.
Le Associazioni Bio Ambiente e Forum Ambientalista, dopo l’esposto presentato a tutti gli enti pubblici (Comune di Tarquinia, Provincia VT, Regione Lazio) ed alla Comunità Europea, contro un progetto per la realizzazione di una centrale a (bio)gas a Tarquinia, hanno presentato di recente le proprie osservazioni all’ufficio V.I.A. della regione Lazio, avverse al progetto suddetto.
Tali osservazioni evidenziano la mancanza di conformità urbanistica poiché tale attività industriale verrebbe impiantata su un terreno agricolo al centro di una vasta area agricola di Tarquinia.
I terreni interessati sono infatti impiegati per molteplici colture irrigue ortofrutticole di elevato pregio, buona parte con modalità biologica, essendo il Comune di Tarquinia inserito tra le aree rurali ad agricoltura intensiva e specializzata. Quindi la realizzazione di questo impianto industriale comporterebbe un consumo del territorio agricolo e possibili interferenze negative all’economia agricola locale.
Altre argomentazioni importanti riportate nelle osservazioni e verificate anche nell’ambito dell’istruttoria, risultano essere nelle distanze non idonee dal fiume Mignone (a circa 250 metri) peraltro considerato “fiume a rischio esondazione” e soprattutto le distanze non idonee da numerose abitazioni sparse, di cui una addirittura a confine e quindi distanza zero dal terreno che sarebbe adibito a tale centrale.
Molto importante anche la problematica relativa al quadro emissivo (polveri ultrasottili, micro particelle pro cancerogene, diossine, ecc.) derivante dalla combustione dei gas prodotti dalla fermentazione batterica della nettezza organica (FORSU) che graverebbe sul contesto territoriale già fortemente compromesso per la presenza di altre fonti altamente inquinanti localmente esistenti, come la centrare TVN a carbone, il porto di Civitavecchia, il deposito di PetCoke, la centrale di Montalto di Castro, il Centro Chimico militare, ecc. che già determinano emissioni in atmosfera percepite negativamente dalla popolazione residente.
Nell’esposto prima e nelle osservazioni poi, si evidenzia anche come la viabilità stradale interessata dall’esercizio dell’impianto ipotizzato, non sia adeguata al transito di automezzi, poiché collegata ad una delle principali arterie stradali regionali, la S.S.Aurelia altamente trafficata soprattutto da veicoli pesanti. Tanto più che tale strada secolare sta andando scomparendo lasciando posto alla nuova Autostrada Tirrenica,in corso di lavori, quindi con aggravio secondario di traffico sulla strada provinciale (SP97) in località Valle del Mignone ed in particolare nella zona Olivastro. Perciò,
VISTO
il parere negativo al progetto biogas da parte della sigla sindacale Coldiretti,
VISTO
il parere negativo del Consorzio di Bonifica della maremma etrusca,
VISTE
le enormi preoccupazioni riguardanti le ripercussioni negative sulla salute e sull’ambiente da parte dell’ Associazione Bio Ambiente, Forum Ambientalista e soprattutto degli oltre 2000 cittadini firmatari della petizione no biogas a Tarquinia cartacea ed online e
VISTO
soprattutto che a breve l’ufficio di Valutazione Impatto Ambientale (V.I.A.) della regione Lazio dovrà esprimersi sentenziando un giudizio definitivo in merito a tale progetto industriale,
I CITTADINI CHIEDONO
al Sindaco di Tarquinia ed al Consiglio Comunale di prendere posizione di contrarietà a tale progetto industriale insalubre di prima classe, al fine di salvaguardare la Salute loro e l’Agricoltura, quest’ultima ancor oggi principale fonte di sostentamento dell’economia del paese etrusco.
Dr. Gian Piero Baldi
Presidente Associazione “Bio Ambiente
cura e salvaguardia del territorio di Tarquinia e dell’ Alto Lazio”
Medico ISDE (Associazione Medici per l'Ambiente - ISDE Italia)
autostrada Roma Latina sempre polemiche per l'opera inutile e devastante, nemmeno i costruttori edili la vogliono. Centrale a biogas a Borgo Bainsizza emissioni oltre i limiti di legge ancora inquinamento, le accuse a Legambiente di Latina che non avrebbe informato il nazionale in base al comunicato emesso di responsabilità e richiesta di fare piena luce sul mancato rispetto della norma
DISCARICA DI BORGO MONTELLOFalde acquifere avvelenate, ennesimo rinvio dell'udienza
Le analisi sulle campionature non sono pronte e il perito ha chiesto un'ulteriore proroga. Il giudice Marcelli ha fatto slittare il confronto in aula a fine ottobre
Clemente Pistilli
30/06/2014 - 15:29
Occorre ancora tempo. Per arrivare alla verità su quanto avvenuto nella discarica di Borgo Montello, o almeno provarci, è necessario attendere ulteriormente. Il perito nominato dal giudice Guido Marcelli, con l’incarico di fare piena luce sull’avvelenamento delle falde acquifere nei pressi del sito di via Monfalcone, ha chiesto l’ennesima proroga, specificando che non sono pronti i risultati delle campionature effettuate. L’udienza è stata rinviata al prossimo 29 ottobre e, forse, solo in quella data il giudice potrà avere a disposizione tutti gli elementi per decidere se rinviare a giudizio i tre manager dei rifiuti finiti sotto accusa.
L’INCHIESTA. Dopo le analisi compiute dall’Arpa sui pozzi di controllo della discarica, nel 2005, la scoperta di un profondo inquinamento della falda acquifera e le indagini della polizia provinciale, il sostituto procuratore Giuseppe Miliano ha chiesto il rinvio a giudizio di Vincenzo Rondoni e Bruno Landi, all’epoca dei fatti al vertice di Ecoambiente, società che nel borgo gestisce la discarica dove vengono smaltiti i rifiuti di Latina, e di Nicola Colucci, anche lui imprenditore nel settore dei rifiuti, ritenuti responsabili dell’avvelenamento delle acque. I tre imputati, secondo gli inquirenti, sarebbero responsabili dell’inquinamento non avendo controllato la sicurezza degli invasi S1, S2, S3 ed S0. I tre inoltre, non avendo eseguito le opere di impermeabilizzazione di tali impianti, nonostante le carenze fossero a loro note a partire dal 1995, avrebbero consentito al percolato di fuoriuscire dagli invasi e “avvelenare” appunto la falda acquifera.
L’UDIENZA. Il giudice Guido Marcelli, ormai un anno e mezzo fa, affatto convinto sulle effettive responsabilità di quanto accaduto in via Monfalcone, ha disposto una perizia, per stabilire una volta per tutte chi e come ha inquinato l’ambiente, mettendo a rischio anche la salute dei cittadini. Un incarico affidato al dott. Tomaso Munari. Quest’ultimo, però, ha richiesto diverse proroghe, specificando che il lavoro è complesso, facendosi infine affiancare da altri due esperti, di Aprilia e Pomezia.
PERIZIA TORMENTATA. “C’è stata soltanto la difficoltà di trovare dei professionisti a cui far compiere le analisi, visto che le strutture pubbliche non hanno accettato e non è stato semplice trovare dei privati disposti a svolgere un simile lavoro. Ora però tutto è risolto e le operazioni inizieranno a giugno”, ci ha assicurato il dott. Munari due mesi fa, raggiunto telefonicamente da Corrieredilatina.it. In questi mesi il perito ha già raccolto e ordinato tutta la mole di documenti storici relativi alla discarica e compiuto un sopralluogo in via Monfalcone. http://www.corrieredilatina.it/news/ambiente/7777/Falde-acquifere-avvelenate--ennesimo-rinvio.html
Manifestazione a Latina sulla discarica di Borgo Montello (29-06-14)
dalla parte dei cittadini sempre, contro chi inquina e i loro complici sempre https://www.youtube.com/watch?v=wmbvQcSS4RM&feature=youtu.be
contro il cancro degli inceneritori anche gli asini fanno la differenziata, ci riusciranno anche a Latina e provincia?
Il
vecchio asino
è
meglio
di
un termovalorizzatore
di
Domenico
Finiguerra
La
legge della conservazione della massa è
una
legge fisica della meccanica classica,
che
prende origine dal cosiddetto postulato
fondamentale
di Lavoisier: “Nulla si crea, nulla
si
distrugge, tutto si trasforma”.
Non
avranno studiato al liceo scientifico e non
frequenteranno
convegni di fisica, ma loro, gli
asini
che fanno la raccolta differenziata, conoscono
bene
questa legge.
Se
metti una tonnellata di rifiuti in un forno
inceneritore,
una quota (fino a 360 Kg) ti resta
in
ceneri (da smaltire in discariche di servizio),
una
quota va in liquidi (per la pulizia degli impianti)
e
quindi nel ciclo idrico, ed una quota è
trattenuta
dai filtri. Ed il resto? Non sparisce di
certo.
Non si distrugge. Semplicemente vola
via.
Piccole (nano) particelle che prima o poi te
le
ritrovi nell’insalata o nel latte, anche materno.
Nanopolveri
di dimensioni infinitesimali e
nocive
che spesso sono composte da cromo,
cadmio,
nichel, arsenico, mercurio. Tant’è che
ormai
sono decine gli studi che indicano chiaramente
l’incremento
di tumori nei pressi degli
inceneritori.
Però, fino a qualche anno fa,
chi
metteva in discussione il totem dell’inceneritore
(o
come lo chiamano gli indoratori
della
pillola, il termovalorizzatore) era considerato
un
testardo ambientalista del No!
Oggi
per fortuna i tempi sono cambiati, perché
ci
sono arrivati anche gli asini. Si, anche quegli
asini
che fanno la raccolta differenziata. In tutto
il
mondo ci sono esperienze concrete, che
funzionano
e che mettono in discussione coi
fatti
il modello “termovalorizzatore”.
Senza
andare fino a San Francisco, dove da anni
si
persegue la strategia “Rifiuti Zero”, per noi
italiani
è sufficiente guardare ai Comuni Virtuosi,
come
Ponte nelle Alpi dove da anni si
supera
il 90% di raccolta differenziata, riducendo
di
oltre il 90% la quantità di rifiuti prodotta.
E
poi, come si diceva, ci sono tanti asini. Asini
dotati
di gerle che fanno la raccolta differenziata
porta
a porta per i vicoli del centro troppo
angusti
e tortuosi. Il primo a sperimentarlo è
stato
il Comune di Castelbuono, Palermo. Più
recentemente
Moltalto Ligure nell’imperiese.
Si
dirà: piccoli comuni, piccole esperienze, che
non
possono certo mettere in discussione il fatto
che
in tutta Europa l’incenerimento è unanimemente
considerato
il metodo più moderno
per
smaltire i rifiuti. Ma non è più neanche
così!
Perché proprio dall’oltralpe, il ministro
Socialista
dell’Ambiente del Governo Francese
Ségolène
Royal, pochi giorni fa ha testualmente
dichiarato:
“Les incinérateurs sont une solution
dépassée.
Il faut arrêter les incinérateurs.”
Allora
fermiamoli questi inceneritori. E assumiamo
asini
e persone. Perché con un grande
piano
nazionale per la raccolta differenziata
porta
a porta in tutti gli 8 mila comuni d’Italia si
creerebbero
(e in questo caso Lavoisier sarebbe
superato)
centinaia di migliaia di posti di lavoro.
Si
chiamerebbe conversione ecologica.
2 Ruote di Resistenza Veliterna e Giulianese
Alla ricerca del Popolo che manca. https://www.facebook.com/events/293944730787931/
"2 Ruote di Resistenza (#2RR) nasce dall’esigenza di riannodare i fili di un territorio sempre più drammaticamente abbandonato. Di scoprire di prima mano e poi raccontare la storia e le storie di un paese lungo che, al di fuori delle grandi città, è ancora pressoché sconosciuto."
Nica Mammì e Daniele Contador Contardo, partiti da Bussoleno in Val di Susa alcune settimane fa, stanno attraversando in bici la penisola. Dopo Piemonte, Liguria, Toscana e Umbria arrivano nel Lazio e dopo Roma arriveranno sabato a Velletri e domenica saranno a Giulianello incontrando il Comitato No Bretella Autostradale Cisterna Valmontone e la cultura locale.
Cena vegana.
Domenica mattina traversata in bici da Velletri al Lago di Giulianello dove si pranzerà.
Pomeriggio in Piazza Umberto I, dove si parteciperà a "Pè i ndò".
"2 Ruote di Resistenza (#2RR) nasce dall’esigenza di riannodare i fili di un territorio sempre più drammaticamente abbandonato. Di scoprire di prima mano e poi raccontare la storia e le storie di un paese lungo che, al di fuori delle grandi città, è ancora pressoché sconosciuto."
Nica Mammì e Daniele Contador Contardo, partiti da Bussoleno in Val di Susa alcune settimane fa, stanno attraversando in bici la penisola. Dopo Piemonte, Liguria, Toscana e Umbria arrivano nel Lazio e dopo Roma arriveranno sabato a Velletri e domenica saranno a Giulianello incontrando il Comitato No Bretella Autostradale Cisterna Valmontone e la cultura locale.
Cena vegana.
Domenica mattina traversata in bici da Velletri al Lago di Giulianello dove si pranzerà.
Pomeriggio in Piazza Umberto I, dove si parteciperà a "Pè i ndò".
- Mostra mappaAssociazione Culturale OssigenoVia San Biagio, 00049 Velletri
domenica 29 giugno 2014
corridoio tirrenico meridionale Acer (costruttori provincia Roma), no alla nuova autostrada devastante Roma-Latina
Cronaca
Acer, no alla nuova Roma-Latina
I costruttori della Provincia di Roma preferiscono la messa in sicurezza della vecchia pontina
28/06/2014
Redazione ParvapoliS
II lavori dovrebbero partire il prossimo anno ma oltre ai soliti no, un'altra tegola si aggiunge sulla possibilità di realizzare la nuova Roma-Latina. Viene dai costruttori dell'Arcer, aderente all'Ance, che mercoledì prossimo a Roma faranno conoscere ufficialmente il loro pensiero sulla nuova opera dal costo previsto di 2,5- 3 miliardi di euro.
Perché questa posizione, non si parla di problemi per l'ambiente!, da parte di aziende che potrebbero dare respiro ai propri dipendenti?. A meno che il famoso progetto di finanza potrebbe essere indigesto per la aziende laziali, l'ACER infatti è l'Associazione dei Costruttori Edili di Roma e Provincia, che non avrebbero le capacità di reggere il confronto con i grossi gruppi. E per questo si punta ad un ammodernamento dell'attuale Roma-Latina con una messa in sicurezza di alto livello. Mercoledì ne sapremo di più.http://www.parvapolis.it/a-67211/acer-no-alla-nuova-roma-latina/
Perché questa posizione, non si parla di problemi per l'ambiente!, da parte di aziende che potrebbero dare respiro ai propri dipendenti?. A meno che il famoso progetto di finanza potrebbe essere indigesto per la aziende laziali, l'ACER infatti è l'Associazione dei Costruttori Edili di Roma e Provincia, che non avrebbero le capacità di reggere il confronto con i grossi gruppi. E per questo si punta ad un ammodernamento dell'attuale Roma-Latina con una messa in sicurezza di alto livello. Mercoledì ne sapremo di più.http://www.parvapolis.it/a-67211/acer-no-alla-nuova-roma-latina/
legambiente e la partecipazione alla centrale inquinante di Borgo Bainsizza le informazioni del 20 gennaio mai trasmesse al nazionale
il 20 gennaio nella partecipata riunione a Borgo Bainsizza dell'osservatorio regionale per la legalità, alla presenza delle consigliere regionali di maggioranza Rosa Giancola e Cristiana Avenali, il consigliere regionale di opposizione Gaia Pernarella del M5S ha informato l'assemblea su uno dei temi critici della provincia di Latina. La centrale a biogas "gioiello" tanto decantata di Borgo Bainsizza partecipata da AzzeroCO2 e quindi da Legambiente, oltre ai vari problemi segnalati precedentemente che hanno portato anche a diffide, sarebbe fuori norma nelle emissioni secondo i dati dell'ArpaLazio. Tanto per la cronaca erano presenti oltre alla Avenali (eletta nella maggioranza di Zingaretti alla Pisana quale espressione di Legambiente Lazio) anche il presidente regionale di Legambiente Lorenzo Parlati, nonchè i rappresentanti di Latina e provincia Marco Omizzolo e Alessandro Loreti. Può essere che nè la Avenali, nè Parlati, nè Omizzolo e Loreti abbiano trovato il tempo e il modo di informare il nazionale dei problemi derivanti dalla gestione della centrale di Borgo Bainsizza da Legambiente. Perchè il nazionale di Legambiente ha dovuto apprendere dagli organi di informazione anzichè dal territorio? si è interrotto il rapporto con il territorio?
"GIALLO" DEL COMANI Mistero sulla proprietà dei terreni dell'aeroporto di Latina, interrogazione alla ministra Pinotti
Si è sempre sostenuto che il bene sia di proprietà della fondazione Caetani e concesso in uso all'Aeronautica. Ora è spuntata una tesi diversa e i grillini hanno sollevato il caso in Parlamento
Clemente Pistilli
29/06/2014 - 10:00
Sempre più intricata la vicenda dell’aeroporto di Latina Scalo. Tra battaglie alla luce del sole e sotterranee sul futuro della struttura e sulla possibilità di trasformarla in scalo civile, si è ora aggiunto un capitolo che arricchisce la trama della storia, donandole l’ennesimo mistero: non è più chiaro neppure di chi sia la proprietà dei terreni su cui sorge il “Comani”. Un caso sollevato in Parlamento dai senatori grillini Giuseppe Vacciano e Ivana Simeoni, che con un’interrogazione hanno chiesto al ministro della difesa, Roberta Pinotti, una risposta chiara.
IL NODO. Non è mancato dibattito sul possibile uso anche a fini civili dell’aeroporto “Comani”, in cui non sia stato sollevato il problema della titolarità del terreno. Sempre è stato sostenuto che quel terreno è della Fondazione Caetani, che lo ha concesso all’Aeronautica. Senza i militari, si è detto, non vi sarebbe più aeroporto, in quanto quel bene tornerebbe alla fondazione. Necessaria di conseguenza una coabitazione con l’Arma Azzurra. Al massimo si potrebbe dar vita a uno scalo misto, civile e militare. Ma sembra che non sia così e che l’immobile sia invece da settanta anni proprietà dello Stato.
L’ISPEZIONE PENTASTELLATA. Il caso è emerso dopo la visita compiuta dagli onorevoli pontini del Movimento5Stelle al “Comani”, il 26 maggio scorso, finalizzata a far luce su 30 aerei acquistati dal Ministero della difesa ma difettosi, bloccati a terra e inutili per l’addestramento dei militari. I senatori Giuseppe Vacciano e Ivana Simeoni, il deputato Cristian Iannuzzi e alcuni attivisti pentastellati vennero accolti dal generale comandante di squadra aerea Franco Girardi e dal colonnello Salvatore Romeo, capo del 70° Stormo “Giulio Cesare Grazioni”. Parlando era poi stato affrontato anche il problema del possibile uso della struttura a fini civili. E i militari avrebbero riferito ai grillini che il sedime su cui sorge l’aeroporto è di proprietà della Fondazione Caetani, che ne ha concesso l’uso all’Aeronautica a titolo gratuito. La versione emersa appunto in tutti i dibattiti sullo scalo.
LA NUOVA IPOTESI. In un recente incontro organizzato a Latina dal Movimento5Stelle, il quadro della situazione fornito dal vicepresidente della Fondazione Caetani è stato però diverso. Quest’ultimo ha sostenuto che il terreno del “Comani”, ora in uso al Ministero della difesa, non rientrerebbe tra le proprietà della fondazione, in quanto oggetto di esproprio durante la seconda guerra mondiale, a cui seguì liquidazione. Un bene dunque espropriato dallo Stato e dallo stesso Stato pagato ai proprietari.
L’INTERROGAZIONE. I senatori Vacciano e Simeoni hanno così presentato un’interrogazione alla ministra Roberta Pinotti, chiedendo alla titolare del dicastero della Difesa se il terreno dell’aeroporto di Latina Scalo sia realmente di proprietà dello Stato a seguito dell’esproprio compiuto nel secolo scorso. http://www.corrieredilatina.it/news/economia/7689/Mistero-sulla-proprieta-dei-terreni-dell.html
centrale a biogas di Borgo Bainsizza con la partecipazione di Esco Lazio e Legambiente, altre prove contrarie dopo che tutte le analisi precedenti dell'ArpaLazio avevano riscontrato valori nelle emissioni e negli scarichi fuori norma
Dopo le ennesime anomalie nei dati dell'ArpaLazio finalmente trasmessi i dati alla Procura di Latina. L'impianto appartiene allo stesso gruppo societario che ha presentato l'ennesima centrale a biogas da forsu nella popolosa Latina Scalo
Rida ambiente di Aprilia le amnesie del comune nel consueto scarica barile, l'amministrazione scarica sulle altre istituzioni i problemi della zona Sacida, sul servizio fognario il sindaco Terra afferma che il no è di provincia e acqualatina. La contraddizione il 26 giugno il dirigente provinciale si è mostrato disponibile a questa ipotesi. Naturalmente l'NCD è favorevole all'ampliamento della Rida è l'unica strada percorribile per non trovarsi in stato di emergenza. Poi un barlume: serve una svolta per la differenziata
Roma Latina il no dei costruttori per l'autostrada devastante corridoio tirrenico meridionale mercoledi le spiegazioni dell'Ance Lazio. Oltre ai danni sul territorio assoluta mancanza di garanzie economiche, ritardi, errori soliti si allontana nuovamente il progetto contestato dalla più grande manifestazione di Latina (oltre 10 mila persone per la Questura sotto la grandine)
Pontinia il solito degrado del Fiume Linea come ogni anno (ponte sulla Migliara 48) si trova di tutto: sfalci, erba, plastica, polistirolo (in superficie figuriamoci sul fondo), scarsa ossigenazione dell'acqua, ogni anno moria dei pesci e i contadini usano questa acqua per innaffiare i campi, le colture (ortaggi e frutta per consumo umano oppure per alimentazione bestiame che finisce sempre nella nostra catena alimentare). Va tutto bene naturalmente nessuno vede, nessuno parla
Pontinia Migliara 48 (lato sinistro dall'Appia verso montagna appena superato Ospedaletto circa 330 m da SS 7) affianco ai cassonetti si trovano buste, plastica, sanitari, calcinacci, copertoni, mobili, come sempre nessuno vede, nessuno interviene, nessuno fa nulla. A quando una raccolta differenziata seria?
legambiente e gli impianti cancerogeni a biogas più o meno nel rispetto della legge
era stato fatto notare a legambiente latina che l'impianto aveva funzionato per circa 2 anni senza autorizzazione antincendio e che c'erano alcuni errori progettuali, oltre alla sanatoria richiesta per alcune opere non comprese nel progetto. Da legambiente latina erano state definite "sciocchezze". Legambiente nazionale probabilmente non era stata informata nemmeno da legambiente latina. Scrive infatti legambiente nazionale " l'impianto che fino ad oggi è sempre risultato progettato e gestito in modo esemplare". Quindi delle due l'una o hanno sbagliato i vari enti di controllo che hanno più volte chiesto modifiche e adeguamenti oppure il progetto non era esamplare e in tal caso si tratterebbe di capire perchè legambiente latina non avrebbe informato il nazionale dei problemi sul territorio. In ogni caso rimane da capire se ci sono questi evidenti problemi perchè insistere con altre centrali per inquinare a norma di legge oppure sforandola con impianti che hanno emissioni cancerogene (a norma di legge) per produrre energia che non serve visto l'Italia ha capacità produttive superiori da 2 a 3 volte il consumo nazionale e che, come dimostrano le ricerche scientifiche, il biogas inquina più del carbone. Carbone che secondo greenpeace causa, in Italia, un morto al giorno. eppure legambiente latina informata degli sforamenti diceva che erano sciocchezze http://www.legambiente.it/contenuti/articoli/impianto-biogas-di-borgo-bainsizza-larpa-faccia-subito-chiarezza
INDAGINI IN CORSO In tribunale a settembre per “Ambiente svenduto” di Taranto con l'Ilva
LA
GIUSTIZIA SI FERMA fino
al 16 settembre:
solo
allora il tribunale di Taranto deciderà se accettare
la
costituzione di parte civile al processo “Am -
biente
svenduto” per circa 800 fra associazioni e
cittadini
convinti di aver avuto la vita rovinata
dall’Ilva
con la gestione Riva. Gli ex proprietari, invece,
attendono
la decisione della Cassazione sulla
richiesta
di trasferimento del processo a Potenza:
troppa
pressione in città, troppa ostilità, dicono.
La
procura chiede il processo per 49 imputati e
tre
società fra dirigenti e rappresentanti della famiglia
Riva,
accusati di associazione per delinquere,
disastro
ambientale, avvelenamento di sostanze
alimentari
e omissione dolosa di cautele contro gli
infortuni
sul lavoro. Mancherà in aula Emilio Riva,
scomparso
a 87 anni il 29 aprile scorso. Tra gli imputati
anche
il presidente della Regione Puglia, Nichi
Vendola,
l'ex presidente della Provincia di Taranto
Gianni
Florido, il sindaco di Taranto, Ippazio
Stefano,
il deputato di Sel, Nicola Fratoianni, l'assessore
regionale
all'Ambiente, Lorenzo Nicastro. il fatto quotidiano 29 giugno 2014
Taranto Ilva DICE EDO RONCHI “Risanamento avviato, a parte le opere più care”
ALTRO
CHE INQUINAMENTO e
pericoloso attacco
alla
salute dei cittadini: l’aria di Taranto è
tra
le migliori d’Italia. Lo dice il subcommissario
dell’Ilva,
Edo Ronchi, confortato dai dati
dell’Agenzia
regionale pugliese per l’Ambiente:
“La
qualità dell’aria a Taranto è buona, in particolare
per
le polveri sottili: i dati sono tra i migliori
delle
città italiane. Il benzo(a)pirene si è
ridotto
di dieci volte. Nel quartiere Tamburi,
l’aria
è ampiamente a norma per tutti i parametri”.
Anche
le prospettive future dell’area tarantina
sono
eccellenti: “L’Ilva è oggi un’azienda in
via
di risanamento ambientale, l’81% dei numerosi
interventi
prescritti dall’Aia del 2011 e del
2012
sono stati attuati e il 98% degli interventi
è
stato avviato”. Per l'applicazione dell’Aia, ammette
però
Ronchi, occorrono 1,8 miliardi, dei
quali
500 milioni entro l’anno, “perché non sono
ancora
stati completati gli interventi più costosi”.
Il
colosso franco-indiano Arcelor Mittal potrebbe
essere
interessato a investire in Puglia. il fatto quotidiano 29 giugno 2014
Taranto Si guasta la pompa dei rifornimenti, petrolio in mare
ANCHE
IERI UN INCIDENTE a
Taranto: la rottura
della
valvola di una tubazione attraverso la quale era
stata
rifornita di gasolio una nave della Marina militare
nella
base navale Chiapparo ha provocato lo
sversamento
in mare di carburante. Angelo Bonelli,
dei
Verdi: “Tra diossina (Ilva), benzene (Eni) e petrolio,
Taranto
si trova in una situazione drammatica
con
un futuro compromesso”. il fatto quotidiano 29 giugno 2014
Ilva LA LUNGA NOTTE NERA DI TARANTO CITTÀ MALATA
LA LUNGA NOTTE NERA
DI TARANTO CITTÀ MALATA
Mentre le autorità giurano che ormai la qualità dell’aria “è tra le migliori d’Italia”
la gente combatte le polveri killer. Il professore: “L’Ilva brucia le schifezze col buio”
DI TARANTO CITTÀ MALATA
Mentre le autorità giurano che ormai la qualità dell’aria “è tra le migliori d’Italia”
la gente combatte le polveri killer. Il professore: “L’Ilva brucia le schifezze col buio”
C’è
Ignazio, il barista, ad
accogliere i giornalisti: “Voi venite,
scrivete
e poi andate via. Ma qua la guerra non finisce mai”
C’è
Sabrina, che ha perso papà Peppino e il marito Nicola: “A mio
padre
è andata bene, solo un mese di malattia. Nicola invece ci ha
messo
tanto. E io vorrei andarmene, portare via almeno
la
bambina: ma chi viene a comprarsi adesso una casa a Tamburi?”
di Beatrice
Borromeo
inviata
a Taranto L’uomo
fa scivolare il dito indice
lentamente,
da destra a
sinistra,
sulla superficie liscia
e
scura del bancone del suo
bar.
“Sono un concorrente
del
Grande Fratello”, dice
mostrando
la polvere rossastra che gli si è accumulata
sul
polpastrello. Polvere che sembra cipria,
che
quando la soffi controluce brilla. “Oggi
chi
è stato nominato? Io? Allora oggi muoio io”. Il
piccolo
bar nella piazza centrale del quartiere
Tamburi
– quello che, secondo il sub-commissario
Ilva,
Edo Ronchi, gode dell’aria tra le migliori
d’Italia
– fotografa la realtà complessa di
Taranto.
“Pulisco tutti i giorni, e ogni venerdì
strofino
per bene ogni angolo e lavo i vetri. Ma
non
c’è niente da fare: la polvere entra lo stesso,
s’infiltra
ovunque. Respiro tutto il giorno un’aria
che
fa venire il cancro”.
Ignazio
con la barba bianca e i capelli neri ha due
categorie
di clienti. I giornalisti e gli operai. Quando
entriamo
noi, comincia lo show: ci racconta,
indicando
col dito ancora sporco di “quella zoccola
dell’Ilva”,
che la sua città “sembra uscita dalla
guerra.
È tutto sospeso. Si parla dei Mondiali, non
dei
tumori. Siamo abituati, indifferenti. Voi cronisti
scrivete
due righe e poi ve ne fregate. Ma qui
la
guerra dovrebbe essere finita già da un po’, eppure
la
vita non riparte”. Ignazio dice tutto quello
che
ti aspetti di sentire: “C’è un altro funerale, oggi,
a
Santa Rita. Un altro ragazzo morto di tumore”.
Ma
se gli chiedi di farsi fotografare, la disinvoltura
che
ormai ha con la stampa lascia il posto
alla
paura di perdere la clientela: “Non posso. Qui
ci
vengono gli operai. Non si può parlar male della
zoccola.
Altrimenti la gente si arrabbia: ha paura
di
perdere il lavoro. Vi faccio lo sconto-giornalisti,
un
euro per i vostri caffè, ma non chiedetemi
la
foto”.
LA
CITTÀ ROSA E LE COZZE ILLEGALI
Più
ti avvicini a Tamburi, più il paesaggio si colora
di
rosa. Appena attraversi il ponte girevole, che
divide
la città vecchia da quella nuova, e ti lasci alle
spalle
il Castello Aragonese e la sua storia millenaria,
cominci
a notare le ferite con cui convive la
gente.
Basta guardare il mare. Anche dove non
piovono
i siluri della Marina militare –un bagnante
ne
ha trovato uno di un paio di metri sganciato
qualche
giorno fa, per errore, da un elicottero –di
spie
ce ne sono eccome. E sono rosse, di plastica,
galleggianti.
Sono le decine di boe disseminate nel
Mar
Piccolo di Taranto a indicare le coltivazioni
delle
cozze tarantine, famose nel mondo ma ormai
contaminate.
“Per legge non si possono più né
mangiare
né vendere, anche se i pescatori a volte se
ne
fregano”, raccontano sul lungomare, mentre
due
ragazzini sfrecciano avanti e indietro su un
motorino
grigio, senza meta e senza casco. Rosse
come
le recinzioni che confinano la terra tossica
del
cimitero San Brunone, dove i morti non si possono
più
seppellire perché il rischio per chi scava le
fosse
è troppo alto. Poi alzi gli occhi e vedi le boe
sovrastate
da una torre blu che sulla cima si dipinge
di
strisce rosse e bianche. È il camino E 312,
quello
dove gli operai salivano per protestare contro
la
diossina sparata nell’aria.
IL
TANFO, LE NUVOLE, IL BENZO(A)PIRENE
L’Ilva
si vede, ma è ancora lontana, avvolta da una
cappa
che offusca tutto il cielo tarantino. Davanti a
noi
ci sono due navi con la chiglia arrugginita. Anche
la
Marina militare – denuncia Legambiente –
ha
un ruolo importante nell’avvelenamento di
queste
acque. Così come inquinano gli altri impianti
industriali,
da Cememtir all’Eni. Capisci
dove
sei anche a occhi chiusi, perché vicino a ogni
stabilimento
c’è un odore diverso. Prima arriva la
puzza
di gas, poi quella di marcio. Passi sotto i
lunghi
nastri trasportatori che, come trenini blu
sospesi
per aria, spostano ogni anno milioni di
tonnellate
di materie prime –minerali di ferro e
carbon
fossile – dal porto commerciale ai parchi
dell’Ilva.
Lì inali qualcosa di diverso, di acre, una
puntura
metallica che fa pizzicare le narici.
Dall’acciaieria,
di giorno, escono grappoli di nuvole
bianche,
fumi densi e compatti, innocui per
l’azienda
(“è solo vapore”) e tossici per i cittadini
(“contengono
polveri e benzo(a)pirene, che sono
sicuramente
cancerogeni”). “L’Ilva è oggi
un’azienda
in via di risanamento ambientale – ha
insistito
Ronchi – il benzo(a)pirene si è ridotto di
dieci
volte. Nel quartiere Tamburi è ampiamente a
norma
per tutti i parametri”.
UNO
SU DICIOTTO SI BECCA IL CANCRO
Qui
gente e paesaggio raccontano però un’altra
storia.
Il parchetto di Tamburi, davanti alla scuola
elementare,
è recintato: “Divieto d’ingresso”, dice
l’ordinanza
del sindaco. Neanche le aiuole si possono
toccare:
“Dobbiamo tenere i bambini in casa,
non
possono giocare sull’erba”, racconta una madre.
Quasi
tutti i portoni hanno tre cose in comune:
il
numero civico scritto con la bomboletta
spray,
la bandiera dell’Italia che sventola anche
dopo
l’eliminazione degli Azzurri e un cartello con
su
scritto “vendesi”. Solo che nessuno vuole comprare.
Alessandro
Marescotti, professore delle superiori
che
da qualche anno gira con un rilevatore
di
IPA – tra i principali cancerogeni presenti
nell’aria
tarantina –ci mostra i dati raccolti il giorno
prima,
all’alba. “È di notte che all’Ilva bruciano
quello
che non dovrebbero bruciare”.
La
qualità dell’aria, dice
lui,
“è pessima. Ieri oscillava tra i
17
e i 36 nanogrammi al metro
cubo,
superando addirittura la
concentrazione
che Arpa aveva
rilevato
a Tamburi nell’anno
delle
telefonate tra Archinà e Nichi
Vendola,
il 2010 (cioè 19 nanogrammi
al
metro cubo)”. Proprio
verso
le sette di mattina si
vede
una striscia orizzontale che
come
un soufflè si accascia sulla
città:
“È in quel momento che bisogna
analizzare
l’aria. Il sistema
di
monitoraggio che rende così
ottimista
Ronchi è inaffidabile”.
Il
professore cita il numero dei malati di tumore, in
continuo
aumento: “Uno ogni diciotto persone a
Tamburi,
nel resto della città uno ogni ventisei
abitanti”.
Dati non necessariamente incompatibili
con
le affermazioni del sub-commissario, considerando
il
periodo d’incubazione. “La prova che i
rischi
sono ancora enormi – dice Marescotti – è
che
abbiamo fatto fare gli esami del sangue a un
gruppo
di bambini di Tamburi. E nel loro sangue
c’è
piombo. Il piombo resiste tre o quattro settimane
al
massimo. Se la situazione fosse buona come
vogliono
farci credere, non avremmo un probabile
cancerogeno
dentro di noi: sì, ce l’ho anche
io,
e sono preoccupato per la mia salute”.
FRATELLI
D’ITALIA E AMORE SUI MURI
All’ingresso
della città, appena dopo l’autostrada,
c’è
questa scritta: “Oggi bistecca alla diossina”. A
Tamburi
invece, oltre al patriottismo calcistico,
stupiscono
anche i messaggi verniciati sui muri. Ci
sono
solo frasi d’amore: “Silvia ti prego torna”;
“Piccola
mia io e te sempre insieme”; “Tanti auguri
mamma”.
Sulla facciata di una casa popolare,
però,
c’è affissa una targa: “Ennesimo decesso per
neoplasia
polmonare. 8 marzo 2012”. “L’ha voluta
mio
padre, operaio dell’Ilva, subito prima di morire”,
ricorda
Sabrina Corisi, occhi azzurri e combattivi.
“Voleva
fosse chiaro a tutti che siamo solo
numeri.
Lui, almeno, è stato fortunato: è morto in
25
giorni”. Entriamo nella sua casa, tirata a lucido
“perché
qui abbiamo la fobia della polvere”. Fuori
dalle
finestre ci sono stracci bagnati per impedire
che
entri, stracci che dopo qualche ora si colorano
di
rosa. Nella cucina, sul frigo, sono attaccate fotografie
di
due uomini: “Quello è mio padre Peppino.
L’altro
invece, è mio marito Nicola. Stesso
lavoro,
stessa sorte. Ma a Nicola è andata molto
peggio:
ci ha messo sei mesi a morire. Alla fine
aveva
52 metastasi solo al collo. Tre lesioni cerebrali.
Un
nodulo al polmone. Non riusciva più né a
respirare
né a bere o mangiare. Qui dicono che
bisogna
scegliere se morire di cancro o di fame: lui
è
morto di tutt’e due”. Sabrina è in casa con la sorella,
la
madre e la figlia di due anni, Gaia, che
indossa
una maglietta con la foto del padre sul davanti
e
del nonno sulla schiena. Di tanto in tanto
dà
un occhiata al cortile, dove Swami, 8 anni, gioca
con
gli amici: “So che non dovrebbero star fuori,
ma
tenere i bambini tutto il giorno chiusi in casa è
impossibile”.
Le mani e la fronte, quando si appoggiano
al
muro per giocare a nascondino, diventano
subito
rosse di polvere, come se avessero
toccato
una vernice fresca color mattone. “Se dovesse
succedere
qualcosa ai miei figli non me lo
perdonerei
mai, alla fine la scelta di restare è mia”,
dice
Sabrina. Che però, ad andarsene, ci ha provato:
“La
casa è invendibile. Il lavoro non c’è. Io
dico
che tutti noi che abitiamo qui, in fondo, lavoriamo
per
l’Ilva. Quando è morto mio marito,
sono
andata in banca perché da sola non riesco a
pagare
il mutuo. Ho detto: ‘Voglio pagarne solo
metà,
perché mio marito non è più qui, non usufruisce
più
di questa casa”. Lui, mangiando patatine,
si
è messo a ridere: ‘Facile la vita, eh?’, ha
risposto.
Sabrina ci mostra un volantino che sta
distribuendo
in tutto il vicinato. “Chiedo alla gente
di
Tamburi di svegliarsi. So che avete paura di
perdere
il posto, ma qui stiamo morendo tutti.
Dobbiamo
essere uniti, solo così obbligheremo
Renzi,
Ronchi o chi per loro a fare qualcosa. Venissero
qui,
a governare. Li ospito io, vediamo se
insistono
con la cazzata che la nostra aria è la migliore
d’Italia”.
Per un’oretta, Sabrina racconta la
sua
storia e resta tranquilla.
Poi
gli scudi cadono e le parole escono veloci, una
dopo
l’altra. È quando si parla della famiglia Riva:
“Io
li odio. Mentre ero in ospedale ho sentito della
morte
di Emilio Riva. Aveva 80 anni, quindi la vita
l’ha
vissuta, ha visto i figli crescere, e questo mi
dispiace.
Ma in quel momento, quando ho saputo
che
non esisteva più, sono stata felice. Fanculo, sei
morto
pure tu. Sarai anche morto vecchio e ricco,
ma
almeno sei sotto terra. E dopo di te ci vada pure
l’Ilva”.
CAMPIONI
DEL MONDO
Ma
c’è anche chi, si chiama Mario Amodio, vuole
che
l’acciaieria resti aperta: “Che la mettano in sicurezza.
Altrimenti
qui non si mangia più”: Mario
è
stato campione del mondo di kick boxing e karate,
la
sua casa è colma di trofei e medaglie. Sua
moglie
Felicetta, che dei tarantini dice “siamo un
branco
di pecore, non riusciamo a coalizzarci”, li
guarda
e poi abbassa gli occhi a terra. Adesso Mario
pesa
40 chili. “Ho lavorato nell’Ilva e nel suo
indotto
tutta la mia vita. Poi mi hanno detto che
avevo
un tumore alla lingua e uno all’esofago. Io
ero
così in forma, così forte, che non avrei mai
pensato
potesse succedere proprio a me”. Le parole
sono
le stesse usate da Sabrina: “Dopo mio
padre,
come avrei potuto immaginare che capitasse
anche
a Nicola?”. Mario, che parla grazie a
una
macchina appoggiata sotto al mento, si rivolge
direttamente
al premier: “Per colpa dell’Ilva sto
vivendo
un’altra vita. Mi hanno tolto l’esofago:
non
posso digerire, se mangio troppo mi esce tutto.
Non
posso fare la doccia perché rischio di affogare.
Non
posso essere un marito per mia moglie,
che
è l’unica ragione per cui vado avanti. E
sapete
cos’ha fatto l’Asl? Mi ha tolto l’accompa -
gnamento!
Erano solo 500 euro al mese, ma aiutavano.
Dicono
che mi vedono bene, che sto meglio.
Che
lavoro posso fare – dice con la voce metallica
che
filtra dalle vibrazioni del laringofano –
l’operatore
di un call center?”. Mario e Felicetta
scoppiano
a ridere: “Dobbiamo metterla in quel
posto
a chi ci vuole morti. Restiamo di buon umore.
Siamo
più forti di te, Ilva”.
Twitter@BorromeoBea
Ha
collaborato Luigi Piepoli
il fatto quotidiano 29 giugno 2014