IL RICORSO AL PIANO – Per Legambiente, invece, l’assalto riguarda il mare come la terra. Ne è esempio proprio quanto sta accadendo a Ragusa. Dopo anni di battaglie, infatti, dal 2016 la Provincia di Ragusa ha il suo Piano paesaggistico, uno strumento che tutela lo straordinario patrimonio culturale, ambientale e paesaggistico del territorio. “Un principio del piano – spiega Legambiente – è che non si possa modificare la morfologia dei suoli e non si possano fare sbancamenti”. Così Eni ed Edison hanno impugnato, in particolare, l’articolo 20 del Piano che divide i territori in tre zone di tutela. Se decadesse questo articolo verrebbero meno tutti i piani paesaggistici della Sicilia che sono non regionali, bensì suddivisi per provincie. “Saltando i piani paesaggistici – commenta Legambiente – ad avere la meglio oltre al petrolio ci sarebbero sicuramente anche il cemento e i tanti progetti a cui questa pianificazione ha posto un freno”. Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia parla di “accanimento di Eni ed Edison verso quel territorio, dove i giacimenti attuali sono in evidente di calo di produzione ormai da anni e dove è stato scelto un nuovo modello di sviluppo locale, basato su sostenibilità, cultura e turismo di qualità”. Interpellata da ilfattoquotidiano.it sulla vicenda del ricorso al piano paesaggistico di Ragusa, Eni preferisce non rilasciare dichiarazioni, anche se fonti vicine all’azienda spiegano che “il ricorso non è stato presentato perché il piano impedisce eventuali nuove attività di ricerca o estrattive, ma perché è stato concepito come se quelle attività non si svolgessero già da decenni. Il piano non ne terrebbe conto, costituendo anche un rischio per la sicurezza dell’area”.
L’ASSALTO ALL’ORO NERO E IL RUOLO DEL GOVERNO– Ma per l’associazione un ruolo importante nella corsa all’oro nero ce l’ha anche il Governo. “Quando le società petrolifere non riescono nel loro assalto – spiega Legambiente – anche grazie all’opposizione delle comunità locali e delle categorie economiche, in primis quelle legate al turismo e alla pesca, ci pensa proprio il Governo con l’ennesima norma pro trivelle”. Il riferimento è al decreto ministeriale dell’aprile scorso, con cui si deroga al divieto di nuovi pozzi e nuove piattaforme entro le 12 miglia. Le conseguenze? “A farla da padrona – rileva il dossier – sono sempre le stesse compagnie: Eni e Edison che detengono tra concessioni, permessi e istanze di ricerca il 57% dei titoli su terra e mare siciliani”.
I NUMERI DEL DOSSIER – Tra attività a terra e mare, nel 2016 la Sicilia ha contribuito al 25% della produzione nazionale di petrolio, con poco meno di 1 milione di tonnellate di greggio. “Quantità che – si spiega nel dossier – stando agli attuali consumi, coprirebbero appena l’1,6% del fabbisogno del nostro Paese”. Ma alle 9 concessioni di coltivazione, se ne potrebbero aggiungere altre 4: “Sono tante, infatti, le istanze arrivate al Ministero e alla Regione Sicilia, in corso di valutazione di impatto ambientale”. Numeri destinati a crescere ancor di più sia a terra che a mare se proseguiranno nel loro iter amministrativo i 12 permessi di ricerca vigenti e le 16 istanze di permesso di ricerca attive (per un totale di circa 19.400 chilometri quadrati). A queste richieste, vanno poi aggiunti i due permessi di prospezione a mare che andrebbero a coprire un’ulteriore area di 6.380 chilometri quadrati.
LA PIATTAFORMA VEGA B – Il caso più eclatante è quello della piattaforma Vega B. Il canale di Sicilia, infatti, ospita quella che ad oggi è l’unica richiesta nel mare italiano per la realizzazione di una nuova piattaforma petrolifera (nell’ambito di una concessione in comproprietà tra Edison ed Eni) a meno di 12 miglia dal sito di interesse comunitario Fondali Foce del fiume Irminio. L’iter va avanti e, nel luglio 2016, si è aperta una nuova istruttoria, conseguente alla richiesta di Edison di implementare il programma di coltivazione con altri 8 pozzi, passando così dai 4 inizialmente previsti a 12, ovvero triplicandone il numero. “La stessa Eni – scrive Legambiente – nel progetto di rilancio delle attività dell’area industriale di Gela previste dal protocollo di intesa firmato nella primavera 2014 da Regione Sicilia, Assomineraria, EniMed spa, Edison Idrocarburi Sicilia srl e Irminio srl, prevede 1,8 miliardi di euro per le attività di estrazione di petrolio a mare su un investimento complessivo di 2,2 miliardi di euro”. Per Zanna si tratta di “scelte scellerate”.
Eppure i numeri raccontano l’assalto: la produzione di petrolio nel canale di Sicilia nel 2016 è stata di 277.504 tonnellate, 30mila in più rispetto all’anno precedente, corrispondente al 7,4% della produzione nazionale (terra e mare) e al 38,5% della produzione offshore del nostro Paese. “Le concessioni di coltivazione attive e operative sono 3 – si legge nel dossier – di cui 2 sono di fronte la costa di Gela”. Queste concessioni di produzione hanno permesso l’installazione di 6 piattaforme con 36 pozzi: oltre alla produzione di petrolio, attraverso le stesse concessioni si estrae anche gas. “Ma le attività – spiega il rapporto – nel mar di Sicilia non finiscono qui: sono 5 i permessi di ricerca rilasciati e 6 le istanze presentate per un totale di 4.328 chilometri quadrati. A terra, invece, la quantità di greggio estratta nel 2016 è stata di circa 679mila tonnellate, il 18% del totale nazionale (terra e mare): 5 le concessioni di coltivazioni produttive per un totale di 113 pozzi. Oltre alla produzione di greggio, sulla terraferma siciliana viene estratto anche gas grazie a 12 concessioni. Numeri a cui vanno aggiunte tre istanze di concessione di coltivazione, dieci istanze di permesso di ricerca e sette permessi di ricerca già rilasciati sulla terraferma e distribuiti, per una superficie totale di 4500 chilometri quadrati, praticamente su tutto il territorio siciliano, da Palermo ad Agrigento, passando per Ragusa, Siracusa, Catania, Enna e Caltanissetta. di Luisiana Gaita | 19 luglio 2017 http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/07/19/petrolio-legambiente-eni-ed-edison-vogliono-far-saltare-il-piano-paesaggistico-di-ragusa-per-continuare-a-estrarre/3735340/
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