sabato 30 novembre 2013

la "bonifica" proposta messa in dubbio tecnicamente e scientificamente da una cittadina e gli esperti non sanno rispondere alla obiezioni: quale futuro per le falde, i terreni, la salute di Borgo Montello Latina senza adeguate competenze? ArpaLazio ci potrebbero essere delle sorprese... ma và


timore cittadino sul futuro dopo l'eventuale bonifica delle falde dentro e fuori la discarica di Borgo Montello


Chiarucci: Stiamo cercando di aggredire le molecole degli inquinanti nelle falde. I migliori progettisti della bonifica sono 2 cattedratici universitari Belluco e Barruchello. Le reazioni dei cittadini all'annuncio trionfante dell'ArpaLazio. Inquinamento falde discarica Borgo Montello Latina. Tavolo della trasparenza


Chiarucci: 7.video Inquinamento falde discarica Borgo Montello Latina. Tavolo della trasparenza


Chiarucci dobbiamo cercare di capire come intervenire all'esterno della discarica di Borgo Montello per evitare il propagarsi dell'inquinamento delle falde


interviene Cirilli dopo Chiarucci a spiegare il forte inquinamento della discarica di Borgo Montello Latina nel tavolo della trasparenza



5.video Chiarucci il devastante inquinamento delle falde interrate dalla discarica di Borgo Montello verso i terreni limitrofi spiegato dal dirigente di Latina dell'ArpaLazio


4. video dottor Chiarucci dirigente ArpaLazio Latina tavolo trasparenza grave inquinamento falde dentro e fuori la discarica di Borgo Montello Latina


3. video Chiarucci ArpaLazio tavolo trasparenza forte inquinamento Borgo Montello discarica e terreni limitrofi 25 novembre Latina


Gaeta sequestrati i rottami ferrosi nel porto commerciale nell'operazione della Guardia di Finanza. Tipologia e tracciabilità del materiale sotto la lente degli inquirenti


Pontinia arriva a sorpresa il decreto salva Trasco. Annullato l'obbligo di scioglimento fino al 2017. Resta da sciogliere il nodo dei debiti di 600 mila € verso il comune.


Parco nazionale del Circeo in consiglio comunale a Sabaudia riconoscimento Mab dell'Unesco. Il caso politico, dal Ministero rassicurazioni: nessun nuovo vincolo.


Pontinia arriva il 2016 e le candidature con M5S e associazioni politiche che spuntano a gogò

Da Il settimanale di Latina da oggi in edicola nella pagina di Pontinia si parla delle grandi manovre per il dopo Tombolillo nel 2016, cosa cambierà. Gli aspiranti sindaci Subiaco, Bilotta, Donnarumma, Belli, Sperlonga, Battisti, Pedretti, Cima, Bottoni, Francia, Medici, Boschetto, Torelli, Novelli, Emiliozzi, Mochi. L'ambiente tra le speculazione del biogas visto con favore da Legambiente, nonostante i controlli negativi di ArpaLazio e Polizia Provinciale sulla loro azienda modello e compartecipata. Gli ecomostri di San Felice festeggeranno il nuovo anno al loro posto nonostante i proclami di ministero ambiente, regione, provincia, comune, legambiente, ente parco. Anzi forse non verranno più demoliti. Borgo Montello dopo il disastro della discarica quello istituzionale con mezze verità in ritardo. Poi l'erosione che poteva essere evitata. Come rendere conveniente la raccolta differenziata. Processo Ecoambiente la regione Lazio intende costituirsi parte civile, con calma senza fretta e fuori tempo, nel processo per l'inquinamento delle falde acquifere. Questo il mio articolo della scorsa settimana
Pontinia torna il consiglio comunale
Marted ì torna a riunirsi il consiglio comunale di Pontinia con il bilancio e le tasse locale a farla da padroni. In seguito alle modifiche della continua legge sull’Imu da parte del governo nazionale fatto da incapaci di decidere costringono le varie amministrazioni locali a pericolosi equilibrismi contabili. Verranno quindi riviste le entrate locali modificando aliquote IMU, Irpef (che aumenterà da 0,4% a 0,65%) e anche le tariffe dei servizi pubblici a domanda. La refezione scolastica è destinata ad aumentare dovendo passare la copertura dal 46,77% al 49,72% ci dovrà essere un aumento di circa il 6%, quello della colonia marina è del 90%. Le amministrazioni sono inoltre costrette a svendere il loro patrimonio e ci sarà l’approvazione del piano di alienazioni. Questi bilanci bloccati dall’incapacità nazionale costringono anche a debiti fuori bilancio, in particolare gli incarichi ai legali che difendono l’amministrazione tali spese purtroppo continuano ad aumentare quale riprova della tensione sociale. Nel prossimo consiglio ci sarà anche la verifica della qualità e della quantità di aree e fabbricati destinati all’edilizia residenziale pubblica, alle attività produttive e terziarie.
Pontinia e la qualità della vita
L’amministrazione comunale sta pensando alla valutazione della qualità della vita effettuando alcune verifiche ambientali, dalla qualità delle acque di falde, a quella dell’acqua di rubinetto (le ultime analisi risalgono a maggio 2013), dei corsi d’acqua con i problemi di sempre e stagionali del Sisto, del Linea e del Botte dove si è riscontrata una forte percentuale di prodotti chimici derivanti dall’agricoltura intensiva, alla qualità dell’aria che in precedenza, durante gli studi per la realizzazione delle centrali a turbogas e biomasse si era rivelata particolarmente critica. Saranno effettuate anche verifiche sulla presenza eventuale di rifiuti chimici interrati in alcune aree definite critiche. Sarà proposto anche un regolamento sulla gestione dei rifiuti in agricoltura che è diventata una pratica comune sicuramente da controllare dopo i fatti recenti.
Pontinia e la pianta organica
La pianta organica del comune di Pontinia è sottodimensionata a causa del dichiarato dissesto finanziario che si è rivelato inesistente e da altri vincoli. Per esempio nell’area della relazione con il pubblico, Urp, sportello unico mancano 7 persone, nell’area dei servizi sociali mancano 4 persone. Il comune di Pontinia a tale proposito potrebbe assorbire il personale in esubero in seguito alla dichiarazione del dissesto di quello di san Felice Circeo.
Osservazioni all’impianto di compostaggio della Sep
E’ in atto un chiaro attacco al territorio provinciale con l’esplosione di casi di tumore e malattie, con impianti sovra dimensionati sia per il trattamento dei rifiuti che per la produzione di energia elettrica molto al di sopra della quantità di rifiuti prodotta e dell’esigenza di energia. La scarsa qualità e capacità della classe dirigente provinciale se da una parte perde migliaia di posti di lavoro l’anno, dall’altra non investe nelle nuove tecnologie, energie naturali e rinnovabili e riempie di rifiuti il territorio anche da fuori provincia. D’altronde non avendo politici di spessore la nostra provincia accetta tutte le imposizioni della matrigna regione Lazio sperando che il singolo politichetto riceva un qualche vantaggio personale. La Sep riceve rifiuti dalle varie provincie del Lazio. A questo scopo, nonostante le ripetute denunce, richieste di risarcimento, chiusure, diffide ha chiesto di aumentare ancora la quantità di rifiuti trattati da 49.500 a 60.000 tonnellate anno con un aumento di oltre il 21%. La provincia di Latina nelle osservazioni all’impianto del 28 ottobre dichiara che sono diverse le problematiche ambientali provenienti dall’impianto irrisolte. E ancora l’ampliamento non è effettivo, figuriamoci dopo. Tali problematiche secondo la provincia si ripercuotono a livello sociale e sulla salute dei residenti e dei lavoratori quindi nelle zone limitrofe all’impianto. Tali disagi aumentano, secondo la provincia, e si aggravano nella fase di carico e scarico del sovvallo e dal sostenuto transito di mezzi. Quindi l’ampliamento proposto va ad aumentare aggravando la già critica situazione relativa agli odori molesti, con la conseguente possibilità che si verifichino perdite di liquidi e rilascio di cattivi odori. La provincia ricorda che ha emesso la diffida alla società Sep il 31 luglio, per il quale ancora non si è avuto il doveroso riscontro degli adempimenti prescritti, che in caso negativo impongono la sospensione (nuovamente) dell’atto autorizzativo all’esercizio dell’attività .Pertanto non vi sono le condizioni per approvare l’aumento delle quantità di rifiuti in ingresso all’impianto.
Rettifica agli errori di Legambiente in proposito all’impianto a biogas di Maenza articolo” Legambiente Latina
Il circolo Arcobaleno della Legambiente di Latina è stata una pagina fondamentale per la difesa dei diritti civili e sociali, contro acqua latina per l’acqua pubblica e per la difesa dell’ambiente con l’organizzazione delle più grandi manifestazioni mai svolte a Latina: contro il corridoio tirrenico, l’inceneritore, per l’acqua pubblica. Ma erano i tempi di Roberto Lessio e Gustavo Giorgi che oggi non sono più nel direttivo del circolo. La Legambiente (secondo le informazioni del sito nazionale) viene finanziata da Sorgenia che costruisce centrali elettriche inquinanti: turbogas, biomasse, biogas. Legambiente (in base alle visure della CCIAA) ha le quote societarie di AzzeroCO2. Azzero C02 (quindi anche Legambiente) partecipa le società Recall – Esco Lazio. La Esco Lazio (e quindi AzzeroC02 e quindi Legambiente) è collegata alla società Agri Power che gestisce la contestata centrale a biogas di Borgo Bainsizza, ovviamente definita “modello” da Legambiente. Non la pensano così gli enti di controllo che hanno riscontrato alcune irregolarità. Questo spiega (in parte) perché Legambiente promuove il biogas: interesse commerciale. Anche l’inceneritore di Brescia che si voleva far credere “modello” ma di cui poi si scopriranno le magagne era definito “modello” da chi l’aveva costruito. Sembra quindi evidente che un giudizio di Legambiente sulla validità di questi impianti possa essere definito interessato. Circa un paio di settimane fa l’incendio all’azienda agricola Carnevali di Maenza dove sarebbe ubicata una centrale a biogas. Il comitato per la tutela della salute e l’ambiente di Maenza ha presentato a maggio di quest’anno (sono passati quindi 6 mesi circa) senza ottenere risposta segnalazioni puntuali di carenza di legittimità e documentale. Mentre le indagini sull’incendio sono in corso non sarebbe opportuno per un’associazione che pretende di agire in nome della legalità fare supposizioni come ha fatto appunto Legambiente Latina. Intanto dalla documentazione ufficiale (che evidentemente Legambiente non ha visto) non risulta che le risorse per la costruzione della centrale a biogas siano dell’azienda Carnevali. Legambiente (interessata economicamente come abbiamo visto sopra) è un’azienda che partecipa ai vantaggi economici, i suoi “dati scientifici” sono stati più volte ufficialmente e scientificamente contraddetti da copiosa letteratura e da numerosi incidenti, inquinamenti e anche da fatti penali che quasi ogni giorno riempiono le cronache. Legambiente afferma di aver proposto un metodo di confronto democratico: bene a Maenza per illustrare i danni e i timori, i dati scientifici contrari e la carenze progettuali si sono svolte 4 assemblee pubbliche a forte partecipazione e il responsabile di Legambiente Latina non si è mai visto nemmeno come uditore. A 2 di questi incontri, che hanno condiviso coun un documento comune le preoccupazioni dei cittadini per la salute, contro la speculazione dissennata degli impianti a biogas che attaccano l'agricoltura di qualità, c'erano anche le amministrazioni di Maenza, Priverno, Pontinia, Roccagorga, Prossedi, Roccasecca. Affermare che siano state diffuse “notizie e false e tendenziose” oltre a non esser vero (ci sono registrazioni) è anche penalmente perseguibile, quindi si invita il responsabile di Legambiente Latina ad una doverosa rettifica. Forse Legambiente era impegnata a fare la reclame pubblicitaria ai suoi impianti? Anche le 6 amministrazioni comunali sono inattendibili come i cittadini? Segue una serie di affermazioni che si definiscono fuori luogo e appunto, oggetto di querela. Avanzare ipotesi sul responsabile del rogo (doloso?) è ardito così come si invita il responsabile di Legambiente Latina a far ritirare un progetto che non corrisponde, secondo le osservazioni mai smentite del comitato di Maenza in difesa della salute, ai criteri di legge. Chi non ha accettato il confronto democratico è stato proprio Legambiente Latina. Chissà poi perchè

Dal circolo dei sindacati agli sms su Alitalia: ecco la rete dei Riva INTORNO all'Ilva

Dai sindacati che gestiscono 500 mila euro l’anno per il dopolavoro alle conversazioni su Alitalia, passando per la Fininvest di Berlusconi all’Arpa della Regione Puglia, tutto, in questi 30 faldoni d’indagine sull’Ilva sembra mostrare un solo scenario: la famiglia Riva si muove ovunque come se fosse la padrona di casa. Dagli atti si scopre che intende occuparsi anche dell’Expo di Milano 2015. Ma soprattutto ciascuno “fa la sua parte” in questa rappresentazione del potere. Anche Nichi Vendola – indagato per concussione – che secondo l’accusa mette nel mirino il responsabile dell’Arpa Giorgio Assennato . Assennato – scrivono gli inquirenti – è vittima di “costanti pressioni psicologiche” a opera dei vertici politici regionali e, secondo l’accusa, finisce per trovarsi “prostrato”. Ma non deve risultare “vittima”, dicono i dirigenti Ilva al telefono, perché è lo stesso Vendola a richiederlo: “Non dobbiamo renderlo vittima – dice Girolamo Archinà all’avvocato (…) Perli – perché mi spiegava Vendola… che guai a noi se gli diamo l’occasione di diventare vittima, nel senso che poi è costretto a difenderlo… Io andai da Vendola … facemmo una riunione improvvisa nell’ufficio di Manna… lì si decise il da farsi nei confronti di Assennato”. “Bisogna dargli una mano a Vendola perché se no ti saluto eh!!!”. Fabio Riva non ha dubbi. All’av - vocato Franco Perli ribadisce la necessità di aiutare il Governatore. La strategia: intervenire su Luigi Pelaggi, segretario della commissione Aia e uomo forte dell’allora ministro Stefania Prestigiacomo , per discutere del campionamento in continuo della diossina. Per i finanzieri è la prova della “perfetta unità d’intenti esistente sull’asse Vendola-Ilva, che portava i vertici della grande industria a spendersi anche in sede ministeriale, affinché non venissero intrapresi percorsi che potessero nuocere al Presidente Vendola”. Vendola, secondo quanto scrive Archinà in una mail inviata a Riva, “ha anche pubblicamente dichiarato che il ‘modello Ilva’ deve essere esportato in tutta la Regione”. Per gli inquirenti il riferimento è alla “legge sulla diossina” approvata dalla giunta Vendola nel 2008 e che per l’accusa è il “frutto della concertazione tra la Regione e l’Ilva che ha sempre osteggiato il cosiddetto ‘campio - namento in continuo’” riuscendo ad escluderlo dalla norma regionale. Per contrastare un servizio de Le Iene, secondo l’Ilva le strade sono due: “l'utilizzo di una serie di relazione ad altissimo livello con il Gruppo Fininvest” oppure “mandare la diffida dell'avvocato”. “Saluta tutti silvio e forza alitalia” si legge in un sms ricevuto da Fabio Riva nel 2010: sono passati due anni dall’acquisto nel 2008 di Alitalia, con il quale gli industriali lombardi partecipano al “sal - vataggio” lanciato da Berlusconi, mettendo sul piatto 120 milioni. Due anni dopo, Fabio Riva ne parla al telefono con il cugino, di ritorno da una riunione in cui dice di aver incontrato uno dei vertici di Alitalia, proprio nell’ufficio “del Colaninno”. Angelo spiega che l’incontro è andato “bene” e quando Fabio ribatte che sul giornale c’è scritto che “l’Alitalia è un disastro”, il cugino dice la sua: ”No, ma quello lì è un figlio di puttana quello lì… è rimasto a tre mesi fa…lui ha detto che se deve chiedere l’aumento di capitale ai soci si dimette prima… perché vuol dire che ha fallito…”. “Ma adesso sta guadagnando?” chiede Fabio Riva. “Secondo trimestre … ce l’abbiamo nel culo… ma a giugno stiam facendo faville….”. E ancora: “Lui – il riferimento sembra a Colaninno, ndr) dice “tra quello che devo mettere come garanzia per la manutenzione degli aerei che prendo in leasing al “toto” e il canone che li pago… con quel gruzzoletto lì di soldi vado da una…. Da uno che mi finanzia e gli dico guarda io metto il 25 tu mi finanzi il 75 dell’aereo e pago le rate tipo leasing e a fine rate io son proprietario dell’aereo… Allo stesso costo lui dice no? Così c’ho un patrimonio. Comunque c’abbiamo 90 aerei di proprietà… “. “Senti, io stamattina ho visto per altri motivi il nostro amico Corrado”. È il 9 giugno 2010 quando Ivo Allegrini del Cnr spiega ad Archinà di aver avuto un colloquio – secondo i finanzieri - con Corrado Clini, poi divenuto il ministro dell’ambiente che ha concesso l’Aia riesaminata confluita nel primo decreto salva Ilva. Milioni di euro destinati al dopolavoro Ilva di Taranto, finiti in alcuni casi nelle tasche di un boss della mala. L’affare “Vaccarella” - masseria dove ha sede il dopolavoro - per Fim, Fiom e Uilm vale oltre 8 milioni di euro, sborsati dai Riva per acquistare la struttura e gestire, per il tramite dei sindacati, le borse di studio, le colonie a favore dei figli degli operai e tutte le attività previste dalle cosiddette “provvidenze”. “Elargizioni” che, come spiega il segretario della Fiom Rosario Rappa ai finanzieri, vengono gestite con la massima “di - screzionalità” dai sindacati. Nel 2007 l’Agenzia delle entrate apre un contenzioso di 139 mila euro: la fondazione nei fatti è un ente economico commerciale. Nel 2009 vengono sospese le retribuzioni che alcuni sindacalisti percepivano dalla fondazione e chiude il circolo nautico trasformato in rimessaggio barche “degli amici”. Dalle carte emergono 131 mila che la fondazione versa a Peppe Florio, mafioso tarantino, per annullare il contratto con il quale Florio gestisce, per soli 500 mila lire al mese, un ristorante e una foresteria all’in - terno della masseria. a. mass. il fatto quotidiano 30 novembre 2013

Borgo Montello il progetto di bonifica della discarica deve essere modificato

Rinvio all'11 dicembre c'è bisogno di una variante - Il Messaggero Latina 30 novembre 2013

maledico tutti coloro che possono fare e non fanno per tutelare la salute, per le strade di Tamburi, il quartiere avvelenato dall'Ilva

29 NOVEMBRE 2013
Per le strade di Tamburi, il quartiere avvelenato dall'Ilva
"Il minerale è ovunque, lo respiriamo da sempre". La rabbia e la disperazione di chi vive a "quindici passi dal mostro". Moltissimi malati di tiroide, di cancro e di leucemia. I bambini costretti a stare chiusi in casa o in classe.

di GIULIA PARAVICINI 
video di MARCO FAGNOCCHI http://video.repubblica.it/le-inchieste/per-le-strade-di-tamburi-il-quartiere-avvelenato-dall-ilva/148327/146838?ref=HREC1-18

Taranto "Chiudete l'Ilva e salvate i nostri figli"

29 NOVEMBRE 2013
"Chiudete l'Ilva e salvate i nostri figli"
Un padre racconta l'odissea del suo bambino ammalatosi di leucemia a cinque anni. E si chiede perchè nessuno intervenga per chiudere l'acciaieria. "Il sindaco ha il potere di fermare il mostro". "Perchè non lo fa?"
di GIULIA PARAVICINI
video di MARCO FAGNOCCHI http://video.repubblica.it/le-inchieste/chiudete-l-ilva-e-salvate-i-nostri-figli/148330/146841?ref=HREC1-18

Ilva piombo nel sangue i controlli negati

29 NOVEMBRE 2013
Piombo nel sangue. I controlli negati. L'ilva continua a inquinare
Emergenza sanitaria: "I tarantini urinano piombo e i bambini sono esposti a rischi neurologici". Uno studio di Arpa Puglia mostra come al 2016, ad Aia attuata, 12mila abitanti saranno ancora esposti a un rischio cancerogeno di livello inaccetabile. Il "mostro" continua a provocare morte e malattie.

di GIULIA PARAVICINI
video di MARCO FAGNOCCHI
PRIGIONIERI DELL'ILVA
http://video.repubblica.it/le-inchieste/piombo-nel-sangue-i-controlli-negati-l-ilva-continua-a-inquinare/148332/146843?ref=HREC1-18

Ilva Taranto lo scandalo al telefono con Archinà



  • 9 luglio 2010 - 17:20
    “Ci pensa il nostro amico Corrado”
    Ivo Allegrini, per 22 anni Direttore dell’Istituto sull’Inquinamento Atmosferico del Cnr, poi consulente dell’Ilva, informa Archinà che ha parlato con Clini. L’allora direttore generale del ministero dell’Ambiente si sarebbe dimostrato disponibile a “rimettere le cose in sesto”


    22 febbraio 2010 - 10:41
    “Hai sentito i Riva per quella storia che interessa a Clini?”
    Il nome del ministro dell’Ambiente del governo Monti spunta anche in una precedente conversazione. Questa volta Allegrini vuole sapere se il gruppo dirigente dell’Ilva è stato informato sugli interessi “dell’amico Corrado” in Brasile


    22 luglio 2010 - 13:41
    “Il numero di Bersani? Ma ce l’ha! si sentono settimanalmente”
    Ad Archinà vengono chiesti i contatti del gruppo dirigente dell’Ilva perché possano essere raggiunti dallo staff del segretario del Pd Pierluigi Bersani e lui risponde dimostrando una grande consuetudine dei Riva con Largo del Nazareno


    6 luglio 2010 - 22:01
    Quando Vendola rassicura Archinà “non mi sono scordato”
    Il governatore della Puglia parla con l’eminenza grigia dell’Ilva, lo tranquillizza, dice che non si è dimenticato dell’impegno con i Riva e si complimenta con Archinà per l’abilità con cui ha ‘placcato’ un cronista. È l’intercettazione già uscita nelle scorse settimane per la quale Vendola ha chiesto pubblicamente scusa per aver riso di un giornalista


    25 ottobre 2010 - 12:57
    Archinà a Vendola: “Diamo uno scossone al centrodestra”
    L’ormai nota telefonata delle risate non è l’unica. I due si scambiano auguri e confidenze. Qui Archinà invita il presidente a partecipare a un incontro con Emma Marcegaglia e ne approfitta per commentare le nomine dell’autorità portuale di Taranto


    6 luglio 2010 - 18:29
    “Non scrivere note lunghe che Gasparri non le legge”
    A Taranto si prepara il ricorso al Tar e Girolamo Archinà è preoccupato perché vede nel centrodestra “un’inerzia assoluta”. L’interlocutore, Pietro Lospinuso, consigliere regionale in quota Pdl lo rasserena perché a breve incontrerà il capogruppo del partito al Senato e il ministro Fitto, ma avverte: “Non scrivermi una nota di trenta pagine che quella Gasparri non la legge, meglio una cosa succinta”


    29 ottobre 2010 - 09:55
    “Il centrodestra deve schierarsi in blocco per fermare il decreto legge”
    Lorenzo Nicastro, assessore all’Ambiente in Puglia, ha appena presentato un provvedimento che dà fastidio all’Ilva. Archinà suggerisce a Lospinuso il modo migliore per liberarsi del problema


    5 maggio 2010 - 17:55
    “Il sindaco o lo legate o lo bruciate vivo”
    Archinà è in fibrillazione per la conferenza stampa sul benzoapirene convocata dal sindaco Stéfano e da Giorgio Assennato, direttore dell’Arpa. Chiama Ludovico Vico, onorevole del Pd, impegnato a Roma a votare la fiducia al governo


    7 aprile 2010 - 11:00
    “Si può fare qualcosa per mio figlio?” “Ne parlo con Crosetto”
    Francesco Archinà, figlio di Girolamo, sta per essere trasferito a La Spezia per motivi di lavoro con la Marina Militare. Lui in realtà preferisce rimanere a Taranto e così il padre chiede un aiuto a Pietro Franzoso, deputato Pdl, morto nel 2011 dopo un incidente, che assicura un intervento sul sottosegretario alla Difesa


    10 marzo 2010 - 19:35
    “Il maestro dell’insabbiamento”
    Emilio Riva, patron dell’Ilva, vuole porre fine al “battibecco con Assennato” e chiede ad Archinà come rispondere al comunicato con cui il direttore dell’Arpa svelava il superamento dei limiti degli inquinanti. Il numero uno dell’azienda si innervosisce con il suo factotum che definisce esperto di depistaggi


    13 maggio 2010 - 12:43
    La chiesa cerca sponsor
    Don Marco avvisa Girolamo che il 9 giugno ci sarà “la presentazione di quel libro”. Ottomila euro sono già stati trovati, l’opera intera però ne costa 25mila..


    21 aprile 2010 - 17:21
    “Ehì Toni’, allora va bene cinquemila”
    Dal centralino dell’Ilva arriva una chiamata ad Archinà. Una telefonata breve, trenta secondi. Il tempo necessario per farsi confermare da Laura che la busta con i cinquemila è pronta. Venti minuti dopo il faccendiere dei Riva chiama Antonio Gigante, uomo vicino alla curia, per confermare che i soldi sono pronti


    12 maggio 2010 - 11:13
    “Su chi puntiamo per la segreteria della Fim?”
    Tempo di nomine al sindacato, ma c’è incertezza. Così la segreteria provinciale cisl Daniela Fumarola chiede ad Archinà su chi sia più giusto puntare. Girolamo ci pensa un po’ e dopo due ore richiama: “Prisciano indiscutibilmente”


    17 maggio 2010 - 9:27
    “Noi non possiamo chiedere il rinvio” Ma voi..
    Archinà detta la linea a Daniela Fumarola su come Fim deve gestire le elezioni dei delegati sindacali dentro l’Ilva, poi chiede un favore: rimandare il tavolo previsto in prefettura per il 28 maggio. L’azienda non può farlo, loro sì. E così Fumarola si attiva e dieci minuti dopo conferma con un sms “Sto per inviare la richiesta di rinvio”


    22 giugno 2010 - 17:33
    “Questi di Arpa o vengono fatti fuori o sarà la fine”
    Girolamo è deluso, credeva di aver raggiunto un accordo con Assennato e invece nulla, dal direttore dell’Arpa arriva la richiesta di riduzione drastica della produzione. Daniela Fumarola ascolta stupita al telefono e si interroga: “Che esigenza c’era?”


    8 settembre 2010 - 12:26
    “Il direttore di Taranto Sera è nostro”
    Nico Russo, coordinatore di Taranto Futura, non piace ad Archinà. È necessario trovare un modo per bruciarlo. Al telefono con l’avvocato Perli spunta la soluzione ideale, segnalarlo a Michele Mascellaro. L’uomo, alla guida di un quotidiano locale, è abituato a riportare le notizie con i “toni che vogliamo noi”


    15 aprile 2010 - 17:13
    “Ma quanto gli ha chiesto?”
    Un’intercettazione tra Mascellaro, direttore di Taranto Sera, e Archinà svela i sistemi usati dalle aziende per gestire i rapporti con la stampa locale


    21 aprile 2010 - 11:36
    “Meglio non svegliare gli appetiti degli esclusi”
    Una tavola rotonda al telefono, da una parte della cornetta c’è Girolamo Archinà, dall’altra Emilio Riva, patron dell’Ilva e Alberto Cattaneo, dirigente della comunicazione in azienda. Oggetto della discussione gli spot su una televisione locale


IL RACCONTO DI UN PADRE

di MARCO FAGNOCCHI e GIULIA PARAVICINI

Chiudete tutto
salvate i bambini


LA PEDIATRA

di MARCO FAGNOCCHI e GIULIA PARAVICINI

Piombo nel sangue
i controlli negati


IL VIDEOREPORTAGE

di MARCO FAGNOCCHI e GIULIA PARAVICINI

Per le strade di Tamburi
il quartiere avvelenato


IL LIBRO

di CONCITA DE GREGORIO

Io vi maledico

Nel libro di Concita De Gregorio il capitolo "Finisterre" racconta di Taranto ostaggio dell'acciaieria, di come molti abbiano taciuto perché al soldo dell'Ilva e di come chi poteva fare non ha fatto


Per un anno intero, il 2010, la Guardia di Finanza, per ordine della Procura di Taranto, intercetta il telefono dI Girolamo Archinà. Alla fine sono 50mila le telefonate ritenute di interesse. Il telefono dell’ uomo che è protesi, orecchio e ufficiale pagatore dei Riva, squilla in continuazione, le sue giornate sono un suk permanente di richieste e concessioni. Politici, sindacalisti, giornalisti, preti, tutti lo vogliono e lui ne ha per tutti. In questo mastodontico numero di file audio Repubblica, dopo un ascolto complessivo, ha individuato una ventina di conversazioni utili a documentare cosa è stato, ed è, il "sistema Riva"

Ilva di Taranto speculazione e malattie sulla pelle degli operai

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IL COMMENTO

La pelle degli operai "Se fossi il papa"  -  chi non comincia così, oggi. Se fossi il papa, visiterei le discariche dell'Ilva. Ma andiamo per ordine. Nel 2008, in cambio di qualcosa, i Riva padroni dell'Ilva diventarono, versando 120 milioni, il secondo azionista dell'Alitalia rattoppata, dopo Air France. Settantuno di quei milioni sono stati ora sequestrati dalla Guardia di Finanza, insieme al patrimonio che i Riva avevano scorporato dall'Ilva, per metterlo al riparo: il totale di questo secondo sequestro (il primo superava di poco il miliardo) è di 916 milioni di euro. Sono porzioni pazientemente stanate dalle proprietà Riva per coprire la cifra di 8,1 miliardi, fissata dalla magistratura come l'equivalente di quanto i Riva avevano sottratto al risanamento ambientale.


"Riva Acciaio" ha annunciato ieri la chiusura di sette stabilimenti, Verona, Caronno Pertusella (Varese), Lesegno (Cuneo), Malegno, Sellero, Cerveno (Brescia) e Annone Brianza (Lecco), e due di servizi e trasporti (Riva Energia e Muzzana Trasporti), per un complesso di 1500 lavoratori. Ritorsione che vuol mettere questi lavoratori contro quelli dell'Ilva tarantina, e gli uni e gli altri contro Procura e Gip di Taranto, Patrizia Todisco. Curiosamente, all'elenco di fabbriche serrate (su cui si è equivocato, scambiando Ilva Acciaio, restata della famiglia Riva, con l'Ilva commissariata di Taranto, Genova ecc.: del resto il garbuglio societario era fatto apposta per confondere le acque) si sono aggiunti i 114 lavoratori tarantini della centrale elettrica, la cui chiusura è impensabile se non progettando un'eruzione vulcanica del siderurgico: ai 114 è però stato annunziato che non ci sono soldi per pagarli. Perché i Riva credano che appartenga ancora a loro l'alimentazione elettrica della fabbrica commissariata è difficile capire: e se una distrazione ci fosse stata, sarebbe bene che il governo si sbrigasse a rimediare con un decreto aggiuntivo, e tanto meglio se vi comprendesse anche gli stabilimenti chiusi per ritorsione.

Si sbaglierebbe a vedere nella serrata dei Riva un gioco delle parti col già loro Enrico Bondi, che il governo ha lasciato dov'era nominandolo, da amministratore delegato, commissario. Quasi ottantenne, Bondi non è stanco di rottamare e riparare. È probabile che non tenga in conto i Riva, e ne sia detestato. Non li ha traditi: era andato lì per offrire il suo curriculum alle banche, e raddrizzare un naufragio che nemmeno la Concordia. Se è vero, come sostiene la Guardia di Finanza, che intendeva continuare a servirsi dei "fiduciari", la gerarchia ombra coloniale, dai vertici ai capireparto, cui i Riva si affidavano per il lavoro sporco, ora finita nelle indagini (e in galera), è un bruttissimo scivolone. Il fatto è, spiegano, che per lui  -  aretino, mordace, suo padre fabbricava casse da morto, non sta lì per i soldi ma per la sfida, e lavora sedici ore al giorno  -  raddrizzare significa tagliare, ridimensionare, produrre. Ridimensionare quanto? Fino a sette milioni di tonnellate. Tagliare quanto? 5, 6 mila teste. Dei posti di lavoro, e anche dell'ambiente, ammesso che gli importi  -  non so  -  comunque non pensa che sia propriamente affar suo. I tagli (prepensionamenti, certo, ma il grosso saranno licenziamenti) sono questione di un paio di mesi. I 1500 di ieri sono un anticipo e un sovrappiù. Per i tagli dovrebbero esserci i sindacati, per l'ambiente e la salute il vicecommissario Ronchi. I sindacati confederali l'altro giorno, quando un operaio è stato vendicativamente licenziato, ed è andato sui tetti con altri compagni a discutere se convenisse buttarsi giù o scendere (sono scesi: evviva), hanno fatto finta che non li riguardasse: avevano un'altra sigla sindacale.

Con un solo operaio alla manovra ferroviaria c'è più sicurezza, dicono. Claudio Marsella, schiacciato, soccorso con un ritardo sul quale si pronuncerà la magistratura, e morto, è un tragico incidente, dicono. Ci sono decine di km di binari, locomotori da guidare, carri da agganciare, basta sentirsi male (a dicembre è successo di nuovo: un operaio è restato svenuto a lungo; un altro si è fratturato un braccio, ma almeno poteva chiamare) e non c'è nessuno a soccorrere e chiedere aiuto. Più operai si intralciano, dicono! Ma basta che uno accompagni l'altro, e intervenga solo alla bisogna. Ebbene: il consiglio comunale di Taranto, all'unanimità (più unica che rara) ha chiesto che si ripristini la libertà sindacale all'Ilva, condiviso le ragioni del licenziato, e chiesto l'immediato reintegro. L'arcivescovo Santoro, che non viene dall'Argentina ma ha fatto un suo tirocinio in Brasile, ha comunicato la sua "vicinanza e solidarietà a Marco Zanframundo  -  l'operaio licenziato  -  e ai suoi amici". Segni dei tempi, che i sindacati dovrebbero leggere: ai cancelli dell'Ilva e nelle strade dei Tamburi si aggira uno spettro, e anche negli altri posti lasciati sguarniti. Lo spettro, l'avete capito, è papa Francesco. Ci mancava lui, penserà qualcuno. Fatto sta che qualcuno ci mancava.

Fossi papa, visiterei le discariche. Dentro l'Ilva hanno una lunga storia da raccontare. Il fatto è, scuote la testa qualcuno, che perfino i suoli e gli argini che dovrebbero contenerle sono fatti di strati di rifiuti speciali, di quelli che la legge dichiara non conferibili. Accanto all'Ilva, la Cementir sta chiudendo la sua area a caldo, il cuore della produzione e dell'occupazione; non smaltirà più la loppa d'altoforno, lo scarto della ghisa dell'Ilva altamente inquinante, che da qualche parte dovrà andare  -  a cementare il mare, come a Trieste o a Bagnoli? ... Del piano che metta insieme la sbaragliata siderurgia italiana si sa poco o niente. La cokeria di Taranto potrebbe esser sostituita da quella meglio governata di Piombino, che potrebbe compensare la chiusura dell'altoforno con il forno elettrico, e guadagnarsi con la Concordia e il porto riattrezzato il credito per le rottamazioni navali a venire, che la legge europea non farà più andare a impestare il terzo e quarto mondo... Altrettanti naufragi di cui fare virtù, se si sapesse. C'è un ministro dell'ambiente giovane e, per così dire, impregiudicato. Ci crede, Andrea Orlando, alla copertura dei parchi minerali (950 milioni, se arrivano), discariche a norma secondo le migliori tecnologie disponibili, controllate da Ispra e Arpa... Non è un papa, solo un ministro, e di un governo tramortito  -  ma anche i papi sono diventati a scadenza. Governo, e suoi commissari, hanno un piano che si aggira sui 2 miliardi, o poco più. Magistratura di Taranto e suoi esperti avevano calcolato 8 miliardi, e ordinato un sequestro equivalente: arrivato a poco più di due, finora. Poi c'è quel problema dei tumori, e quell'altro problema dei posti di lavoro. http://www.repubblica.it/la-repubblica-delle-idee/societa/2013/09/13/news/la_pelle_degli_operai-66443625/
di ADRIANO SOFRI

Ilva e la Chiesa Soldi alla Curia nel nome di San Cataldo

http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2013/11/28/news/ilva_e_chiesa-72179345/
TARANTO - I versamenti erano continui, variavano dai cinque ai quindicimila euro. Le occasioni erano Natale e Pasqua, e in un caso anche c'è stato un versamento diretto nei confronti dell'allora Arcivescovo, monsignor Benigno Papa. E' un rapporto costante e diretto quello che lega l'Ilva, e dunque il suo uomo delle pubbliche relazioni, Girolamo Archinà, alla Curia tarantina.

Sono dei "benefattori" i Riva. E per questo la Chiesa è sempre stata loro molto grata. Inaugurano nuove opere (grande per esempio fu la soddisfazione, condivisa con il sindaco, quando fu inaugurato il sistema idrico per tutte le fontanelle del cimitero), scoprono targhe e quando servono usano le parole giuste. Emblematiche sono proprio le dichiarazioni di monsignor Benigno Papa, dopo aver ricevuto 365mila euro per la ristrutturazione di una chiesa: "Vogliamo ringraziare Dio per questo dono della Sua Provvidenza: il presidente Riva mi ha espresso le motivazioni che hanno indotto il suo gruppo a tale atto di generosa attenzione...", diceva. Gli ambientalisti provarono a protestare per quelle parole. E lui si infuriò: "Quello che non dovrebbe accadere è cavalcare la giusta tematica della salvaguardia dell'ambiente per motivazioni strumentali. Caso contrario dovrei pensare che ci sia un inquinamento spirituale che è peggiore dell'inquinamento ambientale".

Ora nell'inchiesta è indagato don Marco Gerardo, accusato di aver mentito agli investigatori per coprire Archinà. Sostenne di aver preso lui i soldi di Archinà che invece secondo gli investigatori furono destinati per una tangente versata al consulente della Procura, Lorenzo Liberti

28 novembre 2013
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il fronte verde contro inquinamento Ilva di Taranto Tra referendum, analisi e cortei, la battaglia degli ambientalisti

di MARIO DILIBERTO

TARANTO - Sono davvero pochi gli alfieri storici della battaglia ambientalista di Taranto. Tra loro, però, spiccano i volti di Fabio Matacchiera e Alessandro Marescotti. Due pionieri del cartello verde che hanno affrontato con coraggio il gigante dell'acciaio.

Matacchiera, ex campione di nuoto, già nel 1991, mette a segno una serie di blitz in mare, immergendosi all'altezza degli scarichi dello stabilimento. Le immagini della sabbia del fondale resa nera dai detriti della fabbrica, all'epoca di Stato, fanno scalpore. Oggi è presidente del fondo antidiossina ed è tra i fautori delle marce contro l'inquinamento che hanno portato in strada migliaia di tarantini. Marescotti, professore di lettere, è il fondatore del circolo di Legambiente in città, La sua prima battaglia è dei primi anni '80 contro il progetto di realizzare una centrale nucleare ad Avetrana. Come leader di Peacelink nel 2001 diffonde inquietanti foto sulla vita nelle cokerie.

Nel 2008 è lui a far analizzare un pezzo di formaggio pecorino prodotto in una masseria vicina all'Ilva. Gli esiti rivelano livelli di diossina e Pcb (micro inquinanti organici) tre volte superiori ai limiti della legge. Al loro fianco nel 2008 anche il pediatra Giuseppe Merico, che fonda l'associazione "Bambini contro l'inquinamento". Il medico vara la prima marcia contro l'Ilva. In strada scendono migliaia di persone con i figli che in corteo raggiungono l'ingresso della fabbrica. La presa di coscienza in città dilaga. Nello stesso anno la marcia dei ventimila battezza la nascita di Altamarea, un cartello in cui confluiscono le associazioni ambientaliste e numerosi cittadini. Nel 2010 il comitato Taranto Futura apre la raccolta di firme per il referendum, finalizzato alla chiusura parziale o totale della fabbrica. La consultazione nel 2013 non raggiunge il quorum, perché alle urne si reca solo il 20% dei tarantini. Il fronte verde presenta alle ultime elezioni anche un proprio candidato sindaco. In campo scende Angelo Bonelli, presidente nazionale dei Verdi, ma nella competizione arriva al terzo posto, senza centrare l'obiettivo del ballottaggio. http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2013/11/28/news/ambientalisti_taranto_ilva-72198205/
28 novembre 2013
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La caccia impossibile al tesoro dei Riva dall'Ilva di Taranto alle isole del canale e Montecarlo

TARANTO - C'è un tratto peculiare dei Riva - che è poi la loro radicata convinzione di non dover dare alcun conto della gestione dell'Ilva e dei suoi profitti - documentato dalle mosse della famiglia nei giorni e nelle ore della latitanza di Fabio (ancora oggi a Londra in attesa della pronuncia della giustizia inglese sulla richiesta di estradizione). E' il 29 dicembre del 2012 e - come si legge negli atti dell'inchiesta - Fabio, inseguito dall'ordinanza di custodia cautelare della magistratura di Taranto, ritiene che questo non debba e non possa guastare un Capodanno come si deve. Da Londra, sale su un Tgv che lo deposita in Costa Azzurra. A Nizza, da dove raggiunge Beaulieu sur mer, dove è ormeggiato lo yacht di famiglia da 60 metri. Lo aspettano, ansiosi, la figlia Alice, il figlio Emilio jr., la moglie Emanuela e un gruppo di amici. Per un San Silvestro che "ha dovuto subire un cambio di programma", come dice al telefono una delle donne di famiglia. "Quest'anno, niente Sankt Moritz".

Fabio festeggia in barca fino al 2 gennaio. Il 3 arrivano sul molo di Beaulieu sur mer la gendarmeria francese e la polizia italiana, di cui ghignano al telefono due amici di Fabio, Andrea Gallo ed Elio Bisi. I due ridono del ritardo - "Sono i tempi tecnici dell'Italia" - ma, soprattutto, sono consapevoli di essere ascoltati. Fabio Riva deve fare attenzione. Ad esempio, "sciogliere nell'acido il rullino", come dice Bisi in un'ulteriore telefonata. Di che rullino si tratti, la Finanza non riesce a capire. Certo, in quei giorni, per i Riva comincia l'operazione di trasferimento e sottrazione dei fondi che devono, insieme, impedire alla magistratura di rivalersi con sequestri preventivi sul patrimonio di famiglia e assicurare un'agiata latitanza a Fabio.

"Deve solo avere pazienza", commentano ancora Bisi e Gallo, ignorando questa volta di essere intercettati "Dovrà farsi solo un mese di carcere in Italia e poi è fuori. Tutto sarà come prima. Basta avere qualche miliardo". Le provviste per la latitanza - si legge nei brogliacci della Finanza - arrivano a Montecarlo. Ma non via Londra. Perché in questo modo si scoprirebbe il forziere che, nelle isole del Canale, custodisce, secondo la Procura di Milano, la gran parte degli 8 miliardi di euro che la famiglia Riva ha fatto uscire dall'Italia e su cui la magistratura di Taranto intende rivalersi. http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2013/11/28/news/ricerca_soldi_riva_ilva-72209816/
28 novembre 2013
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Ecco il sistema Riva, il capitalismo di relazioni che uccide l'Italia

Nessuno è innocente di fronte ai veleni dell'Ilva. Nel triangolo Taranto-Roma-Milano, tutto e tutti hanno avuto un prezzo. Non necessariamente economico. Tutto e tutti ne sono irrimediabilmente rimasti sporcati e dunque prigionieri. Nei 31 faldoni di atti e nelle 50mila intercettazioni telefoniche dell'inchiesta della Procura di Taranto depositati in questi giorni e di cui Repubblica è in possesso, c'è la prova documentale che il Sistema Riva e il capitalismo di relazioni di cui è stato espressione hanno appestato, insieme all'aria, all'acqua, al suolo di Taranto, il tessuto connettivo della politica, della pubblica amministrazione, dei controlli a tutela dell'ambiente e della salute CINQUE ANNI ALLA RICERCA DELLA VERITA' - I PROTAGONISTI Pecore tossiche abbattute 'Malati anche noi pastori' TARANTO - Enzo Fornaro dice che lui e la sua famiglia su quel camion ci sono già saliti. «Ho trent' anni e ho già avuto un cancro. Un tumore ha ammazzato mia madre». Enzo Fornaro è un imprenditore agricolo di Taranto. Il camion invece è uno dei tre che ieri mattina ha caricato 1.150 pecore (600 circa erano di proprietà della famiglia Fornaro) e le ha trasportate in un macello di Conversano, dove oggi verranno ammazzate. Prima una scossa in testa, per stordirle. Poi - tramite un sistema meccanico - ammazzate per iugulazione, cioè con il taglio della giugulare. La loro carne non finirà però sulle tavole degli italiani. Ma in discarica: "rifiuto di tipo 1", dicono le carte bollate. Significa rifiuto tossico altamente pericoloso. I 1.150 capi deportati ieri e gli altri settecento che verranno trasportati stamattina sono infatti le italianissime bestie alla diossina. Si tratta di pecore e agnellini allevati a pochi passi dalla zona industriale di Taranto che analisi della Asl, ordinate dalla Procura, hanno dimostrato essere contaminati: condannati a morte dalla geografia, ammazzati per il solo fatto di essere nati a Taranto, la patria della diossina in Italia e probabilmente di Europa per colpa dello stabilimento siderurgico dell' Ilva («ma noi con c' entriamo con questa storia delle pecore» precisano dall' azienda) e di altre fabbriche. Queste bestie erano destinate alla macellazione. Ma mai avrebbero potuto entrare nel ciclo alimentare: la loro carne sarebbe stata pericolosa per l' uomo. Dovevano essere abbattute. L' ordine sanitario è arrivato poco più di due mesi fa. Il trasporto soltanto ieri: si è dovuto attendere, come impone la legge, la nascita di un centinaio di agnelli visto che molte capre erano gravide. Saranno tutti uccisi. Agli otto allevatori colpiti la Regione ha riconosciuto un rimborso (poco più di centomila euro) ritenuto però assolutamente insufficiente. «Gli unici a pagare siamo stati noi che ci siamo ammalati e abbiamo perso il lavoro. E queste povere bestie - spiega Fornaro - Gli altri sono là, con le ciminiere che continuano ad avvelenarci». «La storia degli agnelli di Taranto è un po' il paradigma dell' inquinamento di questa città: rimane la strage degli innocenti e quel senso di impunità» denunciano le associazioni ambientaliste. «Il fatto che ci sia una contaminazione nella catena alimentare - spiega il direttore regionale dell' Arpa, Giorgio Assennato - rende ancora più urgenti le misure di contenimento delle emissioni tossiche». Misure che il consiglio regionale della Puglia discuterà il 16 dicembre: proposta dal governatore Nichi Vendola (e passata in commissione con l' astensione dell' opposizione) la legge pugliese imporrebbe il dimezzamento delle emissioni a tutte le fabbriche (Ilva compresa) entro aprile prossimo e una riduzione di circa otto volte quelle attuali nel 2010. Poi, ci sono le pecore. Che potrebbero diventare il simbolo del futuro di Taranto: alcune analisi, disposte alla Procura, potrebbero dimostrare la matrice della diossina. Indicherebbero cioè per la prima volta in maniera scientifica (e giudiziaria) la correlazione tra l' inquinamento e l' inquinatore. Saranno le pecore a dare un nome e un cognome agli avvelenatori di Taranto. GIULIANO FOSCHINI 11 dicembre 2008 22 sez. CRONACA http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/12/11/pecore-tossiche-abbattute-malati-anche-noi-pastori.html?ref=search Ivo Allegrini. Chimico (laurea a Roma nel 1970), esperto di fama mondiale sull'inquinamento delle aree industriali e urbane. Per 22 anni direttore dell'Istituto di inquinamento atmosferico del Cnr, è stato chiamato in Cina prima come consulente per le Olimpiadi di Pechino, poi per l'Expo di Shanghai del 2010. Vanta centinaia di pubblicazioni scientifiche, per il Cnr si è occupato di inquinamento in Antartide e Polo Nord. Il suo nome compare molte volte nelle intercettazioni di Archinà, per i suoi rapporti con Corrado Clini, allora direttore generale del ministero dell'Ambiente, poi ministro. È lui che chiama, o è chiamato, quando compaiono dati sull'inquinamento atmosferico e ambientale che preoccupano l'Ilva di cui Allegrini è consulente. Girolamo Archinà. Ex capo delle relazioni istituzionali dell'azienda, sessantasettenne tarantino entrato in acciaieria come operaio di secondo livello ai parchi minerari e promosso dal padrone, Emilio Riva, "Maestro dell'Insabbiamento" (così lo definisce al telefono), mentre dispone di politici, preti, sindacalisti, giornalisti, come fossero roba sua. Nasce democristiano e cattolico devoto, Girolamo Archinà. Ha scontato un anno e mezzo tra carcere e domiciliari senza proferire verbo. Sua moglie ha tentato due volte di togliersi la vita.